Nuova emergenza rifiuti a Roma, mille discariche abusive e rischio commissariamento

Per ora le foto sono 1.000, scattate tutte a marzo e geolocalizzate con Google maps, ma presto potrebbero crescere ancora: Legambiente Lazio denuncia infatti la presenza di mille discariche abusive a Roma «chiedendo di segnalarne altri e manderemo la mappa anche alla Procura della Repubblica, come denuncia per abbandono di rifiuti a Roma».

«Questa è la mappa romana di un vergognoso smaltimento illecito, degli ecoreati, dell’abbandono stradale e delle conseguenze chiare del fallimento totale in Campidoglio nelle politiche sulla gestione dei rifiuti – spiega Roberto Scacchi, presidente di Legambiente Lazio – Di fronte al nuovo rischio rifiuti in strada causato dalla totale assenza di impianti, a partire da quelli per l’economia circolare, mentre ricomincia il valzer di soluzioni ponte per il conferimento altrove. Sarà necessaria la bonifica di questi mille luoghi, per porre l’ambiente al centro delle scelte nella capitale, come abbiamo indicato nel nostro Manifesto per costruire un’idea di futuro della città».

Che però a sua volta affronta sostanzialmente solo una parte, per quanto importante, delle criticità legate alla gestione rifiuti, ovvero quelle legate alla frazione organica della raccolta differenziata (7,3 milioni di tonnellate raccolte nel 2020 a livello nazionale, ovvero il 39,5% di tutta la differenziata e il 4,2% di tutti i rifiuti urbani e speciali che produciamo): gli unici impianti citati nel Manifesto sono infatti «almeno 10 impianti a biometano con dimensioni medio-piccole per la biodigestione anaerobica dell’organico raccolto». Purtroppo la problematica, per Roma e non solo, è molto più ampia.

A dimostrarlo per l’ennesima volta è il rischio di commissariamento per la gestione rifiuti della Capitale adombrato oggi dal presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. La città metropolitana non sa più dove smaltire i rifiuti che ogni giorno i cittadini producono, così ieri è arrivata un’ordinanza regionale per provare a trovare sbocchi altrove e oggi il governatore impone a Roma e Ama di trasmettere entro un mese «un piano impiantistico ai fini dell’autosufficienza in termini di trattamento, trasferenza e smaltimento […] in coerenza con gli atti già adottati da Roma Capitale, e fatto obbligo di realizzare uno o più impianti di trattamento e una o più discariche sul territorio di Roma Capitale», o scatteranno «poteri sostitutivi della Regione».

Dalle discariche abusive a quelle controllate il salto è enorme in termini di salute ambientale e umana, ma è ovvio che una prospettiva di economia circolare debba essere più ampia rispetto al semplice smaltimento. Su questo fronte anche il Piano regionale approvato la scorsa estate risulta però profondamente deficitario.

Nel frattempo, la situazione di Roma è sempre la stessa sin dalla chiusura nel 2013 della più grande discarica d’Europa, quella di Malagrotta: come ricordato pochi giorni fa dall’Acos, l’Agenzia indipendente per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali di Roma Capitale, istituita dal Consiglio comunale di Roma, in questo momento «la capacità di trattamento della Capitale copre il 15% dei rifiuti prodotti; l’invio di enormi quantità ad impianti terzi per il trattamento e lo smaltimento mette Roma in una posizione contrattuale debole, che implica sia condizioni economiche sfavorevoli, sia il rischio di subire improvvisi razionamenti degli sbocchi. Ciò comporta accumulo di rifiuti nelle aree di trasferenza e rallentamenti della raccolta in città, con i risultati che spesso sono sotto gli occhi di tutti, di cassonetti strabordanti circondati di sacchetti».

«Non si tratta – argomenta Carlo Sgandurra, presidente Acos – solo di un problema organizzativo su più livelli di governo, come dimostrato dal fatto che in diverse situazioni neppure le più agili gestioni commissariali hanno potuto risolvere i problemi relativi alla situazione impiantistica.

Giustamente, il testo sottolinea l’importanza della condivisione di un progetto, di una strategia con la popolazione. La sindrome Nimby esiste e va tenuta in conto, ma non nel senso di evitare più possibile il confronto con i cittadini, altrimenti si rinforza il pregiudizio e l’opposizione […]Non solo per le strategie di raccolta, ma soprattutto per la realizzazione dell’impiantistica, le scelte politiche vanno motivate. Gli aspetti tecnici, economici ed ambientali, hanno un grande peso sul settore dei rifiuti. “Rifiuti zero” è uno slogan che può indurre solo disorientamento nella popolazione, lasciando intendere che sia possibile arrivare ad un’economia circolare in assenza di impiantistica dedicata, cosa che non è. Ferma restando l’importanza della prevenzione, gli scarti non riciclabili vanno trattati, recuperati e smaltiti; il recupero energetico fa parte dell’economia circolare, non è un’altra cosa. Ora, il ritardo impiantistico mette Roma Capitale nella posizione di potersi dotare delle migliori tecnologie disponibili».

Fonte: Green Report

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