Secondo uno Studio del PIK che per la prima volta fornisce le proiezioni complete dello spreco di cibo dei Paesi di tutto il mondo, calcola che le emissioni correlate potrebbero raggiungere al 2050 i 2,5 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti, rispetto agli attuali 500 milioni.
È quanto prevede un nuovo studio condotto dal Potsdam Institute for Climate Research (PIK) che per la prima volta fornisce le proiezioni complete dello spreco di cibo dei Paesi di tutto il mondo, calcola che le emissioni correlate potrebbero arrivare al 2050 a 2,5 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti.Secondo lo Studio “Food Surplus and Its Climate Burdens”, pubblicato on line il 7 aprile 2016 su Environmental Science&Technology, attualmente un terzo del cibo che produciamo non finisce nei nostri piatti e tale cifra è destinata ad aumentare in maniera notevole, qualora Paesi emergenti come Cina e India dovessero adottare stili di vita alimentare degli occidentali. Pertanto, ridurre i rifiuti alimentari offrirebbe la possibilità di garantire la sicurezza alimentare e al contempo contribuirebbe a mitigare la pericolosità dei cambiamenti climatici.“Ridurre i rifiuti alimentari può contribuire alla lotta contro la fame – ha affermato il principale autore dello Studio, Ceren Hic – ma, in un certo qual modo, anche a evitare gli impatti climatici come diffuse condizioni meteorologiche estreme e innalzamento del livello del mare”.Anche se la disponibilità di cibo a livello di media globale è stata superiore in teoria alla domanda, alcuni Paesi in via di sviluppo sono ancora alle prese con la lotta contro denutrizione o, addirittura, fame.
“Allo stesso tempo, l’agricoltura è tuttora una delle principali cause dei cambiamenti climatici, rappresentando oltre il 20% delle emissioni complessive di gas serra globali nel 2010 – ha sottolineato Prajal Pradhan, co-autore della ricerca – Evitare lo spreco di cibo e i conseguenti rifiuti potrebbe fare evitare, quindi, emissioni superflue di gas serra e contribuire a mitigare i cambiamenti climatici”.I ricercatori hanno analizzato le tipologie corporee e le esigenze alimentari del passato e dei diversi futuri scenari, in relazione ai cambiamenti demografici, così come la domanda e la disponibilità di cibo, e le emissioni associate, scoprendo che mentre la domanda alimentare media globale per persona rimane pressoché costante, negli ultimi cinque decenni, la disponibilità di cibo è rapidamente aumentata.
“Ancora più importante, è che la percentuale di disponibilità e richiesta di cibo mostra una relazione lineare con lo sviluppo umano – ha aggiunto Pradhan – indicando che i Paesi più ricchi consumano più cibo di quanto sia salutare o semplicemente sprecano”.Di conseguenza, secondo lo Studio, le emissioni di gas serra associate con rifiuti alimentari potrebbero aumentare enormemente dagli attuali 500 milioni di tonnellate equivalenti ai 2,5 miliardi annui entro il 2050.
Le emissioni derivanti dal settore agricolo diventeranno sempre più considerevoli, per effetto di una crescita demografica inarrestabile e dei cambiamenti dello stile di vita, tali da prevedere che entro il 2050 le emissioni soltanto dall’agricoltura aumenteranno fino a raggiungere i 18 miliardi di tonnellate di CO2eq.
“In tal modo, le emissioni legate allo spreco di cibo sono solo la punta di un iceberg – ha spiegato Pradhan – Nondimeno, è abbastanza sorprendente che fino al 14% delle emissioni agricole globali nel 2050 potrebbe facilmente essere evitata attraverso una migliore gestione e distribuzione dei prodotti alimentari. Cambiare i comportamenti individuali potrebbe risultare una chiave per mitigare la crisi climatica”.
Fonte: Regioni e Ambiente