Ridurre la plastica nei supermercati: un impegno necessario

Una recente analisi su oltre 1.500 supermercati italiani ha rivelato che quasi la metà (46%) dei prodotti alimentari e delle bevande è confezionata in plastica non necessaria, con un potenziale risparmio di 27,3 miliardi di pezzi di plastica all’anno. L’indagine, commissionata da DS Smith e condotta da Retail Economics, evidenzia come prodotti di uso quotidiano come pane, carne, pesce, latticini e bevande siano tra i principali responsabili del consumo di plastica.

Quasi tutti i produttori e i distributori (98%) hanno avviato azioni per ridurre la plastica, con tempi stringenti per raggiungere i loro obiettivi: il 60% ha dichiarato di avere meno di due anni a disposizione per realizzare cambiamenti concreti. Tuttavia, un quarto delle aziende coinvolte è in ritardo, citando costi elevati delle materie prime e timori sulla reazione dei consumatori come principali ostacoli. Il 72% degli intervistati teme che i clienti non siano disposti a pagare di più per imballaggi sostenibili, mentre il 65% crede che essi non siano pronti a rinunciare alla praticità della plastica tradizionale.

In un contesto in cui l’opinione pubblica sta diventando sempre più sensibile ai temi ambientali, le aziende stanno rispondendo non solo per obbligo normativo, ma anche per necessità di mercato. Molti consumatori oggi preferiscono marchi che dimostrano un impegno concreto verso la sostenibilità, tanto che si stima che il 70% delle persone sarebbe disposto a cambiare le proprie abitudini di acquisto per sostenere le imprese eco-friendly. Questa pressione dal basso potrebbe incentivare ulteriormente i produttori a rivedere le proprie strategie di imballaggio.

La situazione varia a livello europeo. L’Italia si colloca al terzo posto con un tasso di imballaggi in plastica del 66%, pari alla Germania. Il Regno Unito è in testa, con il 70% degli articoli alimentari confezionati in plastica. La Francia, invece, è l’unico Paese in cui meno della metà degli alimenti è confezionato in plastica (49%). Questo grazie a politiche avanzate, come il divieto di plastica per frutta e verdura fresca e la diffusione di negozi “bio” con prodotti sfusi. Questa regolamentazione sarà ulteriormente rafforzata in Francia entro il 2026, con un divieto assoluto di imballaggi in plastica per frutta e verdura.

DS Smith ritiene che in Italia si possa ridurre o sostituire fino al 90% della plastica non necessaria con alternative basate su fibre naturali, e per questo sta investendo in un centro globale di ricerca. Paolo Marini, Managing Director di DS Smith Packaging Italia, sottolinea la necessità di un Trattato globale sulla plastica per garantire una trasformazione sostenibile. Se l’Unione Europea ha già iniziato questo percorso, l’impegno deve allargarsi a livello mondiale per produrre un impatto tangibile.

Nonostante l’ampio uso di plastica negli imballaggi, è evidente che gran parte di questi materiali può essere evitata o sostituita, ma la sfida richiede la collaborazione di aziende, governi e consumatori. Insieme, è possibile intraprendere un cammino verso un futuro senza sprechi di risorse e senza rifiuti inutili.

In questo contesto, cresce l’interesse verso innovazioni nel packaging, come materiali biodegradabili, compostabili e riciclabili. Le start-up emergenti nel settore della sostenibilità stanno sviluppando soluzioni creative, come imballaggi realizzati con alghe marine o materiali derivati da funghi, offrendo alternative pratiche e eco-compatibili. Queste innovazioni non solo rispondono a una necessità ambientale, ma possono anche rappresentare una nuova opportunità di business.

La lotta contro l’inquinamento da plastica non è solo una questione di responsabilità ambientale, ma un’opportunità per ripensare l’intera filiera produttiva. Le aziende che investiranno in questa direzione non solo contribuiranno a un futuro più verde, ma si porranno anche come leader in un mercato in evoluzione, dove la sostenibilità diventa sempre più un criterio di scelta per i consumatori.

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