La Legge di Bilancio 2020, la prima del Governo giallorosso, è stata esaminata comma per comma dai 600 esperti messi in campo dall’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS) per produrre il rapporto La Legge di Bilancio 2020 e lo sviluppo sostenibile, presentato a Roma: il risultato è un chiaroscuro, tra miglioramenti rispetto al recente passato e lacune ancora profonde.
«Notiamo maggiore sensibilità e impegno del Governo – spiega il portavoce dell’ASviS, Enrico Giovannini – verso uno sviluppo che sia sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale e chiediamo alle istituzioni e alla politica di accelerare le azioni sui target in scadenza nel 2020. D’altra parte, è quello che i cittadini chiedono, sensibilizzati sempre di più sulla necessità di politiche per lo sviluppo sostenibile. Per questo, ci auguriamo che lo sforzo fatto quest’anno non venga vanificato da ritardi nell’attuazione dei provvedimenti e che le carenze segnalate nel Rapporto possano essere colmate, anche grazie ad un utilizzo mirato delle risorse europee e nazionali disponibili».
La legge di Bilancio 2020 viene valutata come «molto più attenta ai temi legati allo sviluppo sostenibile» e definiti dall’Agenda Onu 2030, esaminando il provvedimento l’ASviS evidenzia «insufficienze significative, come per la tutela della biodiversità e nell’assegnazione di risorse adeguate a istruzione, cooperazione allo sviluppo e occupazione giovanile, soprattutto tenuto conto dei 21 target che sono “in scadenza” nel 2020».
Un esempio su tutti, il target 12.4 (conseguire la gestione eco-compatibile di sostanze chimiche e di tutti i rifiuti durante il loro intero ciclo di vita): quasi tutti i target del goal 12 (consumo e produzione responsabili) sono toccati dalla legge di Bilancio ma «è sorprendente l’assenza di provvedimenti specifici per il target 12.4», l’unico all’interno del goal 12 «che in base all’Agenda 2030 deve raggiungere risultati nel 2020». Una sottolineatura coerente, purtroppo, con la difficoltà registrate dal Paese in termini di gestione rifiuti (urbani e speciali), costantemente sull’orlo del collasso a causa delle carenze impiantistiche sul territorio e dell’assenza di una solida politica industriale dedicata al settore.
Anche il mondo delle energie pulite non se la passa molto meglio. Da una parte «i livelli di ambizione del Pniec (Piano nazionale integrato energia e clima, ndr) restano fermi alla prima bozza dello scorso anno, fuori tempo rispetto all’Europa», dall’altra «continua a mancare una regolazione sostenibile del regime degli incentivi per lo sviluppo delle fonti rinnovabili, che deve essere innalzata per essere al passo con la decarbonizzazione programmata per i Paesi europei al vicino 2050». Lapalissiano in quest’ottica citare lo stallo sul decreto Fer 2, dal quale sono attesi incentivi per dare ossigeno a quelle fonti rinnovabili che sono state escluse inopinatamente dal Fer 1 – in primis la geotermia – ma che ancora non ha visto la luce.
Più in generale, nonostante le buone intenzioni contenute nella legge di Bilancio le risorse che sono state effettivamente destinate al Green new deal annunciato dal Governo giallorosso sono ad oggi risicate: «La Legge di Bilancio 2020 interviene più che in passato sui temi ambientali, sulla decarbonizzazione e sull’economia circolare», conferma il rapporto ASviS, ma nei fatti «l’impegno del Governo italiano nel 2020 prevede risorse complessive destinate al Green new deal per 1,688 miliardi nell’ambito di un programma al 2034 per complessivi 29,404 miliardi» di euro.
«Vogliamo individuare – replica il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, intervenuto durante la presentazione del rapporto ASviS a Roma – una serie di missioni del Green new deal e su quelle concentrare risorse pubbliche e private con obiettivi precisi. Per esempio, l’efficientamento energetico di tutto il patrimonio pubblico italiano, a cominciare dalle scuole, così come l’orientamento della filiera dell’auto verso lo sviluppo sostenibile, le energie rinnovabili, la filiera della plastica, la siderurgia verde a partire dall’ex-Ilva. Penso anche che il nostro Pniec dovrà essere rivisto alla luce dei più ambiziosi obiettivi europei (come hanno già anticipato il ministro dell’Ambiente Costa e il sottosegretario Morassut, ndr). È stato redatto durante la transizione tra il vecchio e il nuovo governo; si è fatto un lavoro molto importante, però ci sono aspetti che richiederebbero una rivisitazione e una maggiore ambizione».
Fonte: Luca Aterini per Greenreport