Il Tar Puglia – Lecce, con le sentenze dell’8 aprile 2024, n. 484 e 485 (che alleghiamo) ha rigettato il ricorso proposto da alcune società appaltatrici del servizio di igiene urbana per l’annullamento degli atti con cui alcune amministrazioni comunali avevano rifiutato di corrispondere quale maggiore onere richiesto a titolo di revisione prezzi il valore massimo dell’indice ISTAT FOI. Tali sentenze confermano, ma da diversa prospettiva, quanto già stabilito dal TAR Sardegna con la sentenza illustrata nell’articolo “Sentenza del TAR Sardegna a conferma di quanto sostenuto da ESPER”.
Il Tar Puglia – Lecce, con le sentenze dell’8 aprile 2024, n. 484 e 485, ha rigettato il ricorso proposto da alcune società appaltatrici del servizio di igiene urbana per l’annullamento degli atti con cui alcune amministrazioni comunali avevano rifiutato di corrispondere quale maggiore onere richiesto a titolo di revisione prezzi il valore massimo dell’indice ISTAT FOI.
Tali comuni avevano ritenuto che tali commesse fossero soggetta al metodo ARERA, stabilito nelle delibere n. 363/2021 e 389/2023 e che quindi alla stessa non potesse applicarsi la procedura di revisione prezzi prevista originariamente nel Capitolato Speciale d’Appalto (di seguito CSA), in quanto non coerente con la disciplina regolatoria contenuta nel MTR vigente approvato da ARERA per la determinazione dei costi annui massimi riconoscibili.
Secondo le società ricorrenti il metodo ARERA non poteva applicarsi ai contratti in corso di esecuzione, pena la violazione del principio di irretroattività delle disposizioni normative sulla disciplina contrattuale in corso di esecuzione. Per questo, al contratto di appalto, stipulato in un momento anteriore all’approvazione delle delibere ARERA, si sarebbe dovuta applicare la clausola di revisione prezzi contenuta nel CSA, in quanto conforme alla disciplina di natura imperativa e inderogabile di cui all’art. 115 del d.lgs. 163/2006.
Il TAR Puglia ha chiarito che le norme con le quali sono state individuate le competenze regolatorie di ARERA perseguono finalità di interesse pubblico, correlate a valori fondanti del sistema economico-giuridico nazionale ed europeo, “che connotano in termini di imperatività le prescrizioni di legge suddette […] con cui sono state assegnate all’Autorità funzioni di regolazione e di controllo in materia di rifiuti urbani e assimilati con riferimento alla predisposizione e aggiornamento del metodo tariffario”.
Le finalità perseguite dall’esercizio del potere di predisposizione e aggiornamento del metodo tariffario contemperano da un lato, la garanzia della sostenibilità delle tariffe per gli utenti e dall’altro, nel miglioramento dell’efficienza complessiva delle gestioni, salvaguardando l’interesse imprenditoriale al riconoscimento dei costi sostenuti dal gestore del servizio.
In questo senso, la disciplina regolatoria in materia di rifiuti è essa stessa espressione di un potere sancito da una norma imperativa e rispetto ad essa “la norma anteriore è destinata a recedere, in virtù del criterio cronologico di risoluzione delle antinomie, secondo cui lex posterior derogat prior”. Per questo, la vigenza della normativa revisionale presente nella previsione pattizia di cui al CSA non poteva essere invocata dalle imprese, in quanto il Metodo Tariffario Rifiuti esprime una disciplina di carattere cogente ed imperativo applicabile ai rapporti contrattuale in corso “secondo il meccanismo dell’eterointegrazione contrattuale, ex art. 1339 cod. civ., con sostituzione automatica della clausola difforme, da qualificare come nulla per contrarietà a norma imperativa, secondo la previsione dell’art. 1419, comma 2, cod. civ.”. Nella Sentenza viene evidenziato che la retroattività del metodo tariffario trova un limite solo nel senso che la legge sopravvenuta incide sui contratti di servizio già stipulati solo con riferimento ad obbligazioni non ancora eseguite quali le istanze di revisione del corrispettivo dovuto per le annualità successive all’adozione delle delibere tariffarie ARERA.
In conclusione, la regolazione tariffaria “disdegna modalità di adeguamento automatico della tariffa, non ancorate all’applicazione dei criteri regolatori, anche per quanto attiene alla possibile incidenza delle variazioni dei costi nel tempo”, risultando ontologicamente incompatibile col sistema revisionale pregresso, ancorato invece alla rilevazione delle variazioni delle componenti di costi a livello statistico o contrattuale.