A partire dal 26 settembre, entrano in vigore nuove regole per il riutilizzo dei rifiuti inerti provenienti da costruzioni e demolizioni, con l’obiettivo di trasformarli in aggregati recuperati. Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha emanato il Regolamento che disciplina il processo di recupero di questi materiali, favorendo il riuso e riducendo l’impatto ambientale.
Il DM 127 del 28 giugno 2024 definisce i criteri secondo i quali i rifiuti inerti, derivanti da demolizioni o di origine minerale, cessano di essere considerati rifiuti dopo le operazioni di recupero. Particolare attenzione viene riservata al fatto che tali rifiuti, destinati a diventare aggregati recuperati, debbano preferibilmente provenire da demolizioni selettive, per garantire una maggiore qualità del materiale recuperato.
I rifiuti inerti includono quei materiali che derivano da attività di costruzione e demolizione, come cemento, mattonelle, scorie di cemento, mattoni e miscele bituminose, nonché terre e rocce da scavo che non provengono da siti contaminati. Inoltre, rientrano in questa categoria anche scarti minerali come ghiaia, sabbia, argilla e residui prodotti dal taglio della pietra o dalla lavorazione di prodotti ceramici.
Gli aggregati riciclati sono materiali minerali ottenuti dal recupero di rifiuti inorganici già utilizzati in costruzioni precedenti, mentre gli aggregati artificiali derivano da processi industriali che comportano modificazioni termiche o chimiche. In entrambi i casi, una volta recuperati, cessano di essere classificati come rifiuti.
Il nuovo regolamento stabilisce anche gli utilizzi consentiti per gli aggregati recuperati, che includono diverse applicazioni nell’ingegneria civile e nelle infrastrutture. Gli aggregati recuperati possono essere impiegati per la costruzione di strati di fondazione di strade e piazzali, riempimenti ambientali, miscele bituminose e calcestruzzi, oltre a produzioni legate al cemento.
Una parte fondamentale della normativa riguarda la responsabilità del produttore di aggregato recuperato. Egli è tenuto a dichiarare la conformità del prodotto e a garantire che i campioni siano prelevati e gestiti correttamente. Il produttore deve inoltre implementare un sistema di qualità e automonitoraggio per dimostrare il rispetto delle norme stabilite, eventualmente ricorrendo a procedure di accreditamento per fornire garanzie aggiuntive.
I produttori di aggregati recuperati hanno un termine di 180 giorni per aggiornare le loro comunicazioni in base alla nuova normativa. Nel frattempo, continueranno ad applicarsi le procedure semplificate e le disposizioni del DM 5 febbraio 1998, che stabiliscono i limiti quantitativi e i valori massimi per le emissioni.
Il nuovo decreto ha suscitato grande attesa nel settore, poiché supera le criticità legate al precedente Decreto Inerti (End of Waste DM 152/2022), abrogandolo. Con il nuovo provvedimento, si amplia il ventaglio delle applicazioni per i materiali recuperati, alleggerendo al contempo gli oneri economici e amministrativi per gli operatori.
Infine, entro il settembre 2026, il Ministero dell’Ambiente valuterà i risultati del monitoraggio tramite il Registro nazionale delle autorizzazioni al recupero (ReCER) e, in base ai dati raccolti, potrebbe procedere con una revisione dei criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto.