Dalla Commissione europea quest’anno si è vista una lotta sempre più mirata verso gli imballaggi in plastica, il che si dimostra un grande passo avanti, è però necessario portare all’attenzione un’altra enorme fetta di plastica della quale non si parla abbastanza, quella non per imballaggi.
È stato da poco messo in risalto dall’Agenzia europea per l’ambiente (Eea) che la maggior parte del consumo di plastica in Europa non dispone di dati e obiettivi politici diretti. Tutto ciò si ripercuote anche sull’uso che facciamo di questa plastica e sugli oggetti di uso comune che la contengono sotto forma di Pvc, Ps, Pp ed altre tipologie. Queste plastiche, dette comunemente “plastiche dure”, sono contenute nei giocattoli, nelle auto, in una moltitudine di prodotti elettronici, nell’edilizia ed in tantissimi altri ambiti.
Secondo le recenti stime dell’Eea, il 40% dei rifiuti di plastica annuali è costituito da plastica non da imballaggio, con un trend in aumento e ricadute molto gravi per l’ambiente.
L’Eea propone, per iniziare almeno a capire quanto sono grandi questi flussi e come poterli controllare, di cominciare a raccogliere il maggior numero possibile di informazioni sui livelli generali del consumo e della produzione di rifiuti in plastica, al momento risultanti non sufficienti. La richiesta è “sviluppare una metodologia più standardizzata per il monitoraggio dei flussi di plastica non da imballaggio nell’Unione europea”, in modo da avere un controllo efficace della quantità totale dei rifiuti di plastica e per poter presentare maggiori informazioni sul piano politico e decisionale.
In Italia è stato sviluppato il Progetto PLASMARE (PLAStiche per nuovi MAteriali mediante un Riciclo Ecosostenibile), grazie alla collaborazione di ESPER Società Benefit Srl con il CNR-ISMN, il CNR-IIA ed il cofinanziamento del Ministero dell’Ambiente. Tale progetto si occupa di dimostrare la fattibilità di una filiera per riciclare le plastiche dure non da imballaggio, sviluppare tecnologie innovative ed ecosostenibili per la separazione delle plastiche dure, incentivare il riutilizzo delle materie prime seconde ottenute in nuovi cicli produttivi, promuovendo l’ecodesign dei prodotti ed applicare le metodologie su scala industriale per un riciclo ottimale del rifiuto e la realizzazione di nuovi prodotti.
Fonte: liberta.it