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Modugno, ai vertici della differenziata e della tariffazione puntuale

L’assessore Gianfranco Spizzico con delega alla Tutela dell’Ambiente e della Salute pubblica di Modugno, parlando dei risultati ottenuti nel servizio di Igiene urbana evidenzia che la raccolta differenziata dei rifiuti urbani in città ha superato il 76% nel 2020 secondo i dati di ISPRA. Il risultato ottenuto nel Comune di 40 mila abitanti alle porte di Bari è frutto di un intreccio virtuoso tra tecnologia e motivazione sociale.

Gli operatori addetti al “porta a porta” dispongono di un lettore transponder portatile: «acquisendo i tag dei contenitori, il lettore rileva e quantifica la produzione dei rifiuti di ogni singola utenza, e registra anche la qualità del rifiuto conferito», specifica l’assessore Gianfranco Spizzico con delega alla Tutela dell’Ambiente e della Salute pubblica di Modugno, parlando dei risultati ottenuti nel servizio di Igiene urbana. In caso di difformità qualitativa, l’operatore applica sul contenitore un adesivo rimovibile per segnalare all’utente l’anomalia rilevata per sensibilizzarlo: «se un rifiuto non è conforme viene applicata una striscia rossa che dà la possibilità alla polizia locale di svolgere attività di polizia giudiziaria», sottolinea l’assessore che precisa «Quella che ho impostato subito, al mio arrivo all’assessorato, è la lotta agli sporcaccioni».

Quattro anni fa, nel 2018, il Comune ha avviato la tariffazione puntuale con il supporto di ESPER, applicando il principio comunitario “chi inquina paga”. In concreto, viene contabilizzato il secco indifferenziato di ogni utenza e la tariffa viene calibrata con precisione sulla base del rifiuto effettivamente prodotto: «di conseguenza, il cittadino meno rifiuti secchi produce meno TARI paga». Con vantaggi complessivi molto concreti per il bilancio comunale oltre che per i singoli cittadini, spiega l’assessore Spizzico: «nel 2021, la cessione degli imballaggi raccolta con la differenziata ha portato nelle casse di Modugno circa 600 mila euro, il 10% di quanto il Comune spende per il servizio di igiene urbana». Il vantaggio per il cittadino emerge “per contrasto” con quanto avviene nella vicina Bari (41% di RD nel 2020 secondo ISPRA) che ha ancora un sistema misto stradale/domiciliare e non ha adottato la TARI puntuale. «A Bari una famiglia di quattro persone con un appartamento di 100 metri quadri paga 480 euro di Tari all’anno, a Modugno 310 euro: il 35% in meno, che si traducono anche in servizi aggiuntivi per il cittadino nel bilancio finale», esemplifica Spizzico.

L’assessore punta molto sulla partecipazione della cittadinanza però “col polso fermo” dell’Amministrazione. Con “Cicca challenge 2022”, il Comune ha messo in palio una borraccia ecologica per ogni bottiglia piena di cicche raccolte in città. Anche qui ha confidato nell’ausilio e nella deterrenza tecnologica della rete di videosorveglianza cittadina, implementata dalle fototrappole installate su 100 postazioni facendo crollare verticalmente gli abbandoni dei rifiuti per strada.

L’Isola Ecologica Itinerante effettua, a sua volta, tre fermate per ogni zona della città alla settimana; nel 2020, le utenze che l’hanno utilizzata sono state 2200 e il servizio resterà attivo anche dopo il raddoppio del Centro Comune di Raccolta grazie a un finanziamento regionale.

A cura di Igor Staglianò

Bilancio di previsione prorogato al 30 giugno 2022. La proroga comprende anche i provvedimenti TARI

Nel corso della seduta straordinaria della Conferenza Stato città ed autonomie locali del 31 maggio 2022 è stata approvata la proroga del termine per l’approvazione dei bilanci di previsione dei Comuni al 30 giugno prossimo, che verrà formalizzata con apposito decreto del Ministro dell’Interno.

La proroga riguarda anche l’approvazione delle delibere TARI (PEF-regolamento-tariffe), che sono state recentemente allineate con i termini di approvazione del bilancio dall’art. 43, comma 11 del dl 50/2022, qualora questi ultimi siano fissati in data successiva al 30 aprile di ciascun anno. Si ricorda che tale disposizione prevede anche che i Comuni che abbiano già approvato i propri bilanci di previsione possano effettuare una semplice variazione di bilancio per recepire gli eventuali effetti della successiva deliberazione dei provvedimenti relativi alla TARI, anziché dover procedere ad una riapprovazione dello stesso.

Fonte: Fondazione IFEL

Proroga termini TARI e PEF al 31 maggio in arrivo con il “dl aiuti”

Con il prossimo “dl aiuti” in approvazione nei prossimi giorni, verrà introdotta una norma che collega il termine dell’approvazione degli atti legati al prelievo sui rifiuti (PEF, tariffe e regolamenti) – fissato dal “dl milleproroghe” al 30 aprile di ciascun anno – a quello del bilancio di previsione degli enti locali, quando quest’ultimo risulti prorogato ad una data successiva al 30 aprile.

Lo afferma il viceministro all’Economia Laura Castelli interpellata dall’Ansa a Montecitorio, in risposta alle molteplici richieste dei Comuni e dell’Anci che chiedevano da tempo un allineamento tra i termini di approvazione dei provvedimenti relativi al prelievo sui rifiuti (PEF, tariffe e regolamenti) a quelli del bilancio, che quest’anno sono stati prorogati al 31 maggio, anche per ottemperare alle nuove prescrizioni dell’ARERA che in materia di qualità del servizio rifiuti, aggiungono nuovi elementi di complessità ad un quadro regolatorio già di per sé molto complesso.

Il termine per le deliberazioni Tari sarà quindi posposto al 31 maggio 2022.

La norma in questione disporrà inoltre che i Comuni che abbiano già approvato i propri bilanci di previsione possano effettuare una semplice variazione di bilancio per recepire gli eventuali effetti della successiva deliberazione dei provvedimenti relativi alla TARI, anziché dover procedere ad una riapprovazione dello stesso.

Fonte: Fondazione IFEL

Tari 2021, c’è la proroga: cosa cambia per il pagamento della tassa sui rifiuti

Laura Castelli, viceministra dell’Economia e delle Finanze, ha annunciato che dovrebbe arrivare presto una proroga per la Tari, la tassa comunale sui rifiuti. La misura sarà presa per dare più tempo ai Comuni per l’approvazione dei regolamenti sul tributo e delle tariffe.

La vice del Mef ha sottolineato che tutti i partiti del Governo sarebbero a favore della proroga della Tari, già richiesta dall’Anci, parlando di “grande sensibilità” sul tema e “ampia convergenza“.

Chi deve pagare la Tari e come si calcola in base al comune di residenza

Deve pagare la Tari chiunque detenga o possieda a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, adibiti a qualsiasi uso, che possono produrre rifiuti urbani.

Per il calcolo della tassa sui rifiuti si considerano le superifici calpestabili dichiarate o accertate, moltiplicando i metri quadrati per il numero di abitanti della casa. In caso di seconde case, il numero di occupanti viene invece definito in base alla metratura. Questi dati servono per produrre la quota fissa.

A essa deve essere aggiunta la quota variabile, che si calcola con un valore assoluto sul numero di residenti. È sempre bene controllare il regolamento del comune di appartenenza per verificare di non pagare più del dovuto.

Quando si paga la Tari e quali sono le scadenze da rispettare

Le rate per il pagamento della Tari variano secondo quanto deliberato in autonomia dai singoli Comuni, che sono tenuti a dividere la tassa sui rifiuti in almeno due rate, di cui una successiva al 30 novembre.

In genere il pagamento viene dilazionato in tre o addirittura quattro date, con uno, due o tre acconti, e il saldo della quota dovuta al Comune a partire dall’ultimo mese dell’anno.

Tari, proroga per i Comuni al 31 luglio: cosa cambia per i contribuenti

La viceministra Laura Castelli ha dichiarato che entro il 30 giugno verrà adottata un nuova norma, che potrebbe essere contenuta nel nuovo decreto che sarà discusso in Consiglio dei Ministri nei prossimi giorni.

La proroga per il perfezionamento delle tariffe comunali della Tari dovrebbe posticipare la data di un mese, al 31 luglio, per dare tempo ai Comuni di approvare i regolamenti. È facile prevedere che anche i pagamenti per i cittadini potranno subire un differimento.

Comuni, caos Tari sulla riforma rifiuti

La nota del ministero delle Transizione Ecologica del 12 marzo 2021, intervenuta per chiarire alcune problematiche anche connesse all’applicazione della Tari derivanti dalle disposizioni di riforma dei rifiuti contenute nel Dlgs 116/2020, ha in verità creato ulteriori incertezze.

L’applicabilità dell’esclusione della quota variabile nella Tari
In primo luogo, la nota, emanata in condivisione con gli uffici del ministero dell’Economia e delle finanze, ha confermato come non sia perfettamente adeguata la collocazione all’interno dell’articolo 238 del Dlgs 152/2006 della disposizione che prevede l’esclusione dalla corresponsione della quota del prelievo rapportata alla quantità di rifiuti prodotti in favore delle utenze non domestiche che scelgono di servirsi di un soggetto privato per l’avvio al recupero dei rifiuti urbani prodotti. Ciò in quanto la disposizione citata è riferita alla Tia2, la tariffa integrata ambientale, abrogata sin dal 2012 (per la verità dal 2013, ai sensi dell’articolo 5, comma 4-bis, del Dl 102/2013). E ha annunciato sul punto un necessario intervento di coordinamento normativo. Tuttavia ciò non impedisce, a detta del ministero, che la citata disposizione operi anche con riferimento alla Tari e alla tariffa, in quanto si tratta di una normativa di adeguamento alle direttive unionali, che deve operare a prescindere dalle incoerenze normative interne.

Coordinamento delle agevolazioni Tari
La medesima nota affronta poi la questione del coordinamento tra la norma dell’articolo 238, comma 10 e quella dell’articolo 1, comma 649, della legge 147/2013, la quale prevede il riconoscimento di un abbattimento della quota variabile della Tari in favore delle utenze non domestiche che avviano in modo autonomo al riciclo i propri rifiuti assimilati. Il ministero non ha chiarito in realtà del tutto la portata delle due disposizioni, limitandosi ad affermare che, nell’operazione di coordinamento tra le due norme, quella del comma 649 opera con riferimento ai rifiuti urbani, e non più a quelli assimilati in quanto tipologia non più esistente, e che l’abbattimento della quota variabile va riconosciuta in proporzione ai rifiuti urbani recuperati e non solo a quelli riciclati (rammentando che il riciclo e un “di cui” del recupero). Non si comprende però se le due disposizioni agevolative operino separatamente, con presupposti diversi, oppure se siano da ricondurre entrambe nell’ambito del comma 649. Sul punto appare più coerente con l’impianto normativo la risposta che il dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia ha fornito in occasione dell’evento «Telefisco 2021». In particolare era stato evidenziato che le due norme hanno un diverso ambito applicativo, pur riguardando entrambe solo la quota variabile del prelievo, e che richiedono un’apposita regolamentazione comunale ciascuna con le proprie specificità. Quindi, se l’utenza decide di uscire del tutto dal servizio pubblico, per almeno 5 anni, avviando i propri rifiuti urbani al recupero, beneficerà dell’eliminazione dell’intera quota variabile. Al contrario, se l’utenza rimane all’interno del servizio pubblico, può comunque destinare al riciclo singole frazioni di rifiuto direttamente o tramite soggetti autorizzati (come peraltro consente l’articolo 198, comma 2-bis, del Dlgs 152/2006), beneficiando dell’abbattimento proporzionale della quota variabile del prelievo.

La comunicazione di uscita dal servizio pubblico
Il ministero ha affrontato poi la questione della comunicazione della scelta di servirsi del gestore pubblico o di soggetti privati per l’avvio al recupero dei rifiuti urbani prodotti, che le utenze non domestiche sono tenute a presentare, a mente dell’articolo 30, comma 5, del Dl 41/2021, entro il 31 maggio di ogni anno. Va premesso che la norma appena citata non disciplina la decorrenza dell’opzione di scelta, facendo ritenere che la stessa operi dal momento della sua presentazione. Il ministero sul punto sembrerebbe operare una distinzione. Per il 2021, poiché il termine per approvare le tariffe della Tari e della tariffa corrispettiva è stato differito al 30 giugno 2021, vale a dire dopo la scadenza del 31 maggio, i Comuni potrebbero tenere conto degli effetti delle scelte operate dalle utenze in sede di determinazione delle tariffe. Per gli anni successivi, poiché il 31 maggio cade dopo la scadenza per approvare le tariffe (31 dicembre dell’anno precedente), i Comuni non potrebbero valutare gli effetti delle predette scelte sulla tari. Quindi per il ministero, seppure con formula dubitativa, la comunicazione dovrebbe essere presentata l’anno precedente a quello di decorrenza. Dubbio che il ministero sembra invece non aver avuto più avanti nel testo della nota, allorquando afferma perentoriamente che la comunicazione ha valenza dall’anno successivo. Soluzione di assoluto buon senso, anche se non esattamente riscontabile nella norma di legge. È altresì del tutto evidente che la decorrenza immediata della scelta nel 31 maggio avviene comunque con una tempistica non del tutto compatibile con il tempo occorrente per la corretta definizione delle tariffe Tari, da effettuarsi entro giugno.
Il ministero ha sciolto invece il dubbio ingenerato dalla formulazione del comma 10 dell’articolo 238 del Dlgs 152/2006 circa la validità del vincolo almeno quinquennale sia nel caso di scelta per il servizio pubblico o sia nell’opzione per quello privato, propendendo per la soluzione positiva. Fermo restando che il vincolo quinquennale nel caso di uscita dal servizio pubblico può essere derogato, con un rientro anticipato, qualora il gestore lo consenta. La nota non chiarisce però a questo punto quali sono gli effetti della mancata scelta degli utenti non domestici entro il prossimo 31 maggio. Si può considerare il silenzio come un’opzione tacita per il servizio pubblico con vincolo quinquennale, ovvero quest’ultimo vale solo nel caso di scelta esplicita? Nella prima ipotesi si depotenzierebbe, negli anni successivi al 2021, la problematica dell’impatto della scelta degli operatori sulla determinazione delle tariffe della tari, poiché il termine del 31 maggio riguarderebbero di fatto solo le nuove utenze (ovvero, per almeno 5 anni, il rientro del pubblico). Ma il problema resterebbe nel 2021, specie a fronte di un massiccio numero di uscite.

Il trattamento delle utenze industriali, artigianali e agricole
L’analisi condotta dal ministero sul trattamento delle utenze industriali, artigianali e agricole non è invece del tutto condivisibile.
Il ministero ha ritenuto che, stante l’esclusione delle attività industriali dall’elenco di cui all’allegato L-quinquies, contenente le attività che possono produrre rifiuti urbani, le superfici dove avviene la lavorazione industriale sono escluse dalla Tari, così come i magazzini di materie prime, merci e prodotti finiti, sia per la quota fissa che per quella variabile. Tuttavia, la previsione dell’articolo 184, comma 3, letera c), del Dlgs 152/2006, il quale ha definito speciali i rifiuti delle lavorazioni industriali se diversi dai rifiuti urbani, fa si che per le medesime utenze restino tassabili i locali quali uffici, mense, locali connessi, in cui si producono rifiuti urbani.
Nella nota è stato dimenticato, a parere di chi scrive, che l’esclusione dei locali di lavorazione industriale dalla Tari nasce anche dall’articolo 183, comma 1, lettera b-sexies), del Dlgs 152/2006, che espressamente ha eliminato dai rifiuti urbani quelli della produzione. Inoltre, appare eccessiva e non corrispondente alla norma l’esclusione dalla Tari anche di tutti i magazzini. Va infatti rammentato che il comma 649 dell’articolo 1 della legge 147/2013 ha stabilito che solo i rifiuti dei magazzini di materie prime e merci funzionalmente ed esclusivamente collegati ai reparti produttivi di rifiuti speciali sono anch’essi speciali (locali quindi esclusi dalla Tari) e non quelli di tutti i magazzini in genere. Il ministero ha esteso invece l’esclusione a tutti i magazzini, a prescindere dal collegamento con il reparto produttivo, a differenza di quanto specificato in una risposta del dipartimento delle Finanze in occasione dell’evento «telefisco 2021».
Per le attività artigianali il ministero ha ritenuto di poter estendere alle stesse le considerazioni svolte per i rifiuti delle attività industriali. Tuttavia ciò non appare corretto. In primo luogo, le attività artigianali sono incluse all’interno dell’allegato L-quinques delle attività che possono produrre rifiuti urbani, a differenza delle attività industriali con capannone di produzione che ne sono invece escluse. Volendo quindi evidenziare che i rifiuti delle attività artigianali, se rientranti nei codici di cui all’allegato L-quater, sono comunque urbani, a prescindere dai locali utilizzati dall’impresa artigiana dove gli stessi sono prodotti. Per quest’ultima, quindi, sembra più corretto assoggettare alla Tari tutte le superfici in cui si producono rifiuti simili per natura e composizione a quelli dell’allegato L-quater e non operare esclusioni tuot cour dei locali di lavorazione.
Per le attività agricole, agroindustriali, della pesca e connesse (ai sensi dell’articolo 2135 del codice civile), il ministero ha riconosciuto che i relativi rifiuti devono considerarsi speciali. Ciò in base alle previsione dell’articolo 184, comma 3, lettera a), del Dlgs 152/2006 e della lettera b-sexies) del comma 1 dell’articolo 183 della stessa norma, che ha escluso i rifiuti dell’agricoltura e della pesca da quelli urbani. Inoltre, sia l’allegato L-quater e sia l’allegato L-quinquies hanno precisato che sono esclusi i rifiuti delle attività agricole e connesse.
Tuttavia, dopo aver evidenzianto quanto sopra, che avrebbe comportato conseguentemente l’esclusione dalla Tari di tutti i locali utilizzati e la necessità per l’utenza di provvedere in modo autonomo alla gestione dei rifiuti speciali prodotti, il ministero ha ritenuto che le attività agricole che producono rifiuti simili per natura e tipologia di rifiuti prodotti a quelli delle attività elencate nell’allegato L-quinquies possano concordare a titolo volontario modalità di adesione al servizio pubblico di raccolta per le tipologie di rifiuti rientranti nell’allegato L-quater. Soluzione supportata, a detta del ministero, dalla specifica contenuta nell’allegato L-quinques in base alla quale le attività non elencate, ma a esse simili per loro natura e per tipologia dei rifiuti prodotti, si considerano comprese nel punto a cui sono analoghe. Non appare chiaro se il ministero volesse intendere che l’attività agricola produce comunque rifiuti speciali e che possa in ogni caso accordarsi con il gestore pubblico per conferire i rifiuti prodotti aventi le caratteristiche di quelli urbani, con convenzioni di stampo privatistico (quindi fuori Tari), ovvero se abbia ritenuto che alcuni rifiuti delle attività agricole siano urbani e quindi conferibili al servizio pubblico, con assoggettamento alla Tari. Anche se quest’ultima conclusione non appare in linea con le previsioni di legge che qualificano come speciali i rifiuti agricoli.

Il divieto di assimilazione quantitativa
La nota ha ribadito il divieto per i Comuni di introdurre limiti quantitativi ai rifiuti urbani conferibili, stante l’espressa abrogazione del potere di assimilazione operante dal 1° gennaio 2021. Tuttavia il fa opportunamente osservare che l’ente di governo d’ambito territoriale ottimale o il Comune devono disciplinare, ognuno per le proprie competenze, le modalità organizzative delle operazioni di raccolta, cernita e avvio al trattamento, a cui i produttori devono adeguarsi.
Senz’altro condivisibile invece la precisazione, peraltro già implicita nella legge, relativa all’obbligo per gli utenti non domestici che hanno visto modificarsi gli elementi incidenti sulla determinazione del tributo per effetto delle modifiche introdotte dal Dlgs 116/2020.
A fronte di quanto evidenziato nella nota commentata urge un intervento normativo che faccia definitiva chiarezza sulla portata delle nuove norme del Dlgs 116/2020 sulla Tari.

Fonte: Stefano Baldoni, Vice-presidente Anutel per NT+ Edilizia &Enti Locali

Confcommercio e Anci, per frenare la Tari servono nuovi impianti di gestione rifiuti: dove?

Se tenere pulita casa propria costa tempo, fatica e risorse, lo stesso vale per le nostre città: la tassa sui rifiuti che paghiamo (Tari) serve proprio a mantenere in piedi i servizi pubblici d’igiene urbana, ma i suoi costi sono spesso oggetto di frizione tra Comuni, imprese e cittadini, come mostra da ultimo la polemica innescata da ultimo tra Confcommercio e Anci.

La più grande rappresentanza d’impresa d’Italia – con 700mila imprese associate, dal turismo ai commercianti ai professionisti – punta il dito verso la Tari continua a crescere mentre le aziende chiudono sotto la pressione della pandemia e la produzione di rifiuti urbani è in calo per lo stesso motivo (stimano un -15% nel 2020, altre fonti si attestano al -10%). Secondo Confcommercio la Tari sarebbe cresciuta dell’80% dal 2010, mentre l’Associazione nazionale dei Comuni ribatte che – tenendo conto delle diverse formulazioni tariffarie che si sono succedute nel mentre – l’incremento si fermi al 25%.

Una differenza che la dice lunga sulla difficoltà di ricostruire un’informazione oggettiva nel merito, ma almeno entrambe le fonti si dicono d’accordo sull’ammontare complessivo della Tari (poco meno di 10 miliardi di euro l’anno) e su una strategia per limitarne l’incremento: accrescere la presenza di impianti di gestione rifiuti dove questi non sono ad oggi in grado di assicurare un servizio sostenibile (anche in termini di costi economici) e di prossimità.

«Occorre risolvere il problema della mancanza cronica di una dotazione impiantistica che – dichiara Pierpaolo Masciocchi, responsabile Ambiente e Utilities di Confcommercio – fa lievitare i costi dei piani finanziari dei Comuni e, quindi, delle tariffe per le utenze. La carenza di impianti costringe infatti ad inviare una parte considerevole di rifiuti nelle discariche o ad esportarli all’estero per il trattamento e l’incenerimento».

Una recente indagine Utilitalia ha effettivamente mostrato come, guardando solo agli urbani, il turismo rifiuti arrivi ormai a percorrere 49 milioni di km l’anno. Allargando lo sguardo a tutti i rifiuti speciali – gli urbani rappresentano appena il 18% di tutti gli scarti che produciamo, mentre  i rifiuti speciali assimilati si stima abbiano finora oscillato tra il 16% e la metà di tutti i rifiuti urbani – le distanze percorse prima di arrivare agli impianti arrivino a un quantitativo enorme: 1,2 miliardi di km percorsi ogni anno, senza contare le tratte fuori confine.

Anche i Comuni parlano di «un tema ineludibile per dare efficienza al sistema in tutte le aree del Paese, quello della diffusione degli impianti di trattamento e riciclo. Anci – dichiara il segretario generale Veronica Nicotra – ritiene che questo tema debba essere al centro anche  dell’azione regolatrice di Arera, oltre che essere oggetto di cospicui investimenti nell’abito del Pnrr», che peraltro finora sono molto scarsi.

Duole però osservare che troppo spesso sono proprio gli enti locali, insieme alle imprese rappresentate da Confcommercio, a portare avanti battaglie di retroguardia che impediscono la realizzazione di questi impianti. Se le sindromi Nimby in realtà sono soprattutto sindromi Nimto – non nel mio mandato elettorale, come mostra l’ultima indagine condotta dall’Osservatorio Nimby forum –, non si contano i casi in cui piccoli imprenditori ritengono che gli impianti di gestione rifiuti siano un ostacolo alla propria attività, al turismo, etc.

Senza portare allo scoperto e affrontare questi nodi, con un importante lavoro in termini di comunicazione e informazione di qualità – oltre che una buona dose di onestà intellettuale – sarà molto difficile pensare di poter affrontare gli altri emersi nel corso della diatriba Confcommercio-Anci.

Al contrario, pensare che i costi della Tari possano calare spontaneamente mentre i servizi d’igiene urbana crescono in complessità – come nel caso della raccolta differenziata – è una chimera che svia da un’interpretazione oggettiva del problema.

Confcommercio, ad esempio,  da una parte sembra sorpresa dopo aver verificato che nel 58% dei Comuni che hanno già  adottato il nuovo Metodo tariffario rifiuti (Mtr) Arera il costo della Tari sia cresciuto (in media del +3,8%), ma al contempo denuncia che finora la Tari sia dipesa «troppo dai piani finanziari del Comune di riferimento: molto spesso le amministrazioni comunali sforano i propri budget e per rientra e applicano aumenti alle tariffe locali compresa quella dei rifiuti».

Dietro ai due fenomeni pare evidente infatti un sistema di vasi comunicanti, nonostante la Tari dovrebbe rappresentare per legge una tassa per finanziare integralmente (e solo) i costi – di investimento e di esercizio – dei servizi di raccolta e smaltimento rifiuti, ad esclusione di quelli relativi ai rifiuti speciali.

Anche il recepimento delle ultime direttive Ue in materia di economia circolare, che ha eliminato per i Comuni la possibilità di decidere l’assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani, rischia di produrre effetti deleteri senza risposte pragmatiche in termini di dotazione impiantistica: si stimano 1,3 milioni di tonnellate l’anno di rifiuti urbani “in più” da gestire, ma senza impianti a crescere saranno solo tasse e polemiche.

Fonte: GreenReport

TARI 2021, caos sulle scadenze: dal MEF le istruzioni sul pagamento con PagoPA

TARI 2021, caos sulle scadenze, a causa dell’introduzione del pagamento della tassa rifiuti e della TEFA con il sistema PagoPA. È il MEF a fornire chiarimenti ed istruzioni, con il comunicato stampa dell’8 marzo. In caso di versamento in un’unica soluzione, il consiglio ai Comuni è di prorogare la scadenza al 1° luglio.

TARI 2021, dal MEF arrivano istruzioni sulle scadenze, alla luce delle nuove modalità di versamento previste per l’anno in corso.

Il Decreto Ministeriale del 21 ottobre 2020 ha definito le nuove modalità di versamento unificato della TARI e della TEFA, da effettuare mediante la piattaforma PagoPA. Una novità che, si legge nel comunicato stampa pubblicato dal Dipartimento delle Finanze l’8 marzo 2021, ha comportato la necessità di adeguare i sistemi di incasso di Comuni, Province e Città Metropolitano.

Un processo che non si è ancora concluso, e che porta alla necessità di rimodulare le scadenze per pagare la TARI 2021 ed il TEFA (tributo per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione e igiene dell’ambiente)

Il MEF consiglia, nel caso di versamento in un’unica rata, di prorogare la data del pagamento al 1° luglio.

TARI 2021, caos sulle scadenze: dal MEF le istruzioni sul pagamento con PagoPA

La nuova modalità di pagamento “multi-beneficiario”, introdotta alla luce del versamento unitario di TARI e TEFA per il 2021 con il sistema PagoPA, rischia di impattare sulle scadenze per il pagamento della tassa sui rifiuti.

Il Dipartimento delle Finanze fornisce le istruzioni a Comuni, Province e Città Metropolitane, al fine di evitare che l’adeguamento richiesto comporti ritardi o disservizi nei confronti dell’utenza.

Con il comunicato stampa dell’8 marzo 2021 vengono rese note alcune “prassi” per superare il caos dovuto ai ritardi nell’adeguamento dei sistemi di incasso.

Fermo restando che il consiglio agli Enti creditori è di consentire il versamento delle somme dovute dal 1° luglio 2021, vengono prospettate alcune soluzioni alternative.

In particolare:

  • in caso di pagamento rateizzato della TARI è possibile prevedere che il TEFA sia incluso nel pagamento dell’ultima rata, o comunque incluso in una rata in scadenza successivamente al 30 giugno. Questa soluzione potrebbe essere adottata anche a regime;
  • in caso di pagamento in unica soluzione della TARI, sarebbe opportuno posticipare la scadenza del pagamento complessivo a saldo successivamente al 30 giugno 2021 – avendo cura di evidenziare esplicitamente il termine da cui sarà possibile effettuare il pagamento;
  • nel caso in cui sia indispensabile emettere avvisi di pagamento TARI con scadenza in unica soluzione prima del 30 giugno 2021 è possibile emettere un avviso relativo ad un primo acconto (ad es. 80%) e un altro a saldo (con scadenza successiva al 30 giugno 2021), comprensivo dell’intero importo del TEFA.

Si tratta evidentemente di istruzioni non rivolte direttamente al cittadino, ma che inevitabilmente condizioneranno il rapporto tra contribuente ed Ente creditore. Alla luce delle indicazioni fornite dal Dipartimento delle Finanze, è necessario tener conto di eventuali modifiche al calendario delle scadenze TARI 2021 previste per il proprio Comune.

TARI 2021, adeguamento entro il 30 giugno per i Comuni: il caos di PagoPA

Non sono solo TARI e TEFA a dover fare i conti con il sistema di pagamento PagoPA.

Dal 1° marzo 2021 tutte le pubbliche amministrazioni sono obbligate a fornire tale modalità di versamento ai contribuenti.

Un obbligo che, però, è di fatto partito solo su carta. Secondo quanto riportato dal Sole24Oresolo il 37% degli enti, ad oggi, ha almeno un servizio attivo con PagoPA.

Fare i conti con il processo di digitalizzazione e “semplificazione” è evidentemente un ostacolo non solo per il contribuente, ma anche per gli Enti pubblici.

La vicenda della TARI è emblematica: il decreto MEF che ha importo la nuova modalità di versamento di tassa rifiuti e TEFA è datato 21 ottobre 2020, ma la strada per l’implementazione dei sistemi di incasso da parte degli Enti creditori è, a quanto pare, ancora in salita.

Rimodulare le scadenze per il versamento consentirà:

  • agli oltre 400 PSP aderenti a pagoPA, di adeguarsi al nuovo modello di pagamento con Ente multi-beneficiario e di offrire quindi al cittadino la piena multicanalità integrata;
  • ai Comuni di adeguare le proprie procedure informatiche, avendo il tempo necessario per procedere con test più accurati;
  • alle Province/Città Metropolitane di ricevere l’accredito del TEFA in un’unica soluzione, non frammentata e di adeguare le proprie procedure alle nuove modalità di riversamento e rendicontazione TARI-TEFA, con tempistiche meno stringenti;
  • ai Partner tecnologici di supportare adeguatamente gli Enti in questo processo di migrazione.

Agli Enti viene dato tempo fino al 30 giugno 2021 per sviluppare una soluzione o adottarne una fornita da un partner tecnologico. In caso contrario, entrerà in gioco PagoPA, con un proprio servizio che consentirà di generare avvisi di pagamento, postalizzarli e generare, su richiesta, avvisi di pagamento tramite l’App IO.

TARI: il MEF “boccia” il nuovo decreto rifiuti

Riferimenti a disposizioni ormai abrogatemancanza di coordinamento con la disciplina vigente in materia di tariffazione sui rifiuti, necessità di aggiornare i regolamenti comunali sulla Tari. In parole povere: un pasticcio. Questo devono aver pensato i tecnici del Ministero dell’Economia chiamati a rispondere ai dubbi sollevati dagli esperti e dai lettori del Sole 24 Ore al Telefisco 2021 in merito alle novità sulla Tari introdotte dal decreto legislativo 116/2020, che ha recepito la direttiva rifiuti contenuta nel pacchetto europeo di misure sull’economia circolare. Un autentico rompicapo, per gli esperti del MEF, soprattutto nei passaggi che dovrebbero disciplinare la possibilità, per le utenze non domestiche, di fuoriuscire dal servizio pubblico e di affidare i propri rifiuti urbani a un operatore privato, ottenendo la riduzione della quota variabile della Tari se si dimostra di averli avviati a recupero.

Il condizionale è d’obbligo visto che, scrivono i tecnici, le norme «non sono di semplice lettura» in quanto «non si coordinano con le disposizioni già vigenti in materia di Tari». E in effetti l’art. 3 comma 12 del dlgs 116 pur prevedendo che le aziende che avviano a recupero i propri rifiuti urbani tramite operatori privati per almeno cinque anni «sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti», quindi dalla parte variabile, fa però riferimento all’ormai abrogato articolo 238 del Testo unico ambientale, quindi alla disciplina della Tia2 (peraltro mai divenuta pienamente operativa) e non a quella della Tari. Quest’ultima invece, all’articolo 1 comma 649 della legge 147 del 2013, continua a prevedere che «nella determinazione della Tari, il comune disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati». Norma che fa esplicito riferimento al «riciclo» e non al «recupero», osservano al MEF, e che comunque andrebbe attualizzata, visto che «presenta ancora il riferimento ai rifiuti assimilati, categoria non più esistente». Insomma, da un lato le novità del 116, che però fanno riferimento ad un regime tariffario mai divenuto operativo, dall’altro la cara vecchia Tari. Dove sta la verità? Nel mezzo, dice il MEF, ritenendo che le due discipline «debbano essere contenute nel regolamento comunale, ciascuna secondo le proprie specificità, con la conseguente necessità di adeguare il regolamento stesso al nuovo quadro normativo».

Quindi, spiega il Ministero, fermo restando l’obbligo per le utenze non domestiche di corrispondere la quota fissa, che in ogni caso resta dovuta, «se un’utenza non domestica intende sottrarsi al pagamento dell’intera quota variabile, deve avviare al recupero i propri rifiuti urbani per almeno cinque anni, come stabilito dal comma 10 dell’articolo 238 del Tua. Se, invece, l’utenza non domestica vuole restare nel solco della previsione del comma 649 dell’articolo 1 della legge 147 del 2013, tenendo conto di quanto disciplinato dal regolamento comunale, la stessa può usufruire di una riduzione della quota variabile del tributo proporzionale alla quantità di rifiuti urbani che dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati, senza sottostare al vincolo di cinque anni fissato dal predetto comma 10». Un primo chiarimento, nell’attesa di indicazioni più precise da MEFMinistero dell’Ambiente e Arera sulle modalità e i tempi per la fuoriuscita delle utenze non domestiche dal servizio pubblico e, più in generale, sulle conseguenze dell’entrata in vigore della nuova classificazione dei rifiuti urbani.

Fonte: RiciclaNews

Tari 2020, l’allarme di ARERA sul calcolo: manca trasparenza in bolletta

Tari 2020, il presidente di ARERA Besseghini ha evidenziato la mancanza di trasparenza in bolletta: i consumatori non sanno quanto pagano e per cosa. La responsabilità è anche dei Comuni, che non vigilano sull’attività del Gestore dei rifiuti.

Tari 2020non c’è trasparenza nelle bollette: l’allarme arriva direttamente dal presidente di ARERA, Stefano Besseghini, che il 17 settembre ha consegnato a Governo e Parlamento la Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull’attività svolta.

Durante l’audizione a Montecitorio, Besseghini ha evidenziato come il problema sia insito nella natura della Tari: il direttore di Arera ha infatto provocatoriamente chiesto se si tratta di una tassa o di una tariffa.

Ad oggi infatti è impossibile capire quanto si paga e per cosa, visto che l’ente che si occupa della riscossione ha interesse a non rendere trasparente la bolletta e confondere ulteriormente i cittadini.

Tari 2020, tassa o tariffa? ARERA: più trasparenza in bolletta

La Tari è una tassa o una tariffa? La domanda è provocatoria, e a porla è stato il direttore di ARERA Stefano Besseghini durante l’audizione in Parlamento del 17 settembre 2020.

Nella relazione annuale sullo stato dei servizi e sull’attività svolta il presidente di ARERA ha evidenziato come la bolletta della Tari sia assolutamente priva di trasparenza.Relazione annuale 2019 ARERA – Stato dei serviziClicca qui per scaricare il file.

Spesso infatti nella bolletta non sono indicati i singoli componenti per cui si paga, e quindi è anche impossibile, per il cittadino, risalire a un eventuale illecito.

Ma soprattutto non è chiaro come si calcola l’imposta: ad oggi, nessuno calcola con esattezza quanti rifiuti produce la singola famiglia o impresa, perché quando le misurazioni avvengono (quando e se avvengono) sono in volume e non in peso.

TARI 2020, l’allarme di ARERA sul calcolo

L’allarme del presidente di ARERA riguarda quindi la mancanza di trasparenza nel calcolo, che non consente di individuare le utenze virtuose visto che i dati non sono precisi.

La responsabilità è anche dei Comuni, che dovrebbero vigilare l’operato del Gestore dei rifiuti, e invece spesso votano senza nemmeno aver letto i piani economico-finanziari.

Va definita quindi una volta per tutte la natura della Tari. Ha dichiarato il presidente Besseghini durante l’audizione in Parlamento:

“Dopo i primi pronunciamenti del Tar, che ha rigettato i ricorsi descrivendo i poteri regolatori dell’Autorità, è innegabile che sarebbe utile un definitivo approdo normativo e giurisprudenziale, sulla natura fiscale o tariffaria della Tar. […] se le attività di spazzamento e di raccolta dei rifiuti hanno potuto funzionare attraverso una riorganizzazione delle modalità operative, le attività di smaltimento e di riciclo hanno mostrato le difficoltà legate ad un settore fortemente interconnesso, con una carenza impiantistica conclamata e per il conferimento dei rifiuti dipendente da altri Paesi, non raggiungibili durante la fase di lockdown.”

Da un lato quindi è fondamentale identificare la natura della Tari, e dall’altro non si potrà evitare i costi da “ricaduta” in seguito al lockdown, visti gli interventi dell’Autorità per garantire il servizio anche ai consumatori in morosità.

Fonte: Money.it

Delibera Arera: contenuti e criticità. La nostra analisi

CONTENUTI E CRITICITA’

In data 7 maggio 2020, ARERA ha pubblicato sul proprio sito la delibera 158/2020/R/rif del 05 maggio 2020 recante “Adozione di misure urgenti a tutela delle utenze del servizio di gestione integrata dei rifiuti, anche differenziati, urbani ed assimilati, alla luce dell’emergenza da COVID-19”. Con tale delibera l’Autorità è intervenuta sulla materia dei corrispettivi applicabili alle utenze domestiche e non domestiche disciplinando le modalità per l’applicazione di riduzioni e agevolazioni tariffarie rivolte alle utenze maggiormente colpite dall’emergenza sanitaria e dai conseguenti provvedimenti nazionali e regionali.

Secondo la nota inviata ai vertici di ANCI nazionale dalla Conferenza dei presidenti delle ANCI Regionali, tale Delibera presenta una serie di criticità dal punto di vista operativo e, con molta probabilità, profili di illegittimità sul piano delle competenze e dei ruoli assegnati ai diversi soggetti coinvolti.

Nell nota si sostiene inoltre, con argomenti molto convincenti, che la delibera 158/2020 pregiudica di fatto l’applicazione da parte degli enti locali del disposto dell’art. 107, comma 5 del cd. Dl. Cura Italia (decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27), ovvero la possibilità per i Comuni, in deroga all’articolo 1, commi 654 e 683, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, di approvare le tariffe della TARI e della tariffa corrispettiva adottate per l’anno 2019, anche per l’anno 2020, provvedendo entro il 31 dicembre 2020 alla determinazione ed approvazione del piano economico finanziario del servizio rifiuti (PEF) per il 2020.

Contenuti e criticità della Delibera

Al di là dei possibili profili di illegittimità della Delibera ARERA 158/2020, uno dei nodi principali della questione è senza dubbio quello della copertura degli oneri connessi alle misure indicate da ARERA. I costi che i Comuni sono tenuti a riconoscere ai soggetti affidatari del servizio di gestione rifiuti urbani e assimilati, risultano infatti, nel loro complesso, sostanzialmente invariati, o con riduzioni non particolarmente significative. A fronte della minor produzione di rifiuti e dei servizi erogati alle utenze non domestiche (attività commerciali/produttive), si è assistito in genere ad un incremento della produzione di rifiuti da parte delle utenze domestiche costrette a casa e all’insorgenza di costi “straordinari” legati all’attivazione di circuiti di raccolta dedicati per le utenze in quarantena, all’incremento dei livelli di sicurezza degli operatori e della frequenza di sanificazione di mezzi e attrezzature. Questo almeno è quello che emerge dall’osservazione di un campione costituito da oltre un milione di abitanti serviti di 46 Comuni (tra cui Comuni di grandi dimensione come Fiumicino e Capoluoghi di Provincia come Siracusa e Ragusa)  del nord, centro e sud Italia in cui ESPER svolge le funzioni di Direzione di esecuzione del contratto (DEC) e nei territori nei quali ESPER lavora fianco a fianco con la pubblica amministrazione e le società in-house di gestione dei rifiuti (circa 440.000 ab. serviti da 5 aziende pubbliche in house che servono 73 Comuni).

Tornando alla delibera ARERA, ai fini della copertura degli oneri connessi alle misure di tutela per le utenze non domestiche e per quelle domestiche in condizioni di disagio, si fa riferimento (nei “ritenuto”) a un generico rinvio a successivo provvedimento  Come garantire quindi l’ottemperanza da parte degli enti locali all’obbligo di copertura integrale dei costi del servizio, definito dall’articolo 1, comma 654, della legge 147/2013?

Un secondo nodo, particolarmente rilevante è quello del perimetro di applicazione e dell’entità delle riduzioni applicabili dai Comuni. Quanto al perimetro di applicazione, la Delibera non contempla infatti la possibilità per i Comuni di prevedere riduzioni tariffarie per le imprese  che, pur rimanendo aperte (si pensi in particolare alle attività rivolte al pubblico quali strutture ricettive e pubblici esercizi), hanno registrato (e registreranno nel prossimo futuro) una forte riduzione dell’attività (e di conseguenza della produzione di rifiuti) determinata dalla necessità di far rispettare le misure di sicurezza (es. distanze obbligatorie, ingressi contingentati) e dall’applicazione delle misure restrittive in materia di spostamenti sull’intera popolazione durante la “Fase 1”. Quanto all’entità delle riduzioni riconoscibili alle utenze non domestiche chiuse o sospese per obbligo o per scelta,, la Delibera limita  inoltre gli interventi di riduzione applicabili alla sola parte variabile della tariffa senza tener conto che la ripartizione dei costi del servizio rifiuti tra quota fissa e quota variabile presenta forti difformità nei diversi territori.

In entrambi i casi, dal punto di vista strettamente economico, la possibilità per la maggioranza dei Comuni di garantire riduzioni adeguate all’entità della crisi dipende dalla messa disposizione di risorse altrettanto adeguate da parte dello Stato.

Nel seguito, in sintonia con quanto già evidenziato nel citato documento della Conferenza dei presidenti delle ANCI Regionali, vengono evidenziate ulteriori criticità contenute nella Delibera con riferimento alle disposizioni relative alle utenze non domestiche ed alle utenze domestiche.

Riduzioni per le utenze non domestiche (UND)

Ai fini della determinazione delle riduzioni applicabili alle utenze NON domestiche, le attività economiche sono suddivise in quattro differenti grupppi:

  1. Attività risultanti sottoposte a sospensione e già riaperte;
  2. Attività risultanti sottoposte a sospensione e non ancora riaperte;
  3. Attività che potrebbero risultare sospese, parzialmente o completamente;
  4. Attività che non sono state obbligate a chiudere ma che che hanno sospeso temporaneamente la propria attività anche su base volontaria.

Per la prima categoria, Arera ha stabilito che dovrà essere obbligatoriamente applicata una riduzione della parte variabile della tariffa proporzionata al periodo di chiusura. L’art. 1, al comma 1.2 riporta la formula da applicare, con riferimento ai coefficienti kd di produzione specifica minimi e massimi del Dpr 158/1999. Non è chiaro se il riferimento ai kd di legge, invece che a quelli deliberati dai Comuni nel 2019, sia un errore (i Comuni hanno infatti per legge la facoltà di discostarsi dai kd minimi o massimi indicati dal Dpr 158/1999 del 50% in più o in meno) oppure sia da considerarsi come una scelta voluta, tesa a impedire la sopra citata facoltà dei Comuni di adottare per il 2020 le tariffe del 2019. La modifica dei kd minimi e massimi di una sola categoria di contribuenza nell’ambito del metodo normalizzato di cui al Dpr 158/1999 determina infatti un effetto domino su tutti gli altri kd, causando di fatto la modifica delle tariffe applicate a tutte le altre categorie. In questo caso, non sarebbe quindi possibile confermare per il 2020 le stesse tariffe del 2019 e  sarebbe necessario provvedere all’approvazione del PEF 2020 secondo le nuove regole dell’MTR ARERA introdotto con la Delibera 443/2019.

Per la seconda categoria, ARERA dispone una riduzione della parte variabile della tariffa del 25% obbligando i Comuni ad applicare un fattore di correzione a riduzione dei valori dei rispettivi kd minimi e massimi del Dpr 158/1999 pari al 25%. Ferme restando le considerazioni di cui al punto precedente, dal punto di vista applicativo, la modifica dei kd in relazione a specifici codici ATECO si presenta di difficile applicazione (specie nei tempi previsti per l’approvazione delle tariffe), considerato che, nelle banche dati comunali, le utenze non domestiche sono raggruppate sulle base delle categorie previste dal Dpr n. 158/1999 e l’informazione relativa ai codici Ateco non è normalmente presente. Ad ulteriore complicazione, è stato rilevato che non cesiste alcuna certezza che i codici Ateco per i quali era prevista la chiusura siano stati effettivamente chiusi, considerato che in molti casi è stato possibile ottenere una legittima deroga da parte delle Prefetture competenti. In ogni caso, anche nel caso in cui fosse possibile risalire in maniera puntuale alle imprese effettivamente oggetto di provvedimenti di chiusura, sarebbe comunque necessaria una modifica degli applicativi utilizzati dai Comuni per l’articolazione tariffaria (o dai gestori nel caso di tariffa corrispettiva) in tempo utile per garantire, entro i termini previsti dalla legge, l’espletamento di tutti passaggi formali previsti dai regolamenti comunali fino all’approvazione delle tariffe.

Per la terza categoria, l’Autorità pone in carico all’Ente territorialmente competente (l’EGATO ove costituito ed operativo, oppure il Comune in caso contrario) il compito di individuare i giorni di chiusura delle diverse attività (senza considerare però debitamente che tale precisa individuazione è assai difficile ed a volte praticamente impossibile da parte degli enti locali) sulla base dei quali applicare il fattore di correzione alla quota variabile della tariffa secondo i criteri già illustrati.

Per la quarta categoria, è l’EGATO dove costituito ed operativo (e non il Comune !) il solo soggetto che può (ndr. non deve) riconoscere riduzioni tariffarie, ove sia documentabile la riduzione della produzione dei rifiuti a seguito di sospensione temporanea, anche su base volontaria, dell’attività. Le riduzioni devono essere commisurate ai minori quantitativi di rifiuti prodotti e richieste espressamente dall’utente non domestico il quale è tenuto ad attestare (e documentare) ai sensi del d.P.R. 445/00, l’effettiva riduzione dei quantitativi di rifiuti prodotti a seguito di sospensione temporanea dell’attività per l’emergenza legata al diffondersi del virus COVID-19. Non rientrano in questa categoria le attività che sono rimaste aperte ma che hanno comunque ridotto la produzione di rifiuti contestualmente alla riduzione del fatturato. Tale tipologia di attività, come già evidenziato, sono completamente escluse dalla possibilità di accedere alle riduzioni contemplate dall’Autorità.

Nel caso in cui siano in vigore sistemi di tariffazione puntuale, oppure nel caso in cui ne sia stata prevista l’introduzione a partire dal 2020, il comma 1.5 della Delibera dispone inoltre che il gestore dell’attività di gestione tariffe e rapporti con gli utenti provveda a “porre pari a zero la quota variabile della tariffa per il periodo di sospensione delle attività”. Tale formulazione appare errata, considerato che, in regime di corrispettivo, per l’applicazione di riduzioni sulla parte variabile della tariffa nel caso in questione, occorre riparametrare gli svuotamenti minimi (quasi sempre presenti) tenendo conto del periodo di chiusura.

Riduzioni per le utenze domestiche (UD)

La logica seguita per la definizione dei criteri per l’applicazione di riduzioni/agevolazioni per le utenze domestiche è diversa da quella seguita nel caso delle utenze non domestiche. Si tratta infatti di agevolazioni per utenze in condizioni di disagio economico, non commisurate alla minor produzione di rifiuti, ma legate a considerazioni di carattere sociale. Si noti che l’art. 57-bis del decreto fiscale collegato alla Legge di bilancio 2020 (Dl n° 124 del 26 ott. 2019) aveva già previsto l’introduzione di un “Bonus sociale rifiuti”, analogamente a quanto accade per gli altri settori regolati (energia, gas, acqua), rimandando l’applicazione alla definizione da parte di ARERA delle modalità applicative sulla base dei principi e dei criteri generali definiti, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto 124/2919, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Si tratta quindi, di fatto, di una “anticipazione” del cd. Bonus sociale rifiuti che può essere riconosciuta ed erogata dal gestore dell’attività di gestione tariffe e rapporti con gli utenti e che, nel caso, deve essere quantificata dall’Ente territorialmente competente in accordo con l’Ente locale. Diversamente da quanto previsto all’art. 1 comma 660 della Legge 147/2013, tale agevolazione, secondo la Delibera ARERA, può essere “spalmata” in tariffa ponendola a carico dell’intera platea degli altri contribuenti, senza dover far ricorso alla fiscalità generale del Comune. Come già evidenziato, tale soluzione, comporterebbe un aumento delle tariffe applicate alle altre utenze e l’impossibilità di confermare le tariffe 2019.

Conclusioni

Si ritiene che l’intervento dell’Autorità, anche se risulta chiaramente ispirato dall’ottimo proposito di tutelare gli utenti (domestici e non domestici) nel rispetto del principio “chi inquina paga” e di garantire condizioni omogenee sul territorio nazionale per l’applicazione di riduzioni e agevolazioni tariffarie in relazione alla pandemia da coronavirus, non appare al momento in grado di garantire il reale perseguimento dei suddetti condivisibili obiettivi strategici, determinando invece al momento una situazione di stallo che, ci auguriamo, sarà risolta nel più breve tempo possibile grazie ad un intervento urgente del legislatore nazionale.

ESPER terrà monitorata l’evoluzione del quadro di riferimento e le eventuali iniziative che saranno prese nei prossimi giorni da ANCI e/o dagli altri soggetti in campo e, come concordato con l’Associazione Comuni virtuosi, continuerà ad aggiornare le FAQ predisposte in supporto ai Comuni Italiani nel sito https://esper.it/faq-adempimenti-in-materia-tariffaria-alla-luce-delle-recenti-disposizioni-arera-e-delle-recenti-novita-normative-per-fronteggiare-lemergenza-sanitaria/.

APPENDICE 1 – SCADENZE

Alla luce delle recenti novità introdotte dal c.d. Dl Cura Italia (decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27), dal Dl 26 ottobre 2019, n.124 (c.d. Dl fiscale) e dalle disposizioni ARERA di cui alla Deliberazione 59/2020/R/COM del 12 Marzo 2020, dal Comunicato del 17/03/2020 ed alla Determinazione n° 13/DAGR/2020, si riportano nella tabella seguente le principali scadenze aggiornate al 12-5-2020 in materia tariffaria.

Termine per la determinazione del PEF e delle tariffe della Tari e della Tari corrispettivo

Il Dl “Cura Italia” all’art. 107 comma 4 dispone il differimento del termine per la determinazione delle tariffe della Tari e della Tari corrispettivo, attualmente previsto dall’articolo 1, comma 683-bis, della legge 27 dicembre 2013, n.147, al 30 giugno 2020. Allo stesso tempo, al successivo comma 5, dispone che “I comuni possono, in deroga all’articolo 1, commi 654 e 683, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, approvare le tariffe della TARI e della tariffa corrispettiva adottate per l’anno 2019, anche per l’anno 2020, provvedendo entro il 31 dicembre 2020 alla determinazione ed approvazione del piano economico finanziario del servizio rifiuti (PEF) per il 2020”. L’eventuale conguaglio tra i costi risultanti dal PEF per il 2020 ed i costi determinati per l’anno 2019 potrà essere ripartito in tre anni, a decorrere dal 2021.

NB. Il cd. DL Rilancio, nella bozza del 10 maggio 2020, uniforma i termini per l’approvazione degli atti deliberativi in materia di TARI (e IMU) al termine del 31 luglio 2020 concernente il bilancio di previsione e dispone l’abrogazione dell’art. 107 comma 4 del Dl Cura Italia e dell’art. 1, comma 683-bis,della Legge 147/2013.

Termine per l’approvazione del Regolamento per la disciplina della tassa/tariffa sui rifiuti

Al momento, il termine rimane “formalmente” fissato al 30 aprile 2020. Il Dl Cura Italia non ha previsto infatti nessuna proroga per l’approvazione dei regolamenti per la disciplina della tassa/tariffa sui rifiuti. Sono stati prorogati (al 31 giugno, con ulteriore spostamento al 31 luglio secondo quanto indicato nella Bozza del cd. “Dl Rilancio”) solo i termini per l’approvazione delle tariffe. Si ritiene si tratti di un refuso del legislatore.

Termine per l’approvazione del bilancio di previsione 2020 e del rendiconto di gestione dell’anno 2019

La legge 24 aprile 2020, n. 27 di conversione del cd. Dl Cura Italia, dispone il differimento del termine per l’approvazione dei bilanci di previsione 2020 al 31 luglio 2020ed il termine per l’approvazione del rendiconto di gestione dell’anno 2019 al 30 giugno 2020.

Termine per gli obblighi in materia di trasparenza di cui all’Allegato A alla delibera n. 444 del 31 ottobre 2019 (TITR)

La Deliberazione ARERA 59/2020/R/COM del 12 marzo 2020 ha spostato il termine dal 1 aprile 2020 al 1 luglio 2020. Per le gestioni sotto i 5.000 abitanti e per i Comuni che svolgono i servizi in economia con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, gli obblighi sulla trasparenza decorreranno dal 1° gennaio 2021.

Termine entro il quale i gestori del servizio rifiuti devono inviare le informazioni rilevanti di loro pertinenza ai Comuni o ad altri soggetti gestori delle attività di tariffazione e rapporti con gli utenti

La Deliberazione ARERA 59/2020/R/COM del 12 Marzo 2020 differisce dal 30 aprile 2020 al 31 luglio 2020 il termine entro il quale i gestori del servizio rifiuti devono inviare le informazioni rilevanti di loro pertinenza ai Comuni o ad altri soggetti gestori delle attività di tariffazione e rapporti con gli utenti (cfr. all’articolo 11, punto 11.1 dell’Allegato A alla delibera n. 444 del 2019 – TITR). Tali informazioni riguardano:

  • i contenuti informativi minimi da inserire in sezioni apposite dei siti internet di ciascun gestore (art. 3,
  • punto 3.1 del “TITR”);
  • le informazioni generali da inserire nei documenti di riscossione (art.5, punto 5.1, del “TITR”);
  • le informazioni sugli importi addebitati all’utenza e sul calcolo della tariffa (art. 6, punto 6.1, del
  • “TITR”);
  • le informazioni sulle modalità di pagamento nei documenti di riscossione (art. 7, punto 7.1, del “TITR”);
  • le informazioni sul servizio e i risultati ambientali nei documenti di riscossione (art. 8, punti 8.1 e 8.2, del “TITR”).

La trasmissione è necessaria in quanto il gestore della tariffazione e rapporti con l’utenza deve fornire, tramite il proprio sito, anche i contenuti informativi minimi dei soggetti che erogano i servizi di raccolta, trasporto, smaltimento e spazzamento. Per una migliore comprensione degli elementi informativi minimi di competenza di ciascun soggetto gestore, si consiglia la lettura delle slide del webinar Ifel del 27 febbraio 2020.

Termine per l’invio dei dati sulla “Qualità del servizio di gestione tariffe e rapporti con gli utenti” e “Qualità del servizio integrato di gestione dei rifiuti urbani”

Il termine risulta scaduto il 30 aprile 2020. Con Comunicato del 26 marzo 2020 ARERA aveva ulteriormente differito dal 3 aprile 2020 (cfr. Comunicato ARERA del 17/03/2020) al 30 aprile 2020 la chiusura delle raccolte dati “Qualità del servizio integrato di gestione dei rifiuti urbani” e “Qualità del servizio di gestione tariffe e rapporti con gli utenti“, avviate, rispettivamente, con le determinazioni 10 ottobre 2019, 3/DRIF/2019, e 18 dicembre 2019, 4/DRIF/2019.

Termine per la compilazione e l’invio dei questionari sulla rilevazione dei fabbisogni standard di cui all’art. 5, comma 1, lettera c) del d.lgs 26 novembre 2010, n. 216

L’art. 110 (Rinvio questionari Sose) del Dl Cura Italia fissa a 180 giorni dal loro ricevimento la scadenza per la compilazione e l’invio dei questionari sulla rilevazione dei fabbisogni standard di cui all’art. 5, comma 1, lettera c) del d.lgs 26 novembre 2010, n. 216. (In precedenza la scadenza era fissata a 60 giorni dal ricevimento). Pertanto, i termini per la compilazione dei questionari sono:

  • 27 maggio 2020 per FC50U – Comuni, Unioni e Comunità montane delle RSO e per Comuni e Unioni della Regione Sicilia
  • 31 agosto per FP20U – Province e Città Metropolitane