Acqua minerale, lo scandalo francese che travolge Nestlé e interroga l’Europa

In Francia è scoppiato uno scandalo che potrebbe cambiare radicalmente la percezione dell’acqua minerale imbottigliata. Al centro della questione c’è uno dei giganti del settore, Nestlé Waters, noto per marchi famosi come Perrier, Vittel, Contrex e Hépar. Le accuse sono gravi: per anni, l’azienda avrebbe trattato illegalmente l’acqua destinata al consumo, continuando a venderla come “minerale naturale” e violando sistematicamente le normative europee. Ancora più preoccupante, ci sono sospetti che il governo francese fosse a conoscenza di queste pratiche, le abbia taciute e in parte protette, contribuendo a mantenere un sistema poco trasparente e fuorviante per i consumatori.

L’indagine è stata avviata da una commissione del Senato francese, che ha reso pubbliche prove e testimonianze riguardanti i trattamenti di purificazione applicati da Nestlé alle sue acque minerali: l’uso di filtri a carbone attivo, raggi UV e additivi per la stabilizzazione microbiologica. Queste pratiche sono esplicitamente vietate dalla direttiva europea che regola l’acqua minerale naturale, secondo cui il prodotto deve essere imbottigliato alla fonte senza subire alterazioni chimico-fisiche. Il senso di questa normativa è chiaro: l’acqua minerale si distingue da quella potabile proprio per la sua purezza originaria, che ne rappresenta il valore aggiunto e giustifica il prezzo più elevato.

Tuttavia, da quanto emerso, sembra che Nestlé abbia eluso queste regole per anni. Non si tratterebbe di episodi isolati, ma di una strategia sistematica. Le fonti utilizzate per i marchi più noti sarebbero state soggette a forme di inquinamento microbiologico – in alcuni casi di origine fecale – che hanno reso necessarie operazioni di disinfezione. In almeno un caso documentato, Nestlé ha dovuto distruggere oltre due milioni di bottiglie di Perrier a causa di una contaminazione. Le stesse fonti risultano contaminate da PFAS, sostanze perfluoroalchiliche note per la loro persistenza nell’ambiente e nella salute umana.

Di fronte a queste violazioni, ci si sarebbe aspettati un intervento deciso da parte delle autorità. Eppure, come evidenziato nel rapporto del Senato e nelle inchieste di testate come Le Monde ed Euronews, è successo esattamente il contrario. Il Ministero della Salute francese e altri enti governativi erano a conoscenza delle irregolarità fin dal 2021, ma hanno scelto di mantenere tutto sotto silenzio. Anzi, pare che alcuni documenti ufficiali siano stati modificati o addirittura ritirati per non mettere in difficoltà Nestlé. L’inchiesta rivela anche che ci sono stati contatti frequenti tra alti funzionari dell’Eliseo e i dirigenti dell’azienda, creando un quadro che sembra sempre più un conflitto di interessi istituzionalizzato.

Solo nel 2023, Nestlé ha finalmente ammesso pubblicamente l’uso dei trattamenti, pagando una multa di 2 milioni di euro per chiudere la questione con le autorità sanitarie. Nel frattempo, associazioni come Foodwatch hanno presentato denunce per frode e inganno al consumatore, e la procura di Parigi ha avviato un fascicolo penale. Gli sviluppi legali sono ancora in corso, ma l’opinione pubblica è già in subbuglio.

Questo scandalo francese non riguarda solo la legalità delle pratiche industriali, ma anche la fiducia dei cittadini in un settore che ha fatto del concetto di “purezza” il suo principale messaggio pubblicitario. Le campagne promozionali dei marchi di acqua in bottiglia hanno per anni spinto un’idea di salute e qualità, spesso contrapposta all’acqua del rubinetto, descritta come inferiore, rischiosa o meno gradevole. In realtà, in molti casi, l’acqua potabile fornita dagli acquedotti urbani è sottoposta a controlli più rigorosi e frequenti rispetto a quella in bottiglia, oltre a essere più sostenibile per l’ambiente e decisamente meno costosa.

Il caso francese ha ripercussioni anche in Italia, che è uno dei principali consumatori di acqua in bottiglia in Europa, con una media pro capite che supera i 200 litri all’anno. Nel nostro Paese ci sono decine di marchi, molti dei quali fanno parte di grandi multinazionali, e la pubblicità continua a spingere per l’acquisto di acque “pure” e “naturali”. Tuttavia, analisi indipendenti – come quelle di Altroconsumo e Il Fatto Alimentare – mettono in discussione questa narrazione, rivelando spesso la presenza di microplastiche, mancanze informative sulle etichette o livelli di nitrati che non possono essere trascurati.

Il caso di Nestlé, quindi, va oltre una semplice questione industriale o legale: è un campanello d’allarme su come comunichiamo, regoliamo e consumiamo una risorsa vitale come l’acqua. È giunto il momento di rimettere al centro il diritto dei cittadini a essere informati in modo corretto e di richiedere controlli rigorosi, indipendenti e costanti su ciò che beviamo ogni giorno. La trasparenza, in materia di salute e ambiente, non può mai essere considerata un optional.

AGGIORNAMENTI:

La situazione ha ora anche risvolti legali. L’associazione Foodwatch ha presentato una denuncia alla procura di Parigi contro Nestlé Waters France, accusando l’azienda di frode, inganno ai consumatori e violazione delle normative sull’etichettatura. Ma non è tutto: è stata richiesta ufficialmente la sospensione della vendita dell’acqua minerale Perrier, uno dei marchi più iconici del gruppo, che potrebbe quindi essere ritirata dal mercato francese. Secondo Foodwatch, Nestlé ha continuato a commercializzare l’acqua come “minerale naturale” pur sapendo di sottoporla a trattamenti vietati dalla normativa europea, minando così la fiducia dei consumatori e la trasparenza del mercato. Questa azione legale rappresenta un passo cruciale che potrebbe avere conseguenze molto serie per l’azienda, inclusa la possibilità di un divieto alla vendita di altri marchi coinvolti. Nel frattempo, cresce la pressione pubblica affinché le autorità francesi prendano misure concrete per proteggere la salute e i diritti dei cittadini. (Fonte: GreenMe)

Fonti:

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