Lo Studio Ambrosetti-Enel sullo stato dell’arte dell’Economia Circolare in Europa evidenzia che il passaggio dall’economia lineare ad un modello circolare, oltre ai benefici ambientali derivanti dall’impiego di energie e materie rinnovabili o provenienti da riuso e riciclo, ha impatti positivi su PIL, occupazione, investimenti, e produttività del lavoro, ma occorre un cambio di passo, ad iniziare dall’adozione di Strategie nazionali per lo sviluppo di un’economia circolare.
Impatti positivi sul Prodotto Interno Lordo; occupazione; investimenti, produttività del lavoro; benefici ambientali: se esiste un progetto capace di sviluppare una visione positiva e di lungo periodo per il futuro dell’Unione Europea, è senza dubbio quello dell’Economia Circolare.
È quanto emerge dallo Studio “Circular Europe. Come gestire con successo la transizione da un mondo lineare a uno circolare”, realizzato da Fondazione Enel e The European House – Ambrosetti in collaborazione con Enel e Enel X,e presentato nell’ambito del Forum di The European House – Ambrosetti (Cernobbio, 4-6 settembre 2020).
“Il mondo si trova ad affrontare grandi sfide – ha affermato Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti – Sono in atto profondi e rapidi cambiamenti economici, climatici e tecnologici che stanno modellando le società e gli stili di vita. Il momento dell’Europa è giunto. L’Economia Circolare ha le carte in regola per divenire un ‘catalizzatore per il bene comune’, attorno al quale sviluppare una grande visione per il futuro europeo”.
Il recente Green Deal europeo e il relativo Circular Economy Action Plan, adottato a marzo 2020 dalla Commissione UE, hanno stabilito obiettivi nuovi e più ambiziosi per l’Europa in relazione alla transizione verso modelli di Economia Circolare. Tuttavia, nei Paesi dell’Unione Europea, lo sviluppo dell’Economia Circolare è tutt’altro che omogeneo. Ad oggi, molti Paesi europei (tra i quali l’Italia) non hanno ancora una roadmap strategica nazionale, che riconosca nell’Economia Circolare un fattore determinante. Proprio la valutazione dello stato dell’arte dell’Economia Circolare in Europa è uno degli obiettivi principali della ricerca.
Lo Studio elabora un Circular Economy Scoreboard che utilizza una metodologia multilivello per fornire un’immagine esaustiva del grado di circolarità di ogni Paese. Contiene 23 metriche quantitative raffrontabili e 10 indicatori principali per i 27 Paesi dell’Unione Europea e per il Regno Unito, dedicando particolare attenzione ai tre Paesi focus dello studio (Italia, Romania e Spagna) lungo 4 pilastri:
– Sustainable inputs: riguarda l’uso di energie da fonti rinnovabili e di materiali rinnovabili, riciclabili, riciclati e biodegradabili per produrre beni e fornire servizi in cicli di vita consecutivi.;
– End-of-life: descrive modalità per recuperare il valore di fine vita di beni, prodotti e materiali attraverso il riutilizzo, la rigenerazione e il riciclo;
– Extension of useful life: riflette la capacità di incrementare la durata della vita utile rispetto al fine vita tipico di un prodotto o dei suoi componenti;
– Increase of the intensity of use: valuta l’incremento del fattore di utilizzo di un singolo articolo (per esempio con modelli product-as-a-service o di servizi di sharing) e misura l’aumento dei benefici ricavabili con ogni unità di input (materiale ed energia) utilizzata.
Ad oggi, l’Unione europea presenta risultati eterogenei in termini di transizione verso l’Economia Circolare: Italia e Spagna dimostrano un livello di sviluppo medio-alto, mentre la Romania si colloca agli ultimi posti della classifica. Per misurare la performance nel corso del tempo, il Circular Economy Scoreboard è stato analizzato lungo un arco temporale di 5 anni. La Romania ha mostrato un miglioramento elevato nel corso dell’ultimo quinquennio, la Spagna un progresso intermedio, mentre l’Italia si è mossa più lentamente nella transizione verso un modello circolare.
Tale conclusione è in linea con i risultati del2°Rapporto sull’Economia Circolare in Italia, realizzato da Circular Economy Network (CEN) ed ENEA, secondo cui l’Italia mantiene ancora il primato in Europa per indice di circolarità, ma sta segnando il passo rispetto alla veloce crescita di altri Paesi.
“L’adozione su larga scala dell’Economia Circolare richiede uno sforzo coordinato, volto a re-immaginare e riconfigurare, in ottica circolare, molti se non addirittura tutti gli schemi produttivi e i modelli di business; come sta accadendo attraverso la riprogettazione e la proposizione di un nuovo modello del sistema energetico, con il graduale abbandono dei combustibili fossili a favore delle rinnovabili e dell’elettricità come vettore per la completa decarbonizzazione di tutti i settori – ha dichiarato Francesco Venturini, CEO di Enel X – La poca chiarezza su cosa significhi essere circolari e, di conseguenza, l’assenza di strumenti adeguati a misurare e monitorare l’Economia Circolare erano due dei principali ostacoli alla transizione circolare. Questo studio permette di muoversi verso una visione e una strategia chiara, con obiettivi misurabili, strumenti di cui l’Europa e tutte le aziende necessitano per porsi al centro non solo della transizione energetica, ma anche del passaggio da un modello di sviluppo lineare ad uno circolare”.
L’analisi del “grado di circolarità” dei 27 Paesi dell’Unione europea e del Regno Unito è stata integrata con un sondaggio che ha interpellato 300 business leader europei circa la necessità di intervenire a vantaggio di modelli circolari all’interno delle loro aziende. Il 95% del campione considera l’Economia Circolare una scelta strategica per la propria azienda: è soprattutto uno strumento per conquistare un vantaggio competitivo in termini di diversificazione, ampliamento del mercato e riduzione dei costi. Tuttavia, la maggior parte dei business leader europei ritiene che il proprio Paese non sia pronto per affrontare la sfida dell’Economia Circolare; l’incertezza circa la creazione di valore (43,6% delle risposte) e la mancanza di competenze (35,9%) sono le due risposte più frequenti circa i fattori ostativi per lo sviluppo dell’Economia Circolare in Europa.
Data la centralità conquistata dall’Economia Circolare nell’ambito del dibattito politico attuale a livello sia europeo sia nazionale, lo studio è arricchito dalla valutazione quantitativa dei benefici socio-economici e ambientali dell’Economia Circolare. È stato ideato un innovativo modello econometrico, unico nel suo genere, che si concentra sull’Unione Europea e sul Regno Unito nel loro insieme e sui tre Paesi di interesse dello studio: Italia, Romania e Spagna.
Lo studio mostra come, nel 2018, l’Economia Circolare è correlata a 300-380 miliardi di euro di PIL in Europa, a 27-29 miliardi di euro in Italia, a 10-12 miliardi di euro in Romania e 33-35 miliardi di euro in Spagna. Allo stesso tempo, l’Economia Circolare è legata a circa 200.000 posti di lavoro in Italia, 20.000 in Romania, 350.000 in Spagna e fino a 2,5 milioni in Europa sempre nel 2018. Lo studio stima inoltre un effetto sugli investimenti di 8-9 miliardi di euro in Italia, 1-2 miliardi di euro in Romania, 9-11 miliardi di euro in Spagna e un impatto complessivo di 90-110 miliardi di euro nell’Unione Europea nel 2018. Significativi benefici sono stimati anche sulla produttività del lavoro: circa 560-590 euro per addetto all’anno in Italia, 1.210-1.270 euro per addetto in Romania (il Paese che presenta l’impatto maggiore), 640-670 euro per addetto in Spagna e 570-940 euro per addetto complessivamente a livello europeo.
Attraverso casi studio specifici e analisi “what if”, lo studio evidenzia come l’Economia Circolare, oltre a essere vantaggiosa in termini economici, generi contemporaneamente importanti benefici ambientali. Tra i diversi effetti positivi, si evidenzia che il passaggio da materiali primari a secondari consenta di ridurre notevolmente le emissioni di gas serra (GHG): considerando 4 materiali (ferro, alluminio, zinco e piombo), la riduzione media delle emissioni di GHG per kg di materiale prodotto è pari al 73,5%. Inoltre, un aumento della penetrazione delle fonti rinnovabili nella produzione energetica di un punto percentuale riduce le GHG fino a 72,6 milioni di tonnellate di CO2 equivalente in Europa e 6,3 in Italia (-50% delle emissioni annuali di gas serra nel Comune di Roma).
Nonostante il modello di valutazione proposto dallo studio mostri che la transizione verso l’Economia Circolare offra svariati vantaggi economici, sociali e ambientali, il passaggio dal modello di sviluppo lineare a quello circolare deve tenere conto di alcune criticità. In quest’ottica, il Rapporto suggerisce 10 aree di intervento, con specifiche azioni di policy, al fine di far fronte alle sfide correlate alla transizione circolare e di coglierne i benefici in modo efficace:
– definire per gli Stati membri dell’Unione Europea delle Strategie nazionali per uno sviluppo economico circolare;
– ridefinire la governance dell’Economia Circolare per supportare una transizione a 360° in tutti i settori;
– fare leva sulla legislazione per promuovere la transizione circolare;
– creare condizioni di competitività rispetto alle soluzioni non circolari;
– utilizzare la finanza come una leva per promuovere la Ricerca e Sviluppo e le buone pratiche in ambito di Economia Circolare;
– affrontare la mancanza di una definizione chiara e di metriche omogenee ed esaustive;
– trasformare i modelli di business che generano rifiuti in modelli circolari;
– promuovere misure trasversali e di coordinamento per tutti i settori interessati dalla transizione verso l’Economia Circolare;
– fare leva sull’Economia Circolare per ripensare le città e gli spazi urbani;
– promuovere la cultura e la consapevolezza circa i vantaggi derivanti dall’Economia Circolare.
“Puntare allo sviluppo di un’Economia Circolare rappresenta una straordinaria opportunità per rendere l’Europa più competitiva, modernizzandone l’economia, rivitalizzando l’industria e creando al contempo occupazione attraverso una crescita sostenibile e duratura – ha commentato Francesco Starace, CEO e General Manager di Enel – In questo contesto, la crescente penetrazione delle fonti rinnovabili, unitamente al maggiore ricorso al vettore elettrico nei consumi finali, è in grado di amplificare le opportunità derivanti dall’Economia Circolare e rappresenta il modo più efficiente per decarbonizzare l’economia e la società in cui viviamo”.