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L’UE boccia (di nuovo) l’Italia su rifiuti e smog

Presentata la valutazione dell’attuazione ambientale (EIR), il documento che valuta come l’Italia applica le norme UE: la Commissione ci boccia su rifiuti e smog, mentre ritiene incoraggianti i passi avanti del nostro Paese per l’economia circolare

Norme ambientali europee, dove stiamo sbagliando?
Nel documento di valutazione dell’attuazione delle norme ambientali europee il nostro Paese non presenta buone performance: la Commissione UE boccia l’Italia su rifiuti e smog.

I nostri punti deboli restano la gestione dei rifiuti, la qualità dell’aria e la definizione delle aree protette, mentre Bruxelles ci incoraggia a proseguire nel percorso intrapreso su economia circolare e piani per i bacini idrografici, anche alla luce dei miglioramenti che potrebbero arrivare dall’attuazione del Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza.

Sono già 18 le procedure di infrazione che la Commissione ha aperto verso l’Italia negli anni, e la metà di queste potrebbero concretamente diventare sanzioni pecuniarie perché sono già in una fase avanzata dell’iter che può portare alla Corte di Giustizia Europea. Non sarebbe la prima volta. Ad oggi sono stati comminati milioni di euro di multe per l’emergenza rifiuti in Campania, per la presenza di discariche illegali sul territorio nazionale e per le attività di scarico di acque reflue in aree sensibili: a partire dal 2015, siamo già stati multati per più di 620 milioni di euro.

L’UE boccia l’Italia su rifiuti
Già negli anni passati la Commissione aveva invitato il nostro paese ad adeguarsi alle norme comunitarie in particolare su una serie di aspetti:

in materia di gestione dei rifiuti urbani, perché si limitasse progressivamente il conferimento in discarica a favore di uno sviluppo della raccolta differenziata, soprattutto al Sud;
nel trattamento delle acque reflue, richiedendo maggiori investimenti in strutture adibite a gestirlo in maniera efficace;
nella riduzione di particolato (PM10 e PM2,5) e di biossido di azoto, intervenendo sulla riduzione del traffico;
nel completamento dell’individuazione dei siti marini di conservazione speciale, nell’ambito del programma Natura 2000, con la designazione di obiettivi specifici di conservazione per ogni sito;
in generale, nel migliorare l’efficienza con cui vengono impiegate le risorse destinate alla protezione ambientale.
Negli ultimi anni il nostro Paese ha compiuti diversi sforzi e, per molti ambiti, ha migliorato le proprie performance ma, anche a questo esame, l’UE boccia nuovamente l’Italia proprio su rifiuti e smog. Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti urbani, ci dice la Commissione, abbiamo ancora troppe carenze: gli esempi citati sono sotto gli occhi di tutti, dal numero ancora troppo elevato delle discariche alla situazione di emergenza in Campania.

Potrebbero aiutarci, in questo senso, i fondi del PNRR, che potranno supportare una nuova strategia nazionale per l’economia circolare e un programma nazionale di gestione dei rifiuti.

Male anche la qualità la protezione delle aree naturali e la qualità dell’aria
La Commissione ha inoltre segnalato che il nostro Paese è ancora indietro nella designazione delle aree marine protette per la rete Natura 2000. In generale, da Bruxelles ci giunge un monito a migliorare la conservazione degli habitat e delle specie protette dall’Unione, pianificando investimenti strategici ad hoc. Investimenti che la Commissione teme non siano all’orizzonte, sottolineando come “Nel PNRR non sono previsti fondi sufficienti a sostegno della biodiversità per finanziare queste esigenze; di conseguenza l’importo mancante deve essere compensato attingendo ad altri fondi UE e fonti nazionali”.

Ancora troppo limitati sono ritenuti i progressi effettuati per quanto riguarda la qualità dell’aria e la riduzione delle emissioni. Il documento sottolinea anzi come nel 2020 siano proseguiti gli sforamenti dei valori limite di PM10 e NO2. La Commissione sollecita molto su questo punto, facendo presente che il 20% delle risorse del nostro PNRR sia destinato a energia e trasporti sostenibili e come a Bruxelles ci si aspetti che queste misure incidano sul miglioramento della qualità dell’aria. Il documento inoltre sollecita il nostro Paese a valutare ulteriori strumenti, come spostare la tassazione dal lavoro agli imponibili ambientali, ed eliminare i sussidi ambientalmente dannosi.

Male anche la gestione delle acque reflue urbane, per le quali servono maggiori investimenti per risanare molti punti critici, soprattutto al nord Italia, e per intervenire per un miglioramento delle acque potabili nel Lazio. In generale risulta scadente o molto scadente lo stato di diversi descrittori marini e molto allarmante il livello di consumo, soprattutto al Sud, di acqua in agricoltura.

Fonte: Rinnovabili.it

Comm. Ecomafie, approvata in aula a Montecitorio relazione ‘Emergenza epidemiologica COVID-19 e ciclo dei rifiuti’

La Camera dei Deputati ha approvato oggi la relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (Commissione Ecomafie) “Emergenza epidemiologica COVID-19 e ciclo dei rifiuti”

La Camera dei Deputati ha approvato oggi la relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (Commissione Ecomafie) “Emergenza epidemiologica COVID-19 e ciclo dei rifiuti”. Il documento (relatori:On. Stefano Vignaroli, Sen. Massimo Berutti, On. Giovanni Vianello) era stato approvato dalla Commissione il giorno 08 luglio 2020 e dall’aula del Senato il giorno 05 agosto 2020.

La Commissione ha preso in esame il ciclo dei rifiuti nel periodo dell’emergenza, approfondendo sia il quadro dei provvedimenti normativi statali e regionali, sia l’operatività della gestione delle diverse tipologie di rifiuti. Attraverso il lavoro di analisi, si è risconterato come lo strumento principale messo in atto sia stato quello delle deroghe ai limiti di deposito temporaneo e di stoccaggio dei rifiuti. Dagli approfondimenti della Commissione è emerso che durante l’emergenza COVID-19 il sistema di gestione dei rifiuti in Italia ha tenuto. La capacità impiantistica si è dimostrata adeguata, anche per il trattamento dei rifiuti sanitari a rischio infettivo (di cui si è registrato un aumento).

La Commissione si è inoltre soffermata sugli effetti dell’emergenza epidemiologica  in termini di produzione dei rifiuti, sia sanitari, sia connessi a misure di contenimento del contagio e uso diffuso di dispositivi di protezione. Dagli approfondimenti della Commissione è emerso che durante la fase di lockdown si è osservata una decisa contrazione nella produzione dei rifiuti speciali di origine industriale e dei rifiuti urbani. Questi ultimi nel bimestre marzo-aprile 2020 sono diminuiti di circa il 10 per cento (meno 500mila tonnellate). Secondo le informazioni acquisite dalla Commissione, il volume stimato di rifiuti connessi all’utilizzo quotidiano di guanti e mascherine monouso per il periodo maggio-dicembre 2020 è pari a 300mila tonnellate (valore medio).

La relazione dà inoltre conto di alcuni elementi strutturali e di tendenza riguardo a possibili fenomeni illeciti nel settore dei rifiuti connessi all’emergenza COVID-19. La relazione si conclude con una serie di raccomandazioni alle istituzioni per una gestione dei rifiuti che tenga in conto le esigenze sia di rispetto degli obiettivi di economia circolare nell’ambito di un ciclo dei rifiuti efficiente e focalizzato sul recupero di materia, sia di efficientamento del sistema dei controlli ambientali e di contrasto all’illegalità.

«L’approvazione in aula a Montecitorio della relazione su emergenza COVID-19 e ciclo dei rifiuti arriva in un momento di nuova forte recrudescenza del virus. Auspico che questo lavoro possa essere di supporto a quanti dovranno occuparsi di gestione dei rifiuti nelle difficili settimane che abbiamo davanti. Auspico anche che le istituzioni, ognuna per la propria competenza, mantengano un occhio attento sul tema della prevenzione di rifiuti inutili, anche in una fase così critica. Da parte sua, la Commissione continuerà il lavoro di monitoraggio: tra le altre cose preoccupano i rischi di scorciatoie illegali e infiltrazioni di interessi illeciti in imprese in difficoltà», dichiara il Presidente della Commissione Ecomafie Stefano Vignaroli.

Fonte: Eco dalle Città

Pacchetto economia circolare, pubblicato il decreto rifiuti e imballaggi

Recepite due delle direttive che andranno a modificare il Testo Unico Ambientale per quanto riguarda la definizione di rifiuto urbano, di rifiuti speciali assimilabili, di tracciabilità e responsabilità estesa

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed entrerà in vigore il prossimo 26 settembre il decreto legislativo 116/20  che recepisce due delle direttive approvate due anni fa dall’Unione europea in materia di rifiuti e imballaggi e, in particolare, quella che tratta la riduzione degli scarti e il recupero di risorse. Tra gli obiettivi del provvedimento, il raggiungimento entro il 2025 del 55% di riciclo dei rifiuti urbani, mentre già nel 2030 per i soli imballaggi bisognerà aver raggiunto complessivamente il 70%. Per quanto riguarda i conferimenti in discarica, il tetto massimo dovrà essere del 10% entro il 2035.
 
Definizioni di rifiuto e responsabilità estesa –  Il decreto pubblicato va a modificare la parte quarta del decreto legislativo 152 del 2006, che si occupa di disciplinare la gestione dei rifiuti. Alla revisione del Testo unico ambientale saranno tenuti ad adeguarsi tutti i soggetti pubblici e privati che producono, raccolgono, trasportano e gestiscono rifiuti. Cambiano molte delle definizioni, a partire da quella di “rifiuto urbano”, così come cambiano le discipline di legge relative al deposito temporaneo, alla classificazione, ai criteri di ammissibilità in discarica dei rifiuti. I rifiuti speciali assimilati a quelli urbani diventano semplicemente urbani quando sono “simili per natura e composizione ai rifiuti domestici”, un’assimilazione che deriva dall’incrocio tra 15 tipologie di rifiuti (dagli organici ad “altri rifiuti non biodegradabili”) con 29 categorie di attività che li producono e che sottrae ai Comuni la possibilità di assimilazione. Ma cambia anche il ruolo dei produttori di beni di consumo, con un rafforzamento dell’istituto della responsabilità estesa, tra i principi cardine dell’impalcatura normativa disegnata dall’Ue e oggi entrata definitivamente nell’ordinamento italiano. L’entrata in vigore del decreto legislativo di recepimento della direttiva europea sui rifiuti riscrive infatti il quadro normativo nazionale in materia, preparando l’avvento del nuovo sistema di tracciabilità, si legge infatti nel decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale, che sarà “integrato nel Registro Elettronico Nazionale” istituito a seguito della conversione del Decreto Legge n. 135/2018 (e della contestuale abolizione del Sistri) e sarà gestito dall’Albo Nazionale Gestori Ambientali.

Consorzi – Il nuovo decreto inciderà profondamente sui meccanismi che regolano il sistema italiano di raccolta e gestione. Cambiano, ad esempio, le logiche di finanziamento delle differenziate, con i sistemi Epr, ovvero i consorzi afferenti al Conai nel caso dei rifiuti da imballaggio, che saranno obbligati a coprire il 100% dei “costi efficienti” di gestione (l’80% in deroga) entro il 2024.
Novità sugli impianti, decide il Ministero – Il decreto rifiuti demanda al Ministero dell’Ambiente, con il supporto tecnico di Ispra, la definizione di un “Programma nazionale di gestione dei rifiuti” con gli obiettivi, i criteri e le linee strategiche cui le Regioni e Province autonome si dovranno attenere nell’elaborazione dei Piani regionali di gestione dei rifiuti. Il programma dovrà contenere, tra l’altro, la “ricognizione impiantistica nazionale”, indicando il fabbisogno di recupero e smaltimento da soddisfare. Una misura che ridimensionerà la potestà degli enti locali, con le Regioni che dal canto loro avranno la possibilità di definire accordi per “l’individuazione di macro aree” che consentano “la razionalizzazione degli impianti dal punto di vista localizzativo, ambientale ed economico, sulla base del principio di prossimità”. 

Reazioni – “Recependo il Pacchetto Economia Circolare, il Governo dimostra attenzione nei confronti delle prospettive sostenibili per il futuro del Paese e sensibilità nei confronti delle istanze avanzate durante l’iter legislativo dal settore del recupero e riciclo dei rifiuti. Il principio dell’obbligo della detassazione va nella giusta direzione di sostenere le imprese della Green Economy e contribuisce allo sviluppo di un comparto industriale tra i più competitivi a livello europeo.” Lo dichiara in una nota Francesco Sicilia, Direttore Generale di Unirima, Unione Nazionale Imprese Recupero e Riciclo Maceri.

Fonte: E-Gazette

Costa: per aumentare la differenziata servono nuovi impianti

Il problema è l’impiantistica. Lo dice, in una intervista al Quotidiano Nazionale, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa (nella foto), a proposito della differenziata, sottolineando le responsabilità di comuni e regioni.

“I player della gestione dei rifiuti sul territorio italiano sono le Regioni e i Comuni – ricorda Costa.-  I Comuni hanno la competenza della raccolta, le Regioni hanno l’obbligo della definizione del piano regionale dei rifiuti. Il piano dei rifiuti, che quasi tutte le Regioni hanno, e già il ‘quasi’ la dice lunga, prevede un’analisi territoriale dei flussi dei rifiuti e di quanti impianti servono. La scelta è quindi a livello regionale e territoriale”.

Il nodo del compostaggio
 – “Prendiamo il compost – spiega, più in dettaglio – . Se non hai gli impianti per il compost stai rinunciando a una filiera del riciclo dell’umido che oscilla tra il 35 e il 45% della raccolta differenziata. Ergo gli impianti, laddove servono, vanno fatti. Noi la nostra parte la facciamo. Ma non è che le Regioni possano abdicare al loro ruolo. Senza polemiche”.

Sprechi, trend positivo – Sul fatto che per la prima volta c’è una tendenza positiva sul fronte degli sprechi alimentari, commenta: “C’è un trend positivo del 25% in un anno, che è tanto. Di questo dobbiamo ringraziare la legge Gadda, ma anche la crescita di consapevolezza dei cittadini grazie alle campagne di sensibilizzazione. Ora dobbiamo arrivare al -50%”.

Fonte. E-Gazette

ISPRA 2018: calano i rifiuti, solo 4 regioni rispettano i target EU

Si attesta a 29,6 milioni di tonnellate la produzione di rifiuti urbani, segnando una riduzione dell’1,7% rispetto al 2016. Dopo l’aumento riscontrato tra il 2015 e il 2016, sul quale aveva peraltro anche influito il cambiamento della metodologia di calcolo (inclusione nella quota degli RU dei rifiuti inerti derivanti da piccoli interventi di manutenzione delle abitazioni), si rileva dunque una nuova contrazione della produzione. Raffrontando il dato 2017 con quello 2013 si riscontra, nel quinquennio, una sostanziale stabilità della produzione (+0,08%). Dopo il brusco calo del biennio 2011/2012 – concomitante con la contrazione dei valori del prodotto interno lordo e dei consumi delle famiglie – la produzione si mantiene su valori quasi sempre inferiori a 30 milioni di tonnellate.

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Il calo si riscontra in tutte le macroaree geografiche, risultando pari al -2,2% nel Sud, al -2% nel Centro e al – 1,4% nel Nord. La maggiore contrazione si osserva per l’Umbria (-4,2%), seguita da Molise (-3,1%), Basilicata (-2,8%) e Toscana (-2,7%). Sono tutte in Emilia Romagna le province dove si producono più rifiuti urbani per abitante: in testa Rimini con 727 chilogrammi, un dato comunque in calo rispetto ai 740 kg del 2016; seguono Ravenna (721), Forlì-Cesena (710) e Reggio Emilia (708). Va specificato che i dati dell’Emilia Romagna, così come quelli del centro Italia, risentono di regolamenti comunali in base ai quali vengono assimilati ai rifiuti urbani anche tipologie similari di rifiuti speciali derivanti da attività commerciali, aziende artigianali e di servizio.

OLTRE LA METÀ DEI RIFIUTI PRODOTTI VIENE DIFFERENZIATA.

Nel 2017 la raccolta differenziata in Italia raggiunge la percentuale di 55,5%. Più alti i valori al Nord (66,2%), più bassi al Sud (41,9%), mentre il Centro Italia si colloca poco al di sotto della media nazionale (51,8%). Guardando alle diverse situazioni territoriali, sono 13 le regioni che raccolgono in maniera differenziata oltre la metà dei rifiuti urbani annualmente prodotti. È sempre il Veneto la regione con la più alta percentuale di raccolta differenziata pari al 73,6%, seguita da Trentino Alto Adige con il 72%, Lombardia con il 69,6% e Friuli Venezia Giulia con il 65,5%.

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IN 5 REGIONI BUONE PERFORMANCE DI CRESCITA DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA. 

Sono 5 le regioni italiane che tra 2016 e 2017 hanno fatto un salto di oltre 6 punti nella percentuale di raccolta differenziata, anche se rimangono sotto il valore medio nazionale (55,5%): si tratta diBasilicata (45,3%), Puglia (40,4%), Calabria (39,7%), Molise (30,7%) e Sicilia (21,7%).

TREVISO VERSO QUOTA 90. 

Il valore più alto in Italia di raccolta differenziata viene raggiunto dalla provincia di Treviso con l’87,8%, seguita da Mantova (86,6%), Belluno (83,4%) e Pordenone (81,6%). Tutte in Sicilia, invece, le più basse percentuali di raccolta differenziata provinciali: è ancora Enna fanalino di coda (11,3%), mentre a Siracusa (15,3%) e Palermo (17,3%) si è avuta una crescita delle percentuali di 6 punti nell’ultimo anno.

RALLENTA LA RACCOLTA DELLUMIDO.

Per la prima volta dal 2010 si registra un lieve incremento della frazione organica raccolta in modo differenziato: cresce solo dell’1,6% nel 2017, mentre, negli ultimi sette anni era aumentata di quasi 8 punti percentuali l’anno, con picchi del 9,6% tra il 2013 e il 2014.

SI RACCOGLIE PIÙ LEGNO E METALLO.

Per i rifiuti in legno, il cui ammontare raccolto è di 800 mila tonnellate, la crescita è pari all’8,2%. Un aumento percentuale analogo si osserva, tra il 2016 e il 2017, per la raccolta dei rifiuti metallici (+8%), il cui quantitativo si attesta, nell’ultimo anno, a quasi 320 mila tonnellate.

OBIETTIVI UE DI RICICLAGGIO ANCORA DA RAGGIUNGERE. 

Con l’emanazione della direttiva 2018/851/UE sono stati introdotti ulteriori obiettivi per la preparazione, il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti. Gli obiettivi sono: 50% al 2020, 60% al 2030 e 65% al 2035. In Italia, la percentuale di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio si attesta al 43,9%, considerando tutte le frazioni contenute nei rifiuti urbani, e al 49,4%, effettuando il calcolo per le seguenti specifiche frazioni: organico, carta e cartone, vetro, metallo, plastica e legno.

COSA ACCADE AI RIFIUTI RACCOLTI: IMPIANTI DI TRATTAMENTO, DISCARICHE, INCENERITORI

Non tutte le regioni sono dotate delle necessarie infrastrutture di trattamento dei rifiuti. La scarsità degli impianti fa sì che in molti contesti territoriali si assista ad un trasferimento dei rifiuti raccolti in altre regioni o all’estero.

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I rifiuti urbani prodotti nel 2017 sono stati gestiti in 644 impianti. Lo smaltimento in discarica, pari a6,9 milioni di tonnellate, interessa il 23% dei rifiuti urbani prodotti, evidenziando una riduzione del 6,8%.Le discariche operative, nel 2017, sono 123, 11 in meno rispetto all’anno precedente.

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Il riciclaggio delle diverse frazioni provenienti dalla raccolta differenziata o dagli impianti di trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani raggiunge, nel suo complesso, il 47% della produzione: il 20% è costituito dal recupero di materia della frazione organica (umido+verde) e oltre il 27% dal recupero delle altre frazioni merceologiche.

Due inceneritori in meno nel 2017: scendono a 39 gli impianti operativi (erano 41 l’anno precedente).Nel 2017, i rifiuti urbani inceneriti, comprensivi del CSS, della frazione secca e del bioessiccato ottenuti dal trattamento meccanico dei rifiuti urbani stessi, sono quasi 5,3 milioni di tonnellate (-2,5% rispetto al 2016). Il 70% circa dei rifiuti viene trattato al Nord, l’11% al Centro e quasi il 19% al Sud. Va precisato che in Italia tutti gli impianti di incenerimento recuperano energia, elettrica o termica; complessivamente vengono recuperati nel 2017 quasi 4,5 milioni di MWh di energia elettrica e 2 milioni di MWh di energia termica.

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EXPORT, MA ANCHE IMPORT

Nel 2017 l’Italia ha esportato 355 mila tonnellate di rifiuti urbani. Il 40% è stato trasferito in Austria (27,8%) e Ungheria (13,1%): si tratta soprattutto di Combustibile Solido Secondario (CSS) derivante dal trattamento di rifiuti urbani (rappresenta il 37,1% dei rifiuti esportati).

Sono circa 213 mila tonnellate i rifiuti del circuito urbano importati nel 2017. Il maggior quantitativo proviene dalla Svizzera, con circa 72 mila tonnellate, corrispondente al 33,6% del totale importato;seguono la Francia con il 19,7% e la Germania con il 15,2%. Circa la metà dei rifiuti provenienti dallaSvizzera, costituiti prevalentemente da rifiuti di imballaggio in vetro, sono destinati ad impianti di recupero e lavorazione del vetro situati perlopiù in Lombardia.

QUANTO CI COSTA IL CICLO DEI RIFIUTI URBANI

L’analisi economica condotta sui dati MUD, per l’anno 2017, su un totale di 6.345 comuni, rileva, a livello nazionale, che il costo totale medio pro capite annuo è pari, nel 2017, 171,19 euro/abitante per anno. A livello territoriale il costo totale annuo pro capite, del servizio, risulta pari a 151,16 euro/abitante per anno al Nord, a 206,88 euro/abitante per anno al Centro ed a 182,27 euro/abitante per anno al Sud.

Il Rapporto contiene anche uno studio sui comuni che applicano il regime di Tariffazione puntuale basato sull’utilizzo di sistemi di rilevazione e quantificazione della produzione dei rifiuti riferiti a ogni singola utenza servita. L’analisi economica, che ha riguardato un campione di 341 comuni aventi una popolazione 2.520.117 abitanti, mostra che, in generale, i comuni che applicano il regime della tariffazione puntuale presentano un costo totale medio pro-capite a carico del cittadino inferiore rispetto ai comuni a Tari normalizzata.

ITALIA A CONFRONTO CON LA MEDIA UE28

I valori pro capite dell’Italia, relativi a produzione e gestione dei rifiuti urbani nel 2016, mostrano differenze rispetto alla media dell’Unione a 28. Produciamo più rifiuti, ne destiniamo di meno alle quattro forme di trattamento finale individuate da Eurostat. Conferiamo in discarica una percentuale di rifiuti urbani trattati maggiore della media UE28, ma anche la percentuale avviata a compostaggio e digestione anaerobica superiore alla media dell’Unione. Da rilevare che il ricorso alla discarica vede un enorme divario tra i paesi europei: si va da un valore percentuale pari a 1% di Belgio, Danimarca, Germania, Paesi Bassi e Svezia, all’82% della Grecia e al 92% di Malta.

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La Regione Piemonte presenta le linee guida per la tariffazione puntuale

“Se vogliamo migliorare il sistema complessivo dei rifiuti piemontesi dobbiamo puntare sulla raccolta differenziata e sulla tariffa puntuale.”

Sono state queste le parole dell’Assessore all’Ambiente della Regione Piemonte Alberto Valmaggia all’EcoForum per l’economia Circolare del Piemonte organizzato da Legambiente.
Le parole dell’Assessore arrivano a seguito della presentazione dei dati sulla gestione rifiuti in Regione: Appena il 35,5% dei Comuni piemontesi raggiunge il 65% di raccolta differenziata previsto per legge e sono soltanto 36 su 1201 i Rifiuti Free, Comuni che oltre ad aver raggiunto il 65% di RD, producono meno di 75 kg pro capite l’anno di secco residuo, ovvero di rifiuti indifferenziati avviati a smaltimento.

Regione Piemonte ha scelto Ecoforum per presentare le nuove linee guida per la tariffazione puntuale, redatte in collaborazione il Consorzio Chierese Servizi, Consorzio Covar14, Pegaso 03 ed ESPER.

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