È necessario gestire i rifiuti che generiamo ogni giorno – arrivando a oltre 173 milioni di tonnellate l’anno, tra urbani e speciali – secondo i principi di sostenibilità, indicati chiaramente dalla gerarchia europea di riferimento, e secondo il principio di prossimità. Ovvero, l’esatto opposto della situazione che oggi caratterizza il Paese: il turismo dei rifiuti.
Senza dimenticare l’enorme ricorso all’export, da solo il turismo dei rifiuti urbani si stima arrivi a percorrere 49 milioni di km l’anno, mentre guardando anche agli speciali si aggiungono altri 1,2 miliardi di km. Si tratta di centinaia se non migliaia di Tir che girano furiosamente lungo lo Stivale per arrivare a conferire la nostra spazzatura in impianti adeguati a gestirla, con elevati costi ambientali (si pensi solo al relativo traffico e smog) oltre che per le aziende e per i cittadini (in termini di Tari più salate).
Ma quale sarebbe invece il perimetro della “prossimità” al luogo di generazione degli scarti da rispettare? I rifiuti speciali sono per legge affidati al mercato, che non segue criteri geografici, e anche per i vincoli che dovrebbero rispettare i rifiuti urbani la via di fuga è semplice.
Il Consiglio di Stato nella sentenza 24 dicembre 2020, n. 8315, recentemente pubblicata, contribuisce a fare un po’ di chiarezza. La sentenza riguarda un caso avvenuto in Piemonte, e conferma l’autorizzazione ex Dlgs 387/2003 di un impianto in provincia di Biella dedicato alla produzione di biometano mediante trattamento di rifiuti organici (rifiuti urbani non pericolosi) selezionati in processi di digestione anaerobica e compostaggio.
Il Tar per il Piemonte, sezione prima, con la sentenza n. 225 del 20 aprile 2020, aveva già respinto il ricorso proposto da alcuni cittadini contro la realizzazione dell’impianto, che avevano bocciato il progetto appellandosi alla tutela della biodiversità e delle filiere agroalimentari locali, oltre che appunto al principio di prossimità.
Guardando all’evoluzione della normativa regionale, il Consiglio di Stato è intervenuto nel merito affermando che «il principio di autosufficienza ha dimensione regionale e, di conseguenza, che il principio di prossimità agli impianti, in linea generale, deve essere riguardato con riferimento all’intera Regione Piemonte e non a singole aree della stessa (ovvero gli Ambiti territoriali ottimali (Ato), ndr). In tale ottica, non solo è da escludere che l’attività amministrativa in contestazione abbia violato norme di legge relative agli anzidetti principi, ma, considerando che la valutazione compiuta dall’Amministrazione è estesa a tutto il territorio regionale, deve ritenersi anche che la presenza di un fabbisogno impiantistico regionale non soddisfatto già di per sé non renda manifestamente irragionevole il rilascio di un’ulteriore autorizzazione in ambito regionale per lo smaltimento dei rifiuti urbani».
Fonte: Green Report