Il deficit infrastrutturale italiano per la gestione dei rifiuti è stato rimarcato sia dal Vice Presidente di Utilitalia che dal Presidente di Fise-Unicircular, in occasione della presentazione del Rapporto ISPRA-SNPA “Rifiuti speciali 2020”, sottolineando, tra l’altro, la necessità di un approccio più selettivo per singole filiere e sostegno per i mercati di sbocco delle materie prime seconde.
“L’emergenza Coronavirus ci ha confermato che, se non si pianifica e si realizza un sistema infrastrutturale nazionale che tenda all’autosufficienza nella gestione dei rifiuti, il nostro Paese resta esposto a periodiche situazioni di crisi, che possono essere dovute a cause molto differenti, ma con effetti comunque negativi”.
Così si è espresso,intervenendoalla presentazione del Rapporto “Rifiuti Speciali 2020” di ISPRA/SNPA, che ha fornito i dati relativi al 2018 sulla produzione e gestione dei rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi, a livello nazionale e regionale, Filippo Brandolini, il Vice-presidente di Utilitalia, la Federazione che riunisce le aziende dei servizi pubblici dell’Acqua, dell’Ambiente, dell’Energia Elettrica e del Gas.
Per Brandolini, “i rifiuti speciali smaltiti in discarica sono ancora tanti. Se analizziamo non le percentuali ma i valori assoluti, parliamo di 11,8 milioni di tonnellate, un dato peraltro stabile da anni”.
I rifiuti dalle attività di costruzione e demolizione sono “la tipologia più consistente che viene recuperata quasi totalmente: un ulteriore sforzo, agevolato dalla specifica normativa End of Waste da tempo attesa, potrebbe tendere all’azzeramento del ricorso allo smaltimento in discarica”.
In secondo luogo, “il 45,8% dei rifiuti speciali smaltiti in discarica sono prodotti dai rifiuti e in molti casi dagli urbani, sia indifferenziati che a valle delle attività di riciclo, il che ripropone, oltre alla necessità del potenziamento delle raccolte differenziate e delle attività di riciclo, il tema del deficit di impianti di recupero energetico”.
C’è poi il tema dei fanghi di depurazione delle acque reflue urbane, “la cui produzione annua si avvicina a 3 milioni di tonnellate, un numero destinato a crescere se saranno realizzati e messi in esercizio i depuratori nelle zone che ne sono carenti. Nel 2018 il 56,3% sono stati smaltiti e solo il 43,7% recuperati: occorre quindi un grande sforzo finanziario e tecnologico per minimizzare lo smaltimento ricorrendo al recupero di materia ed energetico”.
Per fare questo serve “una normativa stabile e certa che, superando l’attuale norma che ha 28 anni, consenta agli operatori di investire”, collocando correttamente il trattamento dei fanghi “nella transizione verso l’economia circolare e nella lotta ai cambiamenti climatici attraverso l’utilizzo in sicurezza in agricoltura, il recupero del fosforo e quello energetico”.
Dall’emergenza degli ultimi mesi, ha concluso il Vice-presidente di Utilitalia, è giunta un’altra importante indicazione: “Il lockdown che ha colpito molte filiere produttive o il crollo del prezzo del petrolio sono risultati fattori decisivi nel mercato delle materie prime seconde, con ricadute dirette sulle attività di riciclo e riflessi potenziali anche sulle raccolte differenziate. Ciò ha comportato un problema logistico per lo stoccaggio dei materiali ed economico per il loro ridotto valore. Per questi motivi, nel recepimento delle direttive afferenti all’Economia Circolare sono necessarie misure di sostegno al mercato delle materie prime seconde”.
Anche Andrea Fluttero, Presidente di Fise – Unicircular, l’Associazione delle Imprese dell’Economia Circolare, ha posto l’attenzione sulla necessità che venga abbandonato l’approccio generalista sulla gestione dei rifiuti in favore di un approccio più specifico per le singole filiere, basato sul mercato dei materiali e prodotti secondari, sottolineando da un lato che il recepimento delle Direttive europee deve essere omogeneo rispetto agli altri Paesi europei, dall’altro che il legislatore dovrebbe prevedere, per ciascuna filiera, degli strumenti che consentano di intervenire con flessibilità rispetto alle situazioni di criticità del mercato o di emergenza quale quella che stiamo attraversando.
Soffermandosi sulla problematica dei costi delle frazioni negative derivanti dal trattamento dei rifiuti per le quali deve essere garantito l’accesso agli impianti, Fluttero ha lamentato l’assenza di soluzioni per il car fluff che impedisce il raggiungimento dei target europei, la difficoltà di esportare i pezzi di ricambio derivanti dai veicoli fuori uso, il dato preoccupante relativo alla quantità di materiale derivante dal trattamento di PFU che rimane in giacenza di magazzino alla fine dell’anno per la difficolta di collocare tali materiali, i rifiuti da costruzione e demolizione per i quali si auspica che si arrivi a norme per la demolizione selettiva, l’opportunità di valorizzare le tecnologie per il recupero della vetroresina e la necessità di rendere disponibili impianti a livello nazionale per lo smaltimento dell’amianto.
Intervenendo qualche ora prima all’audizione in video Conferenza presso la Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, nell’ambito dell’esame degli schemi di D.lgs. sul recepimento delle nuove Direttive sui rifiuti del “Pacchetto Economia Circolare”, Fluttero aveva evidenziato come nei mesi scorsi le vendite di plastica da Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE) e da auto a fine vita (ELV) siano diminuite del 60% e del 30% quelle di pneumatici fuori uso e di polverino da essi derivante, del 60-80% quelle di macerie da costruzione e demolizione.
Tutto ciò ha generato un problema economico per le aziende, che rischia di determinare perdita di posti di lavoro e di know how, nonché di infiltrazioni della criminalità organizzata nel capitale delle aziende più fragili. L’impossibilità di trovare sbocchi ai materiali derivati dai rifiuti ha determinato peraltro la saturazione degli impianti di gestione, e la conseguente richiesta da parte di questi ultimi (a volte accolta dalle autorità, a volte no) di innalzamento dei limiti autorizzati.
Fonte: Regioni & Ambiente