I dati dell’ultimo Rapporto sui rifiuti urbani pubblicato da ISPRA restituiscono una fotografia complessa e, per molti aspetti, preoccupante. La produzione nazionale di rifiuti urbani torna a crescere (+2,3%), superando l’andamento del PIL e dei consumi. È il segnale più evidente che, a livello di sistema Paese, il legame tra consumo e produzione di scarti non è stato ancora spezzato e che le politiche di prevenzione continuano a rimanere marginali rispetto alla gestione dell’emergenza.
Il dato medio nazionale della raccolta differenziata, pur attestandosi su valori elevati, non basta a rassicurare. Dietro la percentuale complessiva si nascondono squilibri profondi, che vedono le grandi aree metropolitane come il principale punto di fragilità del sistema. Roma, Napoli e Bari continuano a rimanere ben al di sotto della soglia del 50%, trascinando verso il basso intere filiere e confermando come l’inerzia delle grandi città rappresenti oggi il vero collo di bottiglia della gestione dei rifiuti urbani in Italia.
Eppure, una lettura più attenta dei territori consente di superare narrazioni semplicistiche. Sarebbe infatti un errore considerare il Mezzogiorno come un blocco uniforme in difficoltà. Accanto alle criticità delle grandi città, esiste un tessuto diffuso di Comuni che ha scelto di investire in modelli organizzativi solidi, dimostrando che risultati di eccellenza sono possibili anche in contesti complessi. In queste realtà, la raccolta differenziata non è un obiettivo formale, ma l’esito di una progettazione tecnica rigorosa e di una governance coerente.
È in questo quadro che l’esperienza maturata da ESPER evidenzia come l’introduzione della tariffazione puntuale (TARIP) e di sistemi di raccolta domiciliare evoluti possa produrre miglioramenti rapidi e strutturali. I casi virtuosi seguiti nel Sud Italia dimostrano che la differenza non è geografica, ma politica e tecnica: dove esistono competenze, continuità amministrativa e strumenti adeguati, il sistema funziona.
Nonostante queste esperienze positive, il quadro complessivo resta severo. La crescita della massa totale dei rifiuti, unita alla persistente proroga dell’accordo tra ANCI e CONAI, continua a scaricare una quota rilevante dei costi di gestione sui Comuni, alimentando una pressione economica sempre più difficile da sostenere. In questo contesto, il rischio è che le aree più fragili vedano aumentare fenomeni come l’abbandono dei rifiuti e il degrado urbano, che finiscono per generare ulteriori costi ambientali e sociali.
Proprio per questo, nel volume “Strategie ed azioni sinergiche per contrastare l’abbandono dei rifiuti”, ESPER sottolinea come la raccolta differenziata, da sola, non sia sufficiente. Serve una strategia integrata che unisca prevenzione, controllo del territorio e una più equa ripartizione dei costi lungo la filiera, superando un modello che continua a penalizzare gli enti locali più virtuosi.
I risultati raggiunti da numerosi Comuni del Sud, raccontati anche nel documentario “Oltre i luoghi comuni”, dimostrano che gli strumenti per migliorare il sistema esistono già. Tuttavia, senza una riforma strutturale che rafforzi la responsabilità dei produttori e sostenga i territori che investono in qualità, anche le migliori esperienze rischiano di restare eccezioni. I dati indicano chiaramente che l’Italia è ancora abile nel gestire l’emergenza, ma fatica a governare il sistema con la visione di lungo periodo che la crisi ambientale richiede.