Da problema a risorsa: il riciclo SMART dei pannolini

Esistono territori particolarmente virtuosi, in cui la raccolta differenziata dei rifiuti, grazie a scelte che hanno privilegiato il porta a porta e la tariffazione puntuale, ha raggiunto livelli ampiamente superiori all’80%. La provincia di Treviso, nello specifico il bacino del Priula, nella zona corrispondente all’area della Destra Piave, un territorio di 1.300 Kmq con un bacino di circa 554.000 abitanti, servito da Contarina Spa è uno di questi. Proprio in queste realtà estremamente virtuose salta all’occhio il problema dei pannolini, pannoloni e assorbenti igienici femminili rappresentando una gran parte del “secco residuo”, arrivando a superare il 10% del materiale residuo a valle della differenziata.
E proprio in questa zona si è sviluppata, grazie all’impegno di Fater Spa e della divisione Fater SMART[1] una sperimentazione di riciclo e trasformazione degli assorbenti per la persona usati che ha portato risultati stupefacenti, con percentuali di riciclo del 100% della materia prima vergine.
Ci racconta l’esperienza  Giovanni Teodorani Fabbri, General Manager FaterSMART.

Dott. Teodorani, cominciamo con le presentazioni. Chi siete?
L’unità di business di cui stiamo parlando si chiama FaterSMART, dove SMART sta per Sustainable Materials And Recycling Technologies. È una divisione di Fater Spa, l’azienda leader in Italia per la produzione e la distribuzione di prodotti assorbenti per la persona, come Pampers, Lines, Linidor, Tampax, una joint venture fra Procter & Gamble e Gruppo Angelini. FaterSMART è una unità di business nata per consentire l’espansione su scala industriale, in Italia e all’Estero, di una tecnologia unica al mondo e completamente italiana in grado di riciclare i prodotti assorbenti per la persona usati, come pannolini per bambini, assorbenti igienici femminili e pannoloni per incontinenti, di tutte le marche, che per semplicità chiameremo “pannolini”.
I pannolini che ora finiscono al 70% in discarica e ad incenerimento per il restante 30%, grazie a questa tecnologia potranno essere riciclati al 100% per essere trasformati in materie prime seconde ad alto valore aggiunto come plastica, cellulosa e polimero ultra-assorbente, che potranno essere reimmesse nel ciclo produttivo ed utilizzate per molteplici applicazioni. Siamo davanti ad un esempio concreto di economia circolare. Ad un’azienda cioè, che, leader al mondo nella produzione di pannolini, ha sviluppato e industrializzato una tecnologia che consente il riciclo dei propri prodotti che fino ad ora non erano riciclabili, prendendosi dunque completamente cura del fine-vita. E creando una fonte di valore significativo, perché le materie prime seconde derivanti dal riciclo potranno essere riutilizzate, creando un valore aggiunto per tutti.

Quali sono le percentuali di riciclo del materiali che entrano nell’impianto?
Per quanto riguarda il prodotto originale, possiamo senza dubbio parlare di un 100% di riciclo. Il 100% dei materiali che costituiscono il pannolino vergine viene riciclato e trasformato in materie prime seconde. Continuo a parlare di pannolino ma ricordo che i prodotti assorbenti per la persona comprendono, oltre ai pannolini per l’infanzia, anche i pannoloni per adulti e gli assorbenti femminili. Ecco per tutti questi prodotti arriviamo a riciclare il 100% della materia vergine. Ovviamente il prodotto usato che entra in impianto ha anche una componente umana. Per ogni tonnellata di prodotto usato, grossomodo il 70% del peso è rappresentato dalla componente umana e solo il 30% dal prodotto. Quindi per ogni tonnellata di rifiuto riusciamo a recuperare 300 Kg di materie prime.

Il primo step di un’economia circolare prevede la riprogettazione di prodotti non riciclabili ai fini di una loro reale riciclabilità. Qual è la vostra azione da questo punto di vista?

Da ormai più di dieci anni stiamo provando a limitare l’impatto ambientale dei nostri prodotti. Da prima che nascesse il progetto di riciclarli. Ogni anno circa il 4% del fatturato viene investito in ricerca e sviluppo per la realizzazione di prodotti innovativi e più sostenibili. Ad esempio tramite il design, riducendo l’impiego di materie prime; rendendoli più compatti a parità di performances per ottimizzare la logistica; limitando l’utilizzo della plastica e utilizzando plastica che sia riciclabile a valle. Per parlare di numeri: Negli ultimi 20 anni è stato ridotto del 45% il peso dei pannolini per bambini, del 68% il packaging e del 19% il peso nei pannoloni per incontinenza.
Il vostro impianto ha subito un blocco legato a questioni autorizzative. Ci racconta cosa è successo?

Per ogni categoria di prodotto, affinché i rifiuti possano essere riciclati c’è bisogno, almeno per quel che riguarda l’UE, di un decreto “end of waste”, che consenta alla materia prima seconda recuperata di non essere più considerata “rifiuto” al pari dello scarto riciclato e di poter essere dunque immessa sul mercato. Senza questo decreto, le materie prime seconde derivanti da questi prodotti continuano ad essere considerate rifiuti e non possono essere vendute. Semplificando, i decreti “end of waste” sono lo strumento legislativo che consente all’output del riciclo di trasformarsi da rifiuto in risorsa e di rendere concreto il concetto di “economia circolare”.
Nel nostro caso il decreto “end of waste” non c’è ancora. Probabilmente anche in virtù della novità rappresentata dalla tecnologia che abbiamo sviluppato che trasforma in risorsa un rifiuto fino ad oggi irriciclabile. Sappiamo che le istituzioni si stanno muovendo ed abbiamo ricevuto forti rassicurazioni dal Governo in tal senso, sia dal Ministro per l’Ambiente Sergio Costa che dal Vice Premier e Ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio che è venuto in visita al nostro impianto. Quindi siamo fiduciosi sul fatto che la situazione si sblocchi il prima possibile.
Di fatto adesso l’impianto, pur essendo in grado di operare a livello industriale, è fermo. O meglio, può operare ma solo a livello sperimentale e comunque la materia prima seconda che esce dall’impianto non è rivendibile perché ancora considerato rifiuto. Fra l’altro la situazione non è solo un blocco per l’attività dell’impianto e per la vendita delle materie prime seconde. Abbiamo tante domande e tanti operatori interessati a replicare l’esperimento in altre regioni italiane, ma chiaramente stanno tutti aspettando che il decreto venga approvato, perché senza la possibilità di rivendere le materie prime seconde l’investimento non sarebbe giustificato. È un blocco anche per la crescita industriale: l’impianto ha una capacità teorica di trattamento compresa fra le 20 e le 30 tonnellate di rifiuto al giorno. Attualmente non possiamo trattare più di 5 tonnellate al giorno. Meno del 20% della capacità…

Avete lavorato sulla riprogettazione dei vostri prodotti e sul loro riciclo. Qual è la prossima sfida?

Il prossimo passo, sperando che il decreto “end of waste” venga approvato, è quello di espanderci il più possibile oltre il bacino a cui fa riferimento questo primo impianto, che è quello servito da Contarina.
Ci stiamo espandendo anche all’estero, ed abbiamo ricevuto manifestazioni d’interesse per replicare l’impianto in Olanda, Inghilterra, Francia, e anche da nazioni al di fuori della Comunità Europea.

Inoltre stiamo lavorando alla seconda fase del nostro progetto, denominata “EMBRACED” e finanziata al 60% della Comunità Europea nell’ambito del programma Bio Based Industry Joint Undertaken parte di Horizon 2020, che consentirebbe di ricavare dal riciclo dei pannolini non solo plastica, cellulosa e polimero super assorbente, ma anche bio-chimici ad alto valore aggiunto. Fra questi anche i bio-stabilizzanti, che sono il prodotto attualmente usato in agricoltura per limitare l’impatto del riscaldamento climatico sulle coltivazioni. Quindi passeremmo da un problema per l’ambiente (il pannolino che attualmente finisce in discarica) a un prodotto che aiuta a ritardare l’impatto del riscaldamento climatico passando attraverso a meccanismi di economia circolare.

Lei sottolinea che il vostro impianto sorge nel bacino di Contarina, terra di eccellenza per modalità, quantità e qualità di raccolta differenziata. In quel bacino è prevista una raccolta dedicata per gli assorbenti per la persona.  Un impianto come il vostro riuscirebbe a sopravvivere in un altro contesto?

La buona notizia è che al di là di Contarina, in Italia sono già dodici milioni di cittadini che sono serviti dalla raccolta differenziata degli assorbenti ad uso umano. Circa il 20% della popolazione nazionale, dunque. Ed è un numero che aumenta ogni anno di circa un milione di unità.
Ma il tema non è e non può essere legato solo alla nostra tecnologia: affinché l’economia circolare si realizzi, al di là delle tecnologie, abbiamo bisogno di normative che la facilitino, che spingano i produttori a riprogettare i propri prodotti per limitarne l’impatto ambientali, che favoriscano sistemi di raccolta spinta, che permettano al mondo del riciclo di operare così da rappresentare appieno la risorsa sociale, economica ed ambientale che sono. Ma richiede anche e forse soprattutto l’impegno dei cittadini nel perseguire ed applicare buone pratiche.

[1] http://www.fatersmart.com

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