Preoccupa molti addetti ai lavori la decisione del Ministero dell’Ambiente di assimilare rifiuti speciali recuperabili (gestiti soprattutto da privati) e rifiuti urbani (gestiti dai Comuni): “Un colpo mortale” per Unirima, “un intero settore cancellato per legge”
Insieme ai rifiuti il Governo con una modifica normativa rischia di mandare “al macero” interi comparti del settore, come quello del riciclo di carta e cartone. A quel punto sì definitivamente carta straccia anche dal punto economico. Si stanno domandando in tanti il perché della scelta del Ministero dell’Ambiente di assimilare rifiuti speciali recuperabili e rifiuti urbani. Già bell’e definita, scritta nero su bianco nel decreto con cui il Governo si appresta a recepire la direttiva quadro europea sui rifiuti, al centro della discussione in corso nelle Commissioni Ambiente di Camera e Senato. Un tecnicismo, si dirà, magari un modo per semplificare le cose, in fondo sempre di rifiuti si tratta.
E invece no. Perché i rifiuti urbani sono gestiti dai Comuni, quelli speciali riciclabili in gran parte dai privati. E dunque, far passare il testo che ha già incassato il parere favorevole della Conferenza Stato-Regioni, così come è scritto, senza eliminare quell’equiparazione nella catalogazione tra le due tipologie di rifiuti, significherebbe innescare un effetto domino sul mercato, con ripercussioni negative su alcuni comparti del settore.PUBBLICITÀ
Quello del recupero e del riciclo di carta e cartone, ad esempio, come fa notare Francesco Sicilia, che parla di “colpo mortale”. Il direttore generale dell’Unirima, l’Unione nazionale Imprese Recupero e Riciclo Maceri, si dice “fortemente preoccupato” e per più di una ragione. La prima deriva dal fatto che a differenza dei rifiuti urbani, di proprietà dei Comuni, quelli speciali recuperabili sono in gran parte gestiti da privati, dal cosiddetto mercato. “Con la “trasformazione” decisa dal Ministero – spiega Sicilia – oltre otto milioni di tonnellate di rifiuti speciali riciclabili diventati di colpourbani verrebbero sottratte al mercato delle imprese del riciclo, per essere sottoposte alla privativa comunale, con gravi ripercussioni economiche e perdita di competitività del settore”.
Una vera e propria “distorsione del sistema”, rincara la dose il direttore generale di Unirima, prefigurando il rischio di un quadro di incertezza sulle attività di riciclo che, numeri alla mano, nel nostro Paese sviluppano oltre 2 miliardi di euro di investimenti e collocano l’Italia, con il 2,1%, al primo posto tra i maggiori paesi europei per quota di occupati nell’economia circolare, davanti a Spagna (2%), a Regno Unito (1,6%), Francia (1,5%) e Germania (1,5%) – la media Eu è pari all’1,7%.
Né la scelta del ministero può essere motivata sulla base di eventuali inefficienze del sistema di gestione dei rifiuti speciali recuperabili perché “come si evince dati in tale settore siamo leader in Europa. In un paese con carenza cronica di materie prime come il nostro, tale comparto rappresenta da sempre un’eccellenza e in alcuni settori – come la carta – dove la raccolta da rifiuti speciali pesa per circa il 60% ed è gestita da imprese private, l’Italia ha raggiunto con 10 anni di anticipo gli obiettivi che la comunità europea si è data per il 2025”, ragiona Sicilia. E aggiunge: “il legislatore europeo ha voluto precisare che le definizioni di rifiuti “urbani” e “rifiuti simili” sono tali solo ed esclusivamente ai fini dei calcoli degli obiettivi di riciclo fissati nella direttiva, non per affidarne la gestione e quindi “la privativa” esclusivamente ai Comuni”.
Allora che fare? La soluzione, per Unirima, è mantenere inalterata la distinzione tra rifiuti speciali riciclabili e rifiuti urbani e nella gestione, tra pubblico e privato recependo così com’è la direttiva quadro europea che ha come obiettivo quello di rendere il più possibile circolare l’economia, incentivando recupero e riutilizzo. Ma, altro che mercato ed economia circolare, le modifiche introdotte dal Ministero dell’Ambiente, “somigliano piuttosto a una statalizzazione forzata del sistema”. Sfugge ai più l’obiettivo finale: c’è chi sostiene possa essere quello di aumentare la base imponibile della tassazione alle attività che producono rifiuti speciali riciclabili. “Il motivo non mi è chiaro – taglia corto Sicilia – so per certo però che se non si tornasse indietro, un intero settore, vitale per l’economia del Paese, verrebbe cancellato per legge”.
Fonte: Huffington Post