Tessuti in bioplastica: sono veramente biodegradabili o ulteriore greenwashing?

Un nuovo studio, durato ben 428 giorni e coordinato dalla Dott.ssa Sarah-Jeanne Royer, prende in esame le bioplastiche ma no, non le solite bottiglie o posate, in questo caso la ricerca si è svolta riguardo a diversi tipi di tessuti. Tutto è nato per cercare di capire se ciò che veniva e viene venduto come compostabile o biodegradabile lo è veramente anche in natura o solo in particolari contesti industriali. Ma cosa centra la bioplastica con i tessuti? Ancora non sembra essere arrivato il collegamento. Occorre però sapere che, secondo stime odierne, le quantità in circolazione di questi ultimi composti da misto-plastica o plastica è di circa il 62%, con un numero considerevole in acido polilattico (il cosiddetto PLA) che viene normalmente diffuso e pubblicizzato come “biodegradabile”.

Lo studio ha preso in analisi la capacità di biodegradarsi in acque oceaniche di due categorie di tessuti, quelli naturali e quelli completamente sintetici o misti. È stato pubblicato su PLOS ONE e si è svolto prendendo in considerazione 10 tipologie diverse di tessuti, tra i quali si va dal cotone alla bioplastica o dalla viscosa ai tessuti misti. I campioni sono stati posizionati a dieci metri di profondità sotto il livello del mare e ogni 7 giorni esaminati, il tutto per 428 giorni. I risultati sono stati stupefacenti ed anche illuminanti poiché i tempi nei quali si sono dissolti in acqua le due macro tipologie è nettamente diverso: i tessuti naturali in circa un mese mentre i tessuti sintetici dopo più di un anno non si erano ancora dissolti.

Le fibre naturali si sono disintegrate più e più volte circa ogni 30/35 giorni, tutti i campioni a base di petrolio sono rimasti praticamente intatti, compresi quelli venduti come biodegradabili. È stato poi sottolineato dal team di ricerca che queste bioplastiche rappresentano una fonte di inquinamento e andrebbe monitorato e standardizzato con una serie di test, il loro comportamento dopo essersi disperi nell’ambiente. Sembra chiaro che di bio o sostenibile questi tessuti abbiano ben poco e che si sfrutti il greenwashing ed i nomi provocanti per fare leva sulle coscienze delle persone.

Per cercare di combattere il problema possiamo, nel nostro piccolo, cercare di evitare l’abuso consumistico di vestiti e tessuti, soprattutto appartenenti al fast fashion, preferendo magari meno acquisti ma più duraturi e di qualità maggiore ma soprattutto, naturali, perché l’inquinamento portato dai tessuti sintetici avviene anche nel nostro quotidiano, precisamente nel momento dei lavaggi in lavatrice, duranti i quali vengono rilasciate e disperse molte microfibre plastiche in acqua.


A cura di Andrea Tornavacca, ESPER

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