È difficile che un cilindro di un paio di centimetri gettato per terra o in un contenitore possa fare sussultare la coscienza ambientalista. I numeri, però, dicono che nel mondo ci sono 15 miliardi di sigarette che vanno in fumo e che i loro mozziconi sono inquinanti e di difficile smaltimento, a dimostrazione che esiste un problema ecologico che attende una risposta. Un primo segnale potrebbe arrivare da “Spegni sostenibile” un progetto sperimentale che prevede la raccolta differenziata dei mozziconi e un successivo riciclo in grado di generare energia e materiali industriali.
Ideato da Cushman & Wakefield, società di servizi immobiliari, in partnership con altre tre società, si sviluppa in concreto con il ritiro delle cicche gettate ogni giorno nell’area di cinquanta centri commerciali situati in varie località italiane per essere trasportate nell’impianto Res di Ravenna dove verranno finalmente trattate.
Il primo problema da risolvere di questo piano è effettuare una raccolta efficace. Il più delle volte nei centri commerciali i mozziconi finiscono nei cestini della raccolta indifferenziata, mescolandosi così con altri rifiuti: per ovviare a questo problema i centri commerciali coinvolti in Spegni sostenibile saranno dotati, su tutti gli ingressi, di cestini adatti alla raccolta esclusiva dei mozziconi, che saranno successivamente stoccati in appositi fusti sigillati e trasferiti all’impianto di Ravenna.
Nel centro romagnolo è previsto il processo di trasformazione dei materiali. L’operazione avviene in un reattore con un volume capace di contenere circa 50 litri e si articola in due parti: in un primo momento i mozziconi vengono caricati e sottoposti ad un trattamento termochimico, grazie ad una miscela ad acqua, che porta alla conversione delle fibre in un carbone acquoso. Il secondo prevede la setacciatura del carbone acquoso allo scopo di separare il carbone dal refluo acquoso che diventano così due prodotti distinti per il mercato.
Da una parte l’idrocarbone, un materiale ricco di carbonio e caratterizzato da porosità, che si presta a varie applicazioni: può essere utilizzato per l’industria delle tinture e delle pitture, per quella tessile dei coloranti o come sostitutivo dei carboni attivi per flussi. Dall’altra il refluo acquoso, idoneo ad una gamma di utilizzo ancora più interessante: attraverso i digestori anaerobici questo liquido può essere convertito in biogas e biometano. Un altro esito possibile è la produzione di biocombustibili attraverso le microalghe sfruttando la sostanza organica residua nel refluo.
Per vedere i risultati bisognerà avere un po’ di pazienza in quanto l’esplosione dell’epidemia del Covid-19 ha fatto slittare i tempi: «Partiremo con un po’ di ritardo sulla tabella – spiega l’ingegnere Davide Bersani della cooperativa Res di Ravenna – che prevede una sperimentazione di almeno sei mesi con una prima fase di ricerca applicata in cui effettueremo test a banco e con reattore pilota, mentre nella seconda ci concentreremo sui dati. Sarà importante ai fini dei risultati che si realizzi una corretta raccolta differenziata».
Altro punto in via di definizione riguarda le dimensioni del progetto, l’obiettivo è coinvolgere altri partner anche per ottenere maggiori finanziamenti e allargare i centri di raccolta delle cicche. Per quanto riguarda la materia prima per il progetto non dovrebbero esserci problemi in quanto, come dimostra il rapporto dell’Istituto Superiore della Sanità dello scorso maggio, in Italia la familiarità con le bionde non accenna a diminuire: sono ben 11,6 milioni i fumatori, con un consumo che oscilla tra le 10 e la 20 sigarette al giorno caratterizzato da un forte radicamento presso i più giovani e le donne.
Non cambiano neppure i comportamenti dei fumatori, come spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente: «Dal monitoraggio che abbiano effettuato sui parchi con la campagna Park Litter e sulle spiagge con Beach Litter – afferma – è emerso che ben il 40 per cento di tutti i rifiuti è costituito da mozziconi di sigarette». Una cifra impressionante che genera conseguenze a lungo e a breve termine: «I filtri sono a base plastica – aggiunge – con tempi di degradabilità molto lunghi, anche decine di anni. I danni nell’immediato, invece, sono rappresentati dalla possibilità che questi residui vengano ingeriti dagli animali e dal fatto che, non essendo sempre filtrati dai tombini delle strade, possano finire nei fiumi».
Fonte: Wired