Il 2016 per la Basilicata è cominciato con l’emergenza rifiuti. Con le discariche sature, un decreto regionale obbliga tutti i comuni ad inviare la loro spazzatura presso l’inceneritore di Melfi (ad altissimi costi). Policoro (e le sue casse comunali) però è l’unico comune non toccato dal decreto grazie ad una differenziata porta a porta con risultati al 70%
La Basilicata sta vivendo un periodo di turbolenza per quanto riguarda la gestione e lo smaltimento dei rifiuti. Con la chiusura dell’unica discarica ancora in attività “La Recisa” a Pisticci (Mt), e il conseguente dirottamento dei rifiuti “tal quale” verso l’inceneritore di Melfi (Pz), la gestione e lo smaltimento cominciano a creare qualche problema, sopratutto se si considera che la Basilicata è l’unica regione dove non esistono impianti di compostaggio.
A leggere l’interpellanza parlamentare al ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti del deputato lucano Latronico la situazione sembra davvero al collasso. Scrive il parlamentare: “Lo scorso 14 gennaio la Regione Basilicata per fronteggiare l’emergenza rifiuti ha decretato l’obbligo di conferimento di rifiuti urbani “talquale” di tutti i Comuni della provincia di Matera, ad esclusione di Matera e Policoro, presso l’inceneritore Fenice-Edf-Rendina di San Nicola di Melfi. Per alcuni Comuni il trasporto dei rifiuti all’impianto di San Nicola di Melfi si stima intorno a 400 chilometri fra andata e ritorno e questo comporterà enormi disagi causati dal traffico generato dai camion che attraversano mezza regione, l’aumento delle quantità di emissioni di diossine dai camini dell’inceneritore causato dalla combustione dei rifiuti “talquale” e maggiori costi che graveranno sui comuni e sui i cittadini della provincia di Matera”. Considerato che “in questi giorni il sistema impiantistico materano è andato in tilt perché la saturazione dei siti di smaltimento di Potenza e dell’entroterra aveva fatto trasferire i flussi proprio verso la provincia di Matera, saturando anche questi”.
Basilicata, tra “emergenza rifiuti” e il parodosso di Policoro (Mt) Anche Legambiente ha segnalato la situazione e, in un comunicato stampa, ha ribadito il suo punto di vista nella gestione dei rifiuti lucani: “Basta interventi tampone per fermare l’emergenza. Occorre al più presto una pianificazione del sistema rifiuti regionale seria, condivisa e moderna, che permetta finalmente alla Basilicata di uscire da una classifica nazionale che la vede fanalino di coda. Ben venga – continua Legambiente -la realizzazione di impianti di compostaggio, purché non siano sovradimensionati come nel caso di uno dei tre impianti previsti, progettato per il trattamento di rifiuti organici per una quantità pari al doppio di quella prodotta sull’intero territorio regionale. A nulla invece servono impianti che pretrattano la frazione organica al solo fine di trasferirla in altri impianti per il recupero energetico, come è il caso sempre di un secondo impianto del Vulture Melfese, a cui siamo nettamente contrari”.
In tutto questo marasma, anche in Basilicata ci sono delle isole felici che nel tempo, grazie al loro impegno e a una gestione seria dei rifiuti, non vengono interessate più di tanto dall’emergenza regionale. Esempi virtuosi che posso insegnare molto a tutta la regione. Un esempio è quello della cittadina di Policoro (Mt) che non è stata inserita nel decreto regionale che imponeva l’incenerimento dei rifiuti, semplicemente perché differenzia con la raccolta porta a porta mono-materiale i propri rifiuti e produce un indifferenziato privo di rifiuto organico
Basilicata, tra “emergenza rifiuti” e il parodosso di Policoro (Mt) Da una intervista rilasciata a La Gazzetta del Mezzogiorno, il sindaco Leone spiega il “Modello Policoro”: Quando la mia amministrazione si è insediata eravamo al 12% di differenziata, ora siamo al 70%. Abbiamo eliminato la discarica. Il rifiuto indifferenziato lo inviamo a Ferrandina presso un azienda che lo trasforma in ecoballe. Paghiamo 160 euro a tonnellata anziché 180 euro (costo conferimento in discarica, ndr)”.
“L’umido invece lo raccogliamo a parte e lo portiamo a Ginosa (in Puglia), dato che in Basilicata non c’è un centro per la trasformazione in compost. Se in discarica ci costava 180 euro a tonnellata, il compostaggio in Puglia ci costa 100. In campagna, poi, abbiamo ridotto la tassa del 33% per chi non consegna l’umido. I coltivatori si fanno il compost da se. Carta, cartone, plastica, li portiamo al Conai di Altamura, recuperando un po’ di soldi. Come per il vetro che conferiamo al consorzio Corepo di Trani. Ci fossero centri raccolta in regione risparmieremmo sui trasporti. Purtroppo, manca da noi un piano per il conferimento dei rifiuti differenziati. I metalli, ma sono poca roba, li mandiamo ad un centro di Ferrandina compensando lo smaltimento di rifiuti ingombranti e carcasse di elettrodomestici”.
Insomma a Policoro hanno davvero capito come si fa.
Fonte: Luigi Vendola per Eco dalle Città