Sentenza del TAR Sardegna a conferma di quanto sostenuto da ESPER

La recentissima sentenza n. 384 del 17/05/2024 emessa dal TAR Sardegna conferma quanto sostenuto da ESPER in merito alle modalità di corretta revisione dei canoni dei servizi di igiene urbana

A cura dell’Avv. Mario Caliendo, resp. uff. legale E.S.P.E.R. e Attilio Tornavacca, D.G. E.S.P.E.R. Società Benefit,

Nell’articolo del n. 1/2024 di GSA Igiene Urbana l’ufficio legale di ESPER aveva analizzato la normativa e la giurisprudenza di riferimento per operare correttamente l’istruttoria necessaria a stabilire l’esatta entità dell’importo da riconoscere quale revisione annuale dei canoni dei servizi di igiene urbana poiché tale problematica risulta di estremo interesse per le amministrazioni locali e gli Enti Territorialmente Competenti (ETC) in quanto entro il prossimo 30 giugno 2024 dovranno approvare l’aggiornamento del PEF 2024-25 in cui, a sensi della recente Delibera 385/2023 di ARERA, l’ETC (o i comuni laddove non è stato istituito tale organismo) devono obbligatoriamente valorizzare il nuovo coefficiente CRIα che tiene conto dei maggiori oneri sostenuti per il servizio integrato di gestione dei rifiuti negli anni 2022 e 2023 riconducibili alla dinamica dei prezzi dei fattori della produzione proprio in base all’esito dell’istruttoria di quantificazione dell’importo relativo alla revisione dei canoni d’appalto.

La recentissima sentenza n. 384 del 17/05/2024 emessa della II sez. del TAR Sardegna conferma pienamente quanto sostenuto dall’ufficio legale di ESPER in relazione ad un contenzioso avviato da una delle maggiori aziende private del settore a fronte della sua richiesta di annullamento della determinazione del RUP dell’amministrazione del Comune di Quartu Sant’Elena (CA) in cui era stata debitamente motivata la parziale applicazione dell’indice Istat FOI mentre la società appaltatrice sosteneva di aver diritto ad un’applicazione automatica e per l’intero valore dell’appalto del valore massimo dell’indice Istat FOI senza dover giustificare di aver effettivamente sostenuto maggiori costi in misura pari agli aumenti automatici richiesti.

Il TAR ha infatti respinto la richiesta del gestore privato chiarendo che “postulare un’applicazione automaticamente globale dell’indice di rivalutazione FOI significa sostanzialmente trasformare il contratto da appalto suscettibile di revisione ad appalto dal corrispettivo indicizzato, con evidente stravolgimento sostanziale del sinallagma e degli stessi fondamentali principi di predeterminazione e controllo della spesa pubblica…” ed evidenziando che anche la previgente disciplina relativa alla revisione dei canoni di cui all’art. 106 del D.Lgs. 50/2016 “non postula affatto che tale criterio di revisione oggettivo debba essere applicato sempre e automaticamente all’intero corrispettivo contrattuale e, dunque, anche a voci di costo che non abbiano, per ipotesi, subito alcun incremento. In altre parole, una cosa è l’individuazione di un criterio oggettivo per effettuare la revisione, nel caso specifico l’indice FOI, altra cosa è ritenere che tale indice debba essere applicato sempre e automaticamente, a prescindere da qualunque verifica in ordine al fatto che la voce interessata di costo abbia subito un qualsivoglia incremento. Che sia questa l’interpretazione corretta della clausola contrattuale lo dimostra, sotto il profilo pratico, l’andamento della principale voce di costo che più caratterizza l’appalto ora in esame, cioè il costo della manodopera, il quale -come evidenziato dalla difesa di parte resistente, senza incontrare smentita in fatto della controparte- “copre, da sola, il 65,47% del totale del corrispettivo dell’appalto”, ove, allora, “l’acritica applicazione della percentuale di variazione dell’indice FOI (pari al 7,90%), a fronte di una variazione effettiva del costo della manodopera in misura percentuale pari allo 0,295%, determinerebbe un marcato, indebito e, quindi, ingiustificato arricchimento (per diverse centinaia di migliaia di euro) a favore dell’appaltatore”.

Viene pertanto confermato che l’eventuale pretesa vantata dagli appaltatori di vedersi riconoscere automaticamente l’aggiornamento in base all’indice Istat FOI risulta illegittima ed il RUP, con il supporto del DEC, è tenuto ad effettuare una puntuale analisi delle voci di costo dei fattori produttivi (personale, materiali di consumo ecc.) effettivamente interessate da specifici incrementi.

Ricordiamo che il nuovo codice dei contratti pubblici, il d.lgs. 36/2023, ha reso obbligatoria l’inserimento della clausola di revisione dei prezzi nelle nuove procedure di affidamento nell’art. 60 ma tale revisione deve essere ora operata in base a quanto stabilito da ARERA nello Schema tipo di Contratto di Servizio allegato alla Delibera 385/2023. Tale schema ha stabilito al comma 1 dell’art. 7 che “L’Ente territorialmente competente garantisce per tutta la durata dell’affidamento la coerenza fra il corrispettivo spettante al Gestore e l’ammontare dei costi riconosciuti dal metodo tariffario pro tempore vigente, assicurandone l’adeguamento in sede di approvazione e aggiornamento della predisposizione tariffaria ai sensi dalla regolazione vigente.”

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