Molti comuni siciliani hanno espresso preoccupazione per la gestione dei rifiuti tessili, che sta diventando un problema serio. Quantità notevoli di abiti usati, scarpe e tessuti si accumulano senza un adeguato smaltimento.
Secondo l’ANCI Sicilia, la mancanza di impianti specifici e la sospensione di alcuni servizi hanno trasformato un potenziale sistema di recupero in un’emergenza ambientale. Il presidente Paolo Amenta e il segretario generale Mario Emanuele Alvano hanno sollecitato l’assessore regionale all’Energia, Francesco Colianni, a convocare un tavolo tecnico per identificare soluzioni concrete e praticabili. Il rischio è che l’impossibilità di smaltire i materiali porti i comuni ad accumuli incontrollati, con conseguenti problemi igienico-sanitari e impatti negativi sui servizi di igiene urbana.
La situazione siciliana è parte di un problema nazionale più ampio. In Italia, i dati del sistema consortile Erion mostrano che la raccolta differenziata dei rifiuti tessili ammonta a poco più di 160.000 tonnellate all’anno, circa 2,7 kg per abitante. Questa cifra è minima rispetto ai circa 23 kg di prodotti tessili immessi sul mercato annualmente per persona, il che significa che la maggior parte finisce nei rifiuti indifferenziati o non viene intercettata affatto. È un’opportunità sprecata sia per l’ambiente che per l’economia circolare. Il recupero e il riciclo hanno un elevato potenziale: molte fibre tessili, se separate correttamente, possono essere rigenerate e riutilizzate per nuovi capi o nell’industria dell’arredamento, ma sono essenziali infrastrutture dedicate e mercati stabili.
Il Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea ha evidenziato che la filiera del riciclo tessile è ancora frammentata e debole in gran parte del Sud Europa. In Sicilia, le difficoltà sono aggravate dall’assenza di piattaforme di selezione operative, dalla mancanza di un sistema logistico integrato e dai costi elevati di trasporto verso gli impianti del Nord. Molti comuni, specialmente quelli più piccoli, non hanno risorse finanziarie o tecniche per assicurare una raccolta differenziata dei tessili e spesso questa frazione di rifiuto è esclusa dai contratti di servizio o sospesa quando i consorzi non riescono a trovare sbocchi per lo smaltimento.
Il problema non è solo burocratico, ma riguarda anche la sostenibilità ambientale e sociale del territorio. Quando i tessili finiscono nei cassonetti dell’indifferenziato, si perdono risorse preziose e aumenta la quantità di rifiuti da smaltire in discarica o negli impianti di trattamento meccanico-biologico, con costi aggiuntivi e un maggiore impatto ambientale. In alcune aree, l’accumulo di sacchi di abiti usati abbandonati vicino ai centri di raccolta o lungo le strade ha portato a degrado urbano e rischi per la salute.
Questa emergenza mette in evidenza una contraddizione: l’Unione Europea e lo Stato italiano chiedono ai comuni di organizzare la raccolta differenziata dei tessili entro il 2025, ma mancano i mezzi pratici per farlo. La Sicilia, come altre regioni del Sud, si trova in una situazione difficile, divisa tra l’obbligo legale e la mancanza di infrastrutture adeguate.
Per risolvere questa situazione, serve un’azione coordinata. L’ANCI Sicilia suggerisce di creare piattaforme regionali per il trattamento dei rifiuti tessili, di fornire incentivi ai comuni che attivano la raccolta e di stringere accordi con operatori specializzati del settore a livello nazionale. La sensibilizzazione dei cittadini è altrettanto importante: non tutti sanno che solo i capi puliti e asciutti possono essere messi nei contenitori appositi e che anche i tessuti strappati o rovinati possono essere recuperati se inseriti nel circuito corretto.
L’emergenza che sta vivendo la Sicilia è un segnale di una transizione incompleta verso un sistema di gestione dei rifiuti circolare. Tuttavia, come spesso accade, le crisi possono portare a nuove opportunità. Se la Regione e i comuni riusciranno a trasformare la gestione dei tessili in un sistema stabile, capace di generare valore e posti di lavoro sul territorio, la Sicilia potrebbe diventare un modello di innovazione ambientale e sociale. Anche un abito smesso, se gestito in modo corretto, può essere l’inizio di una nuova economia.