È stato presentato dall’ISPRA l’Annuario dei Dati Ambientali che evidenzia come molti indicatori sullo stato di salute del nostro Paese (fiumi, laghi, consumo suolo, fauna, dissesto, clima, inquinamento atmosferico) siano deficitari, con l’eccezione della produttività delle risorse.
L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) ha presentato oggi (3 giugno 2020) in collegamento streaming con il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, con il Presidente del Parlamento europeo David Sassoli e con il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa, l’Annuario dei dati ambientali 2019 (edizione 2020) .
Quest’anno le informazioni aggiornate sull’ambiente in Italia sono state confrontate con quelle elaborate dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) e illustrate lo scorso dicembre nel Rapporto sullo Stato e Prospettive dell’Ambiente in Europa (SOER 2020).
A questi report, si è aggiunge un altro documento, il Rapporto Ambiente di Sistema, realizzato nell’ambito del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA) che propone alcuni focus regionali.
“Presentiamo oggi questi Rapporti in un momento in cui la politica italiana ed europea guarda con occhi nuovi allo Green Deal europeo – ha dichiarato il Presidente ISPRA e SNPA, Stefano Laporta – un obiettivo ambizioso ma non impossibile, a patto che si attui una profonda trasformazione industriale, ambientale, economica e culturale in Europa. Un’occasione per rilanciare un nuovo modello economico, con una maggiore attenzione all’ambiente e alla biodiversità. Abbiamo tutti compiti importanti e sfide ambiziose per accompagnare il Paese verso quello sviluppo sostenibile che è l’unica strada da percorrere per il rilancio economico e sociale“.
L’Annuario dei Dati Ambientali dell’ISPRA, frutto di un lavoro di ricerca complesso e articolato, svolto in collaborazione con le Agenzie per la protezione dell’ambiente regionali e delle province autonome (ARPA/APPA) nell’ambito del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA include molteplici fasi: dalla raccolta sistematica dei dati primari al monitoraggio e al controllo; dalla verifica della solidità scientifica delle informazioni allo sviluppo di indicatori statistici sempre più efficaci nel descrivere le condizioni ambientali del Paese. Sono ben 301 gli indicatori analizzati, 295 già presenti nell’edizione precedente, 6 eliminati, 12 nuovi e 2 ricollocati, per un totale di 232 indicatori aggiornati.
Non si tratta solo di una “Banca dati” ovvero di un semplice sistema di informazione ambientale, ma l’Annuario dei Dati Ambientali dell’ISPRA rappresenta un utile e completo strumento di conoscenza al servizio di cittadini, decisori politici e istituzionali, scienziati e tecnici, che possono attingervi informazioni e suggerimenti per analizzare le cause dei fenomeni descritti e apportare le eventuali necessarie correzioni, legate soprattutto ai nostri modelli di uso e consumo delle risorse.
L’Annuario 2019 esce nel momento in cui il mondo intero è impegnato nella sfida senza precedenti del Covid-19. Dalla contrazione forzata delle attività economiche è venuto un miglioramento delle condizioni ambientali, con un costo sociale altissimo. La sfida oggi è far sì che tali condizioni non siano transitorie, ma socialmente sostenibili. La “ripartenza” riceve un nuovo e ambizioso impulso dalla Commissione europea grazie anche al Green Deal europeo.
Nel settimo Programma di azione per l’ambiente, l’UE ha indicate 3 priorità politiche ambientali:
1. proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dell’UE;
2. trasformare l’UE in un’economia a basse emissioni di carbonio, efficiente nell’impiego delle risorse, verde e competitiva;
3. proteggere i cittadini da pressioni legate all’ambiente e da rischi per la salute e il benessere.
Per quel che riguarda il Capitale naturale, l’Italia con le sue 60 mila specie animali e 12 mila vegetali, è uno dei Paesi europei più ricchi di biodiversità in Europa, con livelli elevatissimi di endemismo (specie esclusive del nostro territorio). Un patrimonio che vede alti livelli di minaccia per flora e fauna. Forte argine al degrado sono la Rete Natura 2000 e il Sistema delle aree protette italiane: quelle terrestri sono 843 e coprono il 10,5% del territorio nazionale, 29 le aree marine protette, 2.613 i siti della Rete Natura 2000 (19,3% del territorio nazionale).
Quanto allo stato di salute della fauna in Italia, tra i vertebrati sono i pesci d’acqua dolce quelli più minacciati (48%), seguiti dagli anfibi (36%) e dai mammiferi (23%). Tra le piante più tutelate dalle norme UE, il 42% è a rischio. Le minacce più gravi vengono, però, dal costante aumento delle specie esotiche introdotte in Italia – più di 3300 nell’ultimo secolo – dal degrado, dall’inquinamento e dalla frammentazione del territorio.
Lontana dagli obiettivi europei la salute di fiumi e laghi in Italia. Neanche la metà dei 7.493 corsi d’acqua raggiunge uno “stato ecologico buono o elevato” (43%), ancora più grave la situazione dei laghi (solo il 20%). Va meglio la situazione se si analizza lo stato chimico: è buono per il 75% dei fiumi (anche se il 18% non è ancora classificato), e per il 48% dei laghi.
C’è anche il consumo di suolo a gravare sulla perdita di biodiversità. Sono ormai persi 23.000 km2, con una velocità di trasformazione di quasi 2 m2/sec tra il 2017 e il 2018. Sebbene il fenomeno mostrasse segnali di rallentamento, probabilmente a causa della congiuntura economica, dal 2018 il consumo di suolo ha ripreso a crescere. Nel 2018 è stato sottratto anche il 2% delle aree protette. Il territorio italiano è fortemente esposto al dissesto idrogeologico. La popolazione a rischio frane che risiede in aree a “pericolosità elevata e molto elevata” ammonta a 1.281.970 abitanti, pari al 2,2% del totale.
L’obiettivo UE di trasformare l’economia in senso circolare e sostenibile si intreccia fortemente con le attività di produzione e consumo. L’Italia cresce molto di più rispetto ai Paesi europei nell’uso circolare dei materiali: è terza per la cosiddetta “produttività delle risorse”, un indice usato in Europa per descrivere il rapporto tra il livello dell’attività economica (prodotto interno lordo) e la quantità di materiali utilizzati dal sistema socio-economico (CMI – consumo di materiale interno).
Diminuiscono del 17,2% le emissioni di gas serra in Italia nel medio periodo (1990-2018). Nel primo trimestre di quest’anno, si stima per il 2020 una riduzione, a causa del lockdown, dei gas serra del 5,5% a fronte di una variazione congiunturale del PIL pari a -4,7 %. Nel 2018 la diminuzione era stata dello 0,9%, rispetto all’anno precedente e per il 2019 la tendenza è di una riduzione del 2,0% rispetto al 2018.
Per i rifiuti urbani si stima per il 2019 una produzione pari a quella del 2018, mentre gli scenari al 2020 individuano un calo in linea con la diminuzione del PIL pari al 4,7%.
In Italia, la quota di energia da fonti rinnovabili è pari al 18,3% rispetto al consumo finale lordo, valore superiore all’obiettivo del 17% da raggiungere entro il 2020. Prossimo obiettivo da raggiungere è il 32% entro il 2030.
Infine, per quanto riguarda, salute e benessere dei cittadini, la temperatura cresce nel nostro Paese più che in altre parti del mondo. Nel 2018 è stata registrata un’anomalia media pari a +1,71°C rispetto alla media climatologica 1961-1990, superiore a quella globale sulla terra ferma (+0,98 °C). Nuovo picco anche per la temperatura dei mari italiani nel 2018 (+1,08°C), il secondo dopo il 2015, rispetto al periodo 1961-1990.
La situazione rimane preoccupante per gli inquinanti atmosferici. Il Bacino padano è una delle aree dove l’inquinamento atmosferico è più rilevante in Europa. Guardando ai dati del 2019, il valore limite giornaliero del PM10 è stato superato nel 21% delle stazioni di monitoraggio (50 microgrammi per metro cubo, da non superare più di 35 volte l’anno). Rispettati invece i limiti per i PM2,5 nella maggior parte delle stazioni di rilevamento. Uno degli effetti del lockdown è stata la riduzione del biossido di azoto NO2) tra il 40 e 50% nelle regioni del Nord e nella Pianura padana.
È costante l’attenzione dei cittadini verso la questione dei campi elettromagnetici, legati a smartphone, elettrodotti, impianti per la radiocomunicazione. Tra luglio 2018 e settembre 2019, i casi di superamento dei limiti di legge sono aumentati (+ 6%) sia per gli impianti radio televisivi (RTV) sia per le SRB – Stazioni Radio Base della telefonia mobile (+4%).
Infine, le sostanze chimiche delle quali l’Italia è il terzo produttore europeo, dopo Germania e Francia, con più di 2.800 imprese attive e 110.000 addetti. Il Regolamento REACH (Registration, Evaluation, Authorisation and restriction of Chemicals) richiede che le sostanze vengano registrate ufficialmente: nel 2018 ne state catalogate più di 22.000 in Italia. A preoccupare sono soprattutto i pesticidi: nelle acque superficiali il 24,4% dei punti monitorati mostra concentrazioni superiori ai limiti di qualità ambientale; il 6% nelle acque sotterranee.
Fonte: Regioni & Ambiente