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Rifiuti: le proposte dei Comuni Virtuosi al ministro Costa

Il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha incontrato ieri in audizione una delegazione di sindaci e amministratori locali appartenenti all’Associazione Comuni Virtuosi.

L’incontro, svoltosi in modalità da remoto, è stata l’occasione per presentare all’On. Sergio Costa le istanze, le criticità e le proposte delle comunità locali in tema di sostenibilità ambientale, burocrazia e risorse.

E’ stata una discussione a tutto campo che ha permesso ai nostri sindaci di evidenziare le fortissime criticità che le comunità locali stanno attraversando – commenta Marco Boschini, coordinatore della rete -, ma anche per mettere in luce i tanti progetti e buone pratiche dai quali scaturisce una visione di società e modello di sviluppo radicalmente diversa da quella purtroppo ancora in voga. Il Ministro si è impegnato a fare sue le istanze che riguardano le deleghe dell’economia circolare e del dissesto idrogeologico, condividendo con i suoi colleghi di Governo le nostre proposte legate alla mobilità e all’energia“.

IL DOCUMENTO

L’Associazione Comuni Virtuosi è una rete di 130 comuni che, dal 2015, opera per diffondere a livello culturale buone pratiche in campo ambientale sperimentate con successo dalle comunità locali. Gestione del territorio, impronta ecologica e beni comuni, rifiuti, mobilità e nuovi stili di vita, partecipazione attiva delle cittadine e dei cittadini, accoglienza ed inclusione sociale: sono queste le tematiche intorno a cui si svolge l’azione nei territori della nostra associazione.

Negli anni sono numerosi gli strumenti messi in campo per assolvere al compito di scoprire, far conoscere e valorizzare, per poi diffondere, progetti e idee che mettono al centro la sostenibilità ambientale non come moda del momento, ma come paradigma culturale attraverso cui declinare tutta la politica di un ente. Per portare luce un po’ prima che arrivi l’alba.

Da quando il Covid-19 si è abbattuto su di noi, viviamo un tempo complicato e drammatico. I nostri sindaci sono il terminale delle istituzioni repubblicane, il km. Zero della democrazia. I nostri sindaci non hanno filtri o anticamere, tutti i giorni sono in contatto diretto con i cittadini che amministrano e con i quali condividono la quotidianità. Stiamo vedendo morire parenti, amici, conoscenti. Un pezzo importante di comunità che se ne va in silenzio, in un dolore intimo e collettivo che non ha precedenti nella storia recente dei nostri territori. All’emergenza sanitaria si è subito affiancata quella sociale, economica ed occupazionale, mettendo in discussione l’ordine delle priorità, i programmi e le progettualità previste fino a pochi giorni prima da tutti i comuni colpiti dalla pandemia.

Abbiamo dovuto azzerare tutto, fermarci, e costruire daccapo esperimenti di welfare emergenziale che hanno in primis tentano di arginare l’emorragia, sottraendo interi nuclei familiari alla minaccia della povertà e dell’isolamento. Ci siamo fatti carico di tradurre in pratica molti dei provvedimenti previsti dal Governo, e ce la stiamo mettendo davvero tutta per mantenere uniti i paesi e quindi il Paese nel suo insieme.

In questo momento sentiamo l’esigenza di avanzare una serie di richieste e di proposte che possano aiutarci ad esercitare al meglio il nostro ruolo istituzionale temporaneo. Non le nascondiamo che in questi mesi ci siamo sentiti spesso lasciati soli, senza informazioni, con pochi strumenti (risorse economiche e risorse umane), schiacciati dal peso di una burocrazia quanto mai intollerabile che ci ha reso a volte incapaci nell’azione, come una situazione emergenziale richiederebbe per rendere più efficaci le misure studiate. Prima di qualsiasi altra cosa i nostri sindaci chiedono di essere messi nelle condizioni di poter svolgere al meglio il proprio compito, e di immaginare una nuova fase che non sia la ripartenza del mondo com’era prima, ma la progettazione di una società che rimetta al centro le persone, la cura del creato, e la sostenibilità ambientale come paradigma culturale ed economico per ricostruire la società dalle macerie di un modello di sviluppo che dobbiamo avere il coraggio di abbandonare.

L’Associazione Comuni Virtuosi proponeuna strategia volta ad interrompere il consumo di suolo, la messa in sicurezza del territorio (dissesto idrogeologico) e del patrimonio edilizio pubblico e privato (anche in chiave antisismica), la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio pubblico (sedi istituzionali, scuole, biblioteche, musei, impianti sportivi, ecc.) e privato, il recupero e il riuso di aree dismesse, edifici e luoghi abbandonati.

Chiediamo, a questo proposito, una premialità finalizzata a trasferire maggiori risorse dallo Stato ai comuni, per quelle municipalità che rinuncino agli oneri di urbanizzazione per la preservazione del territorio, così come per quei comuni che hanno percentuali elevate di raccolta differenziata, di riciclabilità effettiva dei materiali raccolti e soprattutto di riduzione nella produzione dei rifiuti stessi. Chiediamo che chi adotta piani energetici comunali che garantiscono all’ente un’effettiva riduzione di consumi energetici da fonti fossili venga premiato a discapito di chi insiste nella strada dello spreco e delle inefficienze. Il tutto a parità di risorse destinata dallo Stato agli enti locali, secondo il principio che i maggiori contributi per i virtuosi vengano dai comuni “spreconi”.

RIFIUTI

Introduzione

In un paese come l’Italia, caratterizzato da importanti carenze infrastrutturali nella filiera di gestione dei rifiuti e profonde differenze nella qualità dei servizi di gestione erogati a livello territoriale, l’attenzione del legislatore nazionale e degli enti locali è comprensibilmente posta in via prioritaria al miglioramento dei sistemi di raccolta e avvio a riciclo, alla regolazione del servizio e a colmare il gap impiantistico, specie nelle regioni del centro sud. Il recente D.lgs. 116/2020, di recepimento delle Direttive 851 e 852/2018, i lavori in corso per la definizione del Programma nazionale di gestione dei rifiuti e la condivisibile attenzione posta nel quadro della legge di Bilancio alla diffusione sul territorio nazionale di sistemi di tariffazione puntuale dei rifiuti vanno certamente in questa direzione. 

Come Associazione Comuni Virtuosi (nel seguito ACV) riteniamo tuttavia imprescindibile, considerata l’entità delle crisi ambientale (e di conseguenza economica e sociale) che si paventa all’orizzonte, rafforzare le misure finalizzate alla prevenzione dei rifiuti alla fonteanche (ma non solo) attraverso l’estensione e il miglioramento degli schemi di responsabilità estesa del produttore (nel seguito schemi EPR), con l’obiettivo di incidere in maniera strutturale sulla quantità di rifiuti prodotti e, conseguentemente, sul consumo di risorse naturali e sugli impatti ambientali che tale consumo porta con se. 

Risulta ormai evidente che senza un cambio di paradigmaed interventi strutturali di modifica dei modelli prevalenti di produzione e consumo, la raccolta differenziata e il riciclo non saranno sufficienti a “ricondurre lo sviluppo sui binari della sostenibilità”. A quasi 50 anni di distanza dai primi allarmi provenienti dalla comunità scientifica internazionale sui “limiti dello sviluppo”, il tempo a nostra disposizione è ormai finito. 

Nel seguito, nel solco delle brevi riflessioni sopra esposte, sono sinteticamente elencate alcune proposte finalizzate in primo luogo a dare corpo, dignità e struttura alle politiche di prevenzione dei rifiuti, a sostenere la diffusione di sistemi, prassi operative e modelli di business basati sull’utilizzo di prodotti riutilizzabili (sia nell’ambito dei beni durevoli che in sostituzione dei prodotti monouso) e ad estendere il ruolo e il campo di applicazione della responsabilità estesa del produttore.

Azioni di sistema

Decreto per incentivare il riutilizzo

La Direttiva SUP (Dir.904/2019), nonché le Direttive 98/2008 e 94/62/CE come modificate rispettivamente dalle Direttive 851 e 852/2018, chiariscono inequivocabilmente quali sono gli obiettivi primari da perseguire, richiamando l’attenzione sulla necessità di una drastica riduzione dei rifiuti e del consumo di risorse naturaliassociato al ciclo di vita dei relativi prodotti, e sulla promozione di sistemi basati sull’impego di prodotti riutilizzabili. Va ricordato inoltre che nell’ambito del nuovo Piano di Azione per l’Economia circolare (COM(2020)0098), la Commissione Europea si è impegnata ad avviare un lavoro di analisi per determinare l’ambito di applicazione di un’iniziativa legislativa specifica sul riutilizzo al fine di sostituire, nei servizi di ristorazione, gli imballaggi, gli oggetti per il servizio da tavola e le posate monouso con prodotti riutilizzabili. Ai fini dell’identificazione delle misure atte ad incentivare il riutilizzo di cui all’ articolo 219-bis comma 2 del decreto legislativo 3 aprile 2006 riteniamo opportuna la costituzione di un tavolo intersettorialecon i principali portatori di interesse al quale, fin da ora, ACV comunica il proprio interesse e la propria disponibilità a partecipare.

Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti (PNPR)

In analogia al percorso intrapreso per la definizione del Programma Nazionale di Gestione Rifiuti riteniamo opportuna la costituzione di un tavolo istituzionale al quale invitare anche i principali portatori di interesse, per la ridefinizione del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti ai sensi dell’articolo 180 del Dlgs 152/2006 e dei relativi indicatori. Anche in questo caso ACV comunica fin da ora il proprio interesse e la propria disponibilità a fornire il proprio contributo.

Osservatorio nazionale sulla prevenzione dei rifiuti

Costituzione dell’Osservatorio Nazionale sulle politiche locali di Prevenzione dei Rifiuti ai fini del monitoraggio e della diffusione delle buone pratiche adottate dalle amministrazioni locali (Regioni, Comuni, Città metropolitane…). Al fine di garantire la diffusione delle buone pratiche e la trasparenza delle iniziative avviate dagli enti locali, si propone inoltre di istituire un meccanismo di rendicontazione e pubblicazione dei progetti e delle iniziative di prevenzione dei rifiutiavviate dai Comuni i cui costi ricadono nel perimetro del Piano Economico Finanziario (PEF) del servizio di gestione dei rifiuti urbani. Come noto, il nuovo metodo tariffario (MTR) introdotto dalla delibera ARERA 443/2019 ha introdotto la possibilità di inserire nel PEF (nella voce CARC) i costi dei progetti e delle iniziative finalizzate alla prevenzione della produzione dei rifiuti urbani. 

Fondo nazionale per l’attuazione del PNPR

Costituzione di un capitolo di spesaspecifico, all’interno delle disposizioni finanziarie del MATTM, finalizzato a garantire la realizzazione degli interventi del PNPR di competenza ministeriale.

Ecotassa

a) Intervento sull’art. 3 comma 27 della Legge 28 dicembre 1995 n. 549 al fine di assicurare la destinazione di una quota minimadel gettito dell’ecotassa (dovuta alle Regioni) all’attuazione dellepolitiche regionali di prevenzione dei rifiuti;

b) Estensione dell’Ecotassa agli impianti di trattamento termico dei rifiuti indifferenziati.

EPR e nuove filiere

Accelerare il processo di definizione e introduzione di schemi EPR per altre filiere con particolare riguardo ai seguenti settori: prodotti tessili e di abbigliamento, mobili ed arredi (es. armadi, tavoli, sedie, letti, materassi, divani, poltrone etc…), carta non da imballaggio (es. carta grafica, carta assorbente e per usi igienici), plastiche non da imballaggio, articoli sportivi, pannolini, farmaci e parafarmaci, materiali da costruzione, filtri di sigarette,salviettine umidificate.

Preparazione per il riutilizzo

Completare il quadro di riferimento normativo per consentire la realizzazione e la gestione dei centri per la preparazione al riutilizzo dei rifiuti di cui all’art. 181 del TUA.

Pianificazione e finanziamento per la costruzione di impianti di trattamento dell’organico nelle regioni del SUD Italia.Pianificare e cofinanziare la costruzione entro il 2023 di impianti per la valorizzazione della frazione organica in particolare nelle regioni del Sud Italia. 

Definizione del redigendo Programma Nazionale di Gestione dei Rifiuti secondo determinanti coerenti con la visione della Economia Circolare

In merito, vanno evitati approcci riduzionisti basati in particolare sull’applicazione della formula semplificata (ed errata) “100-65-10”, proposta per calcolare una malintesa “necessità di incenerimento”.La formula è errataper le motivazioni esposte nel documento a firma congiunta delle principali ONG[1]Il “Piano Nazionale di Gestione dei Rifiuti”: occasione per guidare un’accelerazione virtuosa da parte dei territori, o l’ennesimo errore tecnocratico? “. La formula è errata: nell’approccio metodologico, in quanto il 65% è obiettivo minimo, non massimo di recupero netto di materia, e molti territori, anche vasti, hanno già dimostrato che il sistema può evolvere ben oltre tale livello, nel rispetto della visione della Economia Circolare;nei presupposti operativi, in quanto l’incenerimento, che può causare l’ingessamento del sistema in molte aree configgendo con gli scenari evolutivi previsti dall’agenda sull’ economia circolare,  non è l’unica tecnologia di trattamento del RUR, né l’unica che ne riduce impatti e quantità destinate a discarica.

Azioni specifiche

Product as a service

Introduzione di specifiche misure, con particolare riguardo alle misure di carattere economico e fiscale, finalizzate a favorire la nascita e il consolidamento di nuovi modelli di business ispirati al modello “PaaS – Product as a Service[2]”. Tali misure potrebbero riguardare un’ampia gamma di prodotti di largo consumo, e in particolare:

Contenitori riutilizzabili per l’asporto di alimenti e bevande nel settore della ristorazione;

Contenitori riutilizzabili per la movimentazione delle merci (es. cassette riutilizzabili per la logistica distributiva nel settore alimentare: ortofrutta, prodotti da forno, prodotti ittici, carne e prodotti di derivazione animale in genere etc…; cassette riutilizzabili per la logistica distributiva nel settore NON alimentare). Tali sistemi di logistica inversa che sono già una pratica matura nelle movimentazioni merce della GDO e industriale andrebbero estesi ai settori del commercio ambulante soprattutto alimentare come da sperimentazione avvenuta a Torino con il progetto Oikos presso il CAAT | Centro Agro Alimentare di Torino[3].

Abbigliamento

Prodotti non alimentari per l’infanzia (articoli sportivi, abbigliamento, giocattoli etc…) 

Imballaggi per e-commerce

Pannolini

Riparazione dei beni

Introduzione di specifiche misure, con particolare riguardo alle misure di carattere fiscale(es. IVA agevolata), destinate alle attività artigianali di riparazione dei beni (es. abbigliamento e calzature, arredo domestico, biciclette, apparecchiature elettriche ed elettroniche, etc…). Si ritiene che il Ministero dell’Ambiente dovrebbe farsi promotore di un approfondimento nel merito in stretta collaborazione con il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Centri del Riuso

Sostenere, anche economicamente, lo sviluppo di Centri del Riuso a sostegno di reti locali di  riutilizzo e di riparazione, finalizzate al riuso dei beni ancora utilizzabili.

Biblioteche degli attrezzi/repair cafè

Istituire un fondo nazionale per la realizzazione da parte dei Comuni di “biblioteche degli attrezzi” ovvero di luoghi destinati alla condivisione di attrezzature e conoscenze per la manutenzione e riparazione dei beni.

Portale della prevenzione

Predisposizione del Portale Nazionale sulla Prevenzione dei rifiutiprevisto dal PNPR di cui al decreto direttoriale del 7 ottobre 2013 in stretta sinergia con l’Osservatorio di cui al punto 3).

EPR e prevenzione

Assicurare che i regimi di responsabilità estesa del produttore garantiscano risorse finanziarie specifiche(es. attraverso la costituzione di uno specifico Fondo sulla prevenzione e il riutilizzo alimentato con una %le del contributo ambientale versato dalle imprese) destinate al sostegno di progetti e iniziative di riduzione dei rifiuti alla fonte – diverse dalla riduzione del peso dei prodotti immessi sul mercato -, ivi inclusi, ove pertinente, i progetti e le iniziative volte a favorire l’adozione di sistemi basati sull’utilizzo di prodotti riutilizzabili in sostituzione dei prodotti monouso;

Sistemi di depositi su cauzione per i contenitori di bevande

sistemi di deposito con cauzioneche vengono indicati tra le azioni da intraprendere nella Direttiva SUP per migliorare le capacità di intercettazione delle raccolte differenziate (Art.9[4]) sono uno strumento imprescindibile per raggiungere percentuali di intercettazione che vanno ben oltre al 90% con tutti i ben noti effetti positivi per l’ambiente, l’economia circolare, l’occupazione e le casse comunali che possono beneficiare del risparmio di risorse finanziarie importanti che vengono impiegate attualmente nella raccolta differenziata, nello svuotamento dei cestini stradali e nelle pulizie ambientali di pertinenza comunale. Non avendo ancora raggiunto il 60% di intercettazione delle bottiglie in PET ( 58,29 % ultimo dato del 2019 elaborato da varie fonti ) è alquanto improbabile che si arrivi al 77% tra 4 anni (2025) e al 90% al 2029 come prevedono gli obiettivi della Direttiva SUP. Non per nulla alla decina di paesi europei che hanno da tempo in vigore un sistema di deposito per bottiglie di plastica e lattine si aggiungeranno altri 11 paesi europei che hanno deciso di introdurre o espandere il proprio sistema nazionale nei prossimi due-tre anni. Tra questi ci sono paesi come il Portogallo, la Romania, la Grecia e la Turchia. A questo proposito va detto che per aumentare la quota di vuoto a rendere disponibile in commercio casi studio internazionali hanno dimostrato che sia indispensabile avere un sistema di deposito per i contenitori monouso già in vigore. Oltre che un contesto legislativo che imponga ai produttori e rivenditori obiettivi di prevenzione, riduzione e riuso per tutte le categorie di contenitori monouso. Ci sono paesi europei che hanno allo studio misure in tal senso.   Riteniamo, anche come membri della Piattaforma multi-takeholder Reloop[5]per la promozione dell’Economia Circolare sia pertanto necessario aprire un tavolo di confronto con tutti i portatori di interesse pubblici e privati che ne saranno coinvolti. Abbiamo a disposizione una rilevante evidenza documentale tra studi di fattibilità economica e ambientale realizzati da paesi membri che sono in fase avanzata di introduzione del sistema, sia come accordi tra le parti coinvolte che come predisposizione di leggi nazionali per una prossima introduzione del sistema.

EPR e diversificazione contributiva

Assicurare che i regimi di responsabilità estesa del produttore garantiscano trasparenza e pubblicità sull’efficacia del sistema di diversificazione contributiva adottato. L’efficacia del sistema di diversificazione contributiva dovrebbe essere valutata in relazione alla sua capacità di incentivare i produttori, al momento della progettazione dei prodotti, a tenere conto in maggior misura della riciclabilità, della riutilizzabilità, della riparabilità e della presenza di sostanze pericolose.

Tariffazione puntuale

Prevedere l’obbligatorietà dell’introduzione di sistemi di tariffazione puntualenella tariffazione dei servizi di igiene urbana a utenze domestiche e non domestiche, entro il 2023. L’obbligo potrebbe essere rinviato di un anno per le città oltre i 150 mila abitanti. Questo strumento, come da sempre per i servizi idrici ed elettrici, potrebbe spingere l’utenza a comportamenti più attenti alla sostenibilità e di conseguenza, anche di maggiore sensibilità fin dagli acquisti, prediligendo una minimizzazione degli scarti non riciclabili.

Semplificazione amministrativa nel settore riciclo

L’attuale normativa che regola le autorizzazioni per la realizzazione di impianti di trattamento rifiuti prevede iter amministrativi che mettono sullo stesso piano impianti per lo smaltimento, con impatti ambientali superiori, ad impianti per la selezione/riciclo/pressatura dei materiali da raccolta differenziata che di fatto hanno in molti casi impatti ambientali poco rilevanti. Questo comporta tempi lunghi anche per l’autorizzazione e l’avvio di piattaforme a supporto delle filiere dell’economia circolare, deficitarie soprattutto al centro-sud. Prevedere iter amministrativi semplificati per queste tipologie impiantistiche aiuterebbe sia le aziende che effettuano la raccolta che quelle che si occupano dei passaggi successivi fino al riciclo.

Una carbon tax per accelerare la conversione ecologica

L’introduzione di una carbon tax che penalizzi economicamente le produzioni ambientalmente più impattanti favorirebbe la loro progressiva conversione verso una maggiore sostenibilità e potrebbe generare un importante flusso finanziario da destinare a progetti a livello locale di riduzione della produzione di Co2. 

Capitolo rifiuti, autori: Silvia Ricci, Paolo Azzurro, Ezio Orzes, Enzo Favoino, Paolo Contò, Alessio Ciacci.

MOBILITA’

Il problema

L’Italia ha il record europeo per quanto riguarda il tasso di motorizzazione, con una media di 625 auto ogni 1.000 abitanti. Milano, al momento la città più virtuosa in Italia con 52 auto ogni 100 abitanti, ha comunque il doppio delle auto rispetto alle grandi città europee come Berlino, Parigi, Amsterdam Londra, Monaco, …

Automobile che secondo una recentissima ricerca europea:

‐ è parcheggiata per il 92% del tempo ad occupare prezioso spazio pubblico;

‐ si trascorre 1/3 del tempo di guida in cerca di parcheggio;

‐ di media, i 5 posti dell’auto spostano solo 1,5 persone;

‐ il 40% dei tragitti effettuati in auto in ambito urbano è inferiore ai 3 Km, il 60% inferiore ai 5 Km.

Le conseguenze di questo uso eccessivo dell’automobile sono evidenti nell’invasione della strada come spazio pubblico(frequente presenza di sosta illegale con pochissime sanzioni), crollo della qualità della strada come spazio pubblico, percorsi pedonali sempre più stretti ed inaccessibili. Abbiamo massimizzato l’uso della strada per l’automobile a discapito degli spazi delle persone e della qualità urbana.

La soluzione

RIDUZIONE DEL PARCO AUTO E DELLA SOSTA IN STRADA

Le migliori esperienze europee in fatto di mobilità sostenibile hanno lavorato sul disincentivo dell’auto privata e sulla riduzione della sosta in strada per recuperare spazio a favore delle persone: marciapiedi più ampi, piste ciclabili, verde, sedute, spazi per il commercio locale, …

Alcuni esempi:

Prof. Greg J. Ashworth, dell’Università di Groningen: Il modo migliore per convincere la gente a non usare la macchina è ridurre i parcheggi. A Groningen (Olanda, 190mila abitanti) il 50% degli spostamenti avviene in bicicletta. A partire dagli anni 70 l’amministrazione ha realizzato un serie di progetti che hanno scoraggiato l’uso dell’auto a favore della bicicletta. Il risultato è che oggi ci sono 75mila auto e 300mila biciclette. «Le aziende devono incoraggiare i loro dipendenti a non usare la macchina e ci sono vari modi per farlo: possono mettere dei parcheggi coperti per bici, delle docce oppure degli armadietti. Alcune offrono abbonamenti al trasporto pubblico o dei bonus per chi non usa l’auto. L’ideale però è rendere difficile parcheggiare».

Amsterdam, città per eccellenza della ciclabilità in cui solo il 25% della popolazione utilizza l’auto privata, ha recentemente approvato un PUMS che prevedere di eliminare 1.500 posti auto all’anno fino al 2025. Lo spazio ricavato sarà destinato alle piste ciclabili, all’allargamento dei marciapiedi o alla messa a dimora di nuovi alberi: insomma sarà spazio restituito alla collettività e alla vivibilità della strada come spazio pubblico.

Copenhagen, città di 1.200.00 abitanti in cui oltre il 50% della popolazione si muove regolarmente in bicicletta, il Dirigente del settore Mobilità afferma che: “non è possibile creare città per ciclisti senza fare scelte politiche forti. Serve darsi delle priorità e cioè rimuovere parcheggi in strada e ridurre la capacità stradale”

Parigirecentemente il vicesindaco Belliard ha annunciato l’eliminazione del 50% degli stalli auto di superficie per far posto a nuovi spazi pubblici, nuove piazze, nuove aree verdi e nuove ciclabili.

Il problema

Nelle città italiane la strada è purtroppo ancora considerata assoluta proprietà dell’automobile.

Lo si vede:

‐ nel fatto che siamo l’unico paese in Europa in cui il pedone ringrazia l’automobilista quando attraversa sulle strisce pedonali, dove si misura il valore della vita e dove ancora nel 2019 sono stati investiti e uccisi 600 pedoni;

‐ nella presenza purtroppo troppo frequente di auto in divieto di sosta (in doppia fila, sulle strisce pedonali, sui marciapiedi,…) tanto che abbiamo ormai accettato socialmente tale illegalità;

‐ nelle polemiche sorte recentemente per le nuove corsie ciclabili, attuate con successo da decenni in tutta Europa ed ora finalmente realizzabili anche in Italia grazie alla nuova Normativa, perché è stato sottratto giustamente spazio alle auto e non più ai pedoni, potendo così evitare il conflitto tutto italiano tra gli utenti deboli della strada (pedoni e ciclisti).

In realtà, la strada è uno spazio urbano in cui devono convivere diverse categorie di utenti, dal pedone al ciclista, dall’automobilista al motociclista. L’effetto di questa errata convinzione è un uso della strada aggressivo soprattutto da parte degli automobilisti, con conseguenze negative sul piano della sicurezza, della qualità ambientale ed anche dal punto di vista educativo.

La soluzione

LA STRADA È DI TUTTI A PARTIRE DAL PIU’ FRAGILE

Considerare la strada urbana non solo come asse di scorrimento del traffico veicolare quanto come spazio di relazione tra una pluralità di utenti (automobilisti, pedoni, ciclisti, residenti, studenti, …) e di funzioni (concetto di living street nato in Inghilterra negli anni ‘70).

L’80% dello spazio aperto accessibile nelle nostre città, il luogo delle attività e delle relazioni sociali, è costituito dalle strade, che devono tornare ad essere un luogo sociale, il luogo di vita per eccellenza delle città, per usi decisamente più ricchi e inclusivi.

Citando Gil Penalosa: “Le strade per le persone includono le automobili. Le strade per le automobili non includono tutte le persone. Creiamo città per tutte le persone. Adesso!”

Il problema

La strage quotidiana e la violenza stradale. In Italia ogni anno per incidente stradale si verificano quasi 3.500 morti e quasi 250.000 feriti. Stiamo parlando di un morto ogni 2,5 ore e un ferito ogni 3 minuti (e di 43 bambini morti nel solo 2019). Siamo l’unico paese europeo in cui l’incidentalità urbana continua a crescere, con numeri doppi rispetto alla media europea:

‐ ITALIA 28.9 morti per milione di abitanti

‐ NORVEGIA 5.3 morti per milione di abitanti

‐ GRAN BRETAGNA 10.9 morti per milione di abitanti

‐ GERMANIA 15.7 morti per milione di abitanti

I costi sociali di tale strage sono stimati nell’ordine di 17 miliardi l’anno da ISTAT, che “incomprensibilmente” sottostima notevolmente il dato, come evidenziato molto bene da Stefano Guarnieri in un recente articolo scritto per Asaps (https://www.asaps.it/downloads/files/pag_8‐cent232.pdf) in cui evidenzia che il costo è in realtà il doppio, quasi 34 miliardi di euro, quasi il 2% del PIL italiano.

La soluzione

LA CITTA’ 30

Da uno studio condotto dai ricercatori olandesi Piet Rietveld e Vanessa Daniel emerge che il principale deterrente all’utilizzo della bicicletta e aggiungo della mobilità pedonale) è la scarsa sicurezza stradale. Il rischio di essere coinvolti in un incidente stradale è percepito al punto tale da convincere molti potenziali ciclisti a lasciare a casa la bici per utilizzare anche loro l’automobile. E sappiamo bene che il fattore determinante della gravità dell’incidente è la velocità. È per questo che la maggior parte delle nazioni e città europee stanno lavorando per avere la “città 30”, cioè limite di velocità a 30Km/h su tutte le strade urbane, in alcuni casi ad eccezione della viabilità principale. Esempi concreti sono le città di Parigi, Berlino, Bilbao, Lille, Valencia, Madrid, Amsterdam, Bruxelles, Copenhagen, etc… solo per citarne alcune.

Ma soprattutto:

‐ il Governo olandese ha recentemente (27/10/2020) votato in Parlamento una legge che prevede il limite di velocità a 30 km/h come norma per TUTTE le strade urbane in tutto il paese (utilizzando il claim: Strade per le persone, non per le auto)

‐ il Governo spagnolo ha modificato la legislazione per ridurre gli incidenti stradali introducendo il limite di 30km/h su TUTTE le strade urbane con una corsia per senso di marcia (il limite di 50Km/h rimarrà solo per le strade con 2 o più corsie per senso di marcia).

Serve al più presto anche in Italia seguire l’esempio di questi paesi, per salvare vite umane e ridurre i costi sociali che ne derivano. Ridurre la velocità in ambito urbanosignifica inoltre poter dedicare meno spazio all’automobile a favore di maggiori spazi per le persone e la qualità e vivibilità delle nostre città. Significa spazi pedonali più ampi e sicuri, spazi per la ciclabilità, per il verde urbane, per il commercio locale. Città realmente inclusive e accessibili.

Il problema

In Italia lavoriamo troppo poco con la comunicazione, fondamentale invece per raccontare e far comprendere la necessità del cambiamento. Nella città di Monaco, dove solo il 27% dei cittadini utilizza l’automobile, per ogni progetto di mobilità sostenibile investono il 25% delle risorse in comunicazione. Hanno capito che anche il più bel progetto se non viene spiegato e raccontato non viene compreso ed anzi spesso rifiutato.

La soluzione

COMUNICAZIONE

Serve al più presto un dibattito pubblico a livello nazionalesulla necessità di cambiare il modello di mobilità nelle città italiane, raccontano nel miglior modo possibili i vantaggi della mobilità sostenibile, che riguardano tutti e non solo una delle categorie del traffico.

Abbiamo gli argomenti (alcuni già evidenziati nei punti precedenti), utilizziamo insieme a professionisti di ogni settore (non solo esperti di mobilità, ma anche pediatri, psicologici, esperti di rumore, inquinamento, …).

Solo qualche esempio:

‐ raccontiamo cos’è una zona 30 (troppo spesso diamo per scontato che il semplice cittadino ne comprenda i benefici);

‐ mostriamo come l’occhio umano non sia fatto per le grandi velocità, tanto che gli spicologi del traffico europei sostengono che la velocità di 50 Km/h è incompatibile con la precedenza accordata ai pedoni;

‐ facciamo vedere come riducendo la velocità, lo spazio di frenata dei veicoli è molto più breve;

‐ raccontiamo che i pericoli del traffico frenano lo sviluppo dei bambini (uno studio danese effettuato su 19.527 studenti di età compresa tra 5 e 19 anni ha dimostrato che Chi va a scuola in autonomia, a piedi o in bicicletta, ha maggiore capacità di apprendimento e di concentrazione);

‐ raccontiamo l’efficacia della moderazione del traffico: il traffico diventa più fluido e scorrevole, il traffico di transito viene disincentivato, migliora la qualità dello spazio urbano, diminuisce notevolmente il numero e la gravità degli incidenti, vengono eliminate le barriere architettoniche, viene favorito lo sviluppo della personalità del bambino che entra in relazione e si rapporta con le auto, miglioramento ambientale: minori emissioni inquinanti (ossidi d’azoto, anidride carbonica, polveri.) e minor inquinamento acustico e non ultima la rivalutazione delle proprietà immobiliari;

‐ mostriamo come Numerose ricerche, condotte nei paesi che hanno adottato da molti anni gli indirizzi di intervento caratteristici delle tecniche di moderazione del traffico, evidenziano che la riduzione di velocità comporta benefici non soltanto per gli utenti deboli della strada, ma anche per gli stessi automobilisti. Non sono quindi misure contro gli automobilisti, bensì a favore della sicurezza e della convivenza tra tutti gli utenti della strada, per ridare qualità alla strada come spazio pubblico.

Capitolo Mobilità, autore: Matteo Dondé 

ENERGIA

Il consumo energetico è una delle fonti indirette di inquinamento più rilevanti della attività dei comuni e dei loro territori.  E parallelamente la spesa energetica è una delle voci di uscita più implacabilmente costanti nei bilanci delle amministrazioni locali: una voce in crescita continua, perché costantemente cresce il costo di gas e di energia elettrica. 

Perciò i Comuni vanno supportatiad avviare sistematicamente una politica energetica pubblica che veda l’energia, la sua produzione e il suo risparmio (e in generale l’accesso stesso all’energia da parte dei cittadini) come uno dei beni comuni, come strumento per la diminuzione dell’inquinamento e della dipendenza energetica, sia delle comunità locali che del Paese.

Riqualificazione energetica degli immobili

I fondi attuali sono congrui. Va aumentata la possibilità di anticipo da parte del GSE, per facilitare la partenza dei progetti, e la consulenza agli enti. Va incentivata la possibilità di cessione del creditoalle aziende realizzatrici o al Comune stesso per consentire la riqualificazione dell’enorme (ed energivoro) patrimonio dell’Edilizia Residenziale Pubblica. Oggi i cittadini più fragili non hanno accesso al risparmio energetico e alle energie rinnovabili (per mancanza di capienza fiscale e di accesso al credito) proprio i cittadini che più ne avrebbero bisogno, e proprio chi meno ha più paga consumi energetici che sarebbero facilmente comprimibili.

Fotovoltaico

Potenziare lo Scambio Sul Posto Altrove, (SSP), uno scambio sul posto senza obbligo di coincidenza tra i punti di prelievo e di immissione che, consentendo l’utilizzo di reti pubbliche per gli scambi di energia in prelievo e immissione, rappresenta un’approssimazione ad una micro-rete urbana. Questo andrebbe aumentato con copertura anche dei costi di dispacciamento e soprattutto aperto ai comuni sopra i 20.000 e ai privati cittadini (magari raccolti in comunità energetiche). Infatti i comuni sopra i 20.000 abitanti rappresentano un consumo rilevante, ma non hanno disponibilità di superfici proprie. Ciò consentirebbe di sfruttare le superfici coperte (industrie, stalle) da parte delle città e dei privati cittadini.

Eolico

I Comuni dovrebbero avere la possibilità di investire e realizzare impianti eolici o fotovoltaici, vedendosi riconosciute le produzioni ad abbattimento dei propri consumi e/o di quelli dei cittadini. Tale possibilità andrebbe garantita anche alle comunità energetichee gruppi di consumo dei cittadini. Perché solo i grandi investitori privati hanno di fatto la possibilità di investire in questi impianti? Sole, aria, vento, sono beni pubblici, e gli impianti che ne traggono energia e utili dovrebbero essere anche pubblici. 

Biometano e idrogeno

Questa risorsa energetica rinnovabile, assieme alla riqualificazione energetica, è potenzialmente una delle poche opportunità di produrre energia rinnovabile. Va creato un ‘conto GAS’simile al vecchio conto energia dove, sfruttando le reti di distribuzione esistenti (specie nelle regioni metanizzate e non solo), sia possibile immettere biometano in rete e vederselo riconoscere nel contatore di consumo. L’incentivo attuale, orientato soloall’autotrazione destina il biometano all’uso meno efficiente e quindi –di fatto- lo incentiva per sprecarlo. Bisogna incentivare anche il metano utilizzato nelle caldaie a condensazionee nell’industria, dove viene utilizzato con livelli di efficienza molto più alti dei motori endotermici delle auto. Anche in questo ambito i Comuni devono essere incentivati a realizzare impianti pubblici, che invece vedono ormai il protagonismo di pochi grandi player legati al mondo degli idrocarburi fossili.

Va affrontato anche il tema delle proprietà delle matrici. Gli impianti di biometano utilizzano anche FORSU, cioè una materia di qualità, prodotta dai cittadini, che i cittadini devono pagare perché sia ritirata, e che poi viene utilizzata dai gestori del servizio per realizzare impianti dove, trasformata in biometano, produce ulteriore utile. Se si vuole seriamente parlare di valorizzazione dei rifiuti e della differenziata, questo valore intrinseco va messo in comune coi cittadini che devono, come minimo, godere di un sensibile calo dei costi legati al servizio rifiuti.

Utilizzare biomasse da rifiuti in centrali per produrre energia elettrica e calore. Se non sono incentivati, anche quelli esistenti, a fine incentivo, chiuderanno lasciando il problema di gestione del verde. Ipotesi di utilizzare il Combustibile Solito Secondario derivante da rifiuti in sostituzione del carbone nelle centrali. 

Bond ambientali e fondi rotativi 

L’abbattimento delle spese correnti per gli interventi di efficientamento non richiedono enormi interventi finanziari: potrebbe essere utile l’accesso a un credito specifico a fondi rotativi, con strutture in grado di supportare e valutare i progetti, che consentano ai Comuni di valutare i progetti e ripagarli con la diminuzione delle spese correnti. Potrebbero essere coperti da BOND specifici, “Titoli di Stato per la riqualificazione energetica”. Oggi grandi gruppi privati si accaparrano anche le capacità di risparmio dei Comuni (nell’illuminazione, nel termico) trasformando questi progetti in un consolidamento delle spese correnti dei comuni e in un profitto solo privato sui risparmi generati. 

Capitolo energia, autore: Maurizio Olivieri

I CAM PER I COMUNI VIRTUOSI

L’associazione nazionale Comuni Virtuosi – con il supporto di Punto 3 Srl – ha deciso di avviare una rendicontazione puntuale dell’applicazione dei Criteri Ambientali Minimi (CAM). 

L’indagine – che si è conclusa a luglio 2018 – ha riguardato le procedure di approvvigionamento di 40 Comuni (sul totale dei 102 comuni soci in quell’anno) rappresentativi di tutte le tipologie di soci della rete.  Le informazioni richieste, riferite all’anno 2017, hanno riguardato il numero totale di bandi emanati ed il loro importo, relativamente agli approvvigionamenti pubblici di lavori, servizi e forniture normati dai CAM. 

Dall’indagine è emersa una notevole difficoltà di applicazione dei Criteri Ambientali Minimiil 55% degli approvvigionamenti realizzati nell’anno di riferimento non ha previsto l’applicazione di nessun CAM. 

La difficoltà di applicazione dei CAM deriva principalmente dalla mancanza di conoscenza tecnica e normativa da parte del personale adibito alla gestione delle procedure di approvvigionamento e del personale tecnico chiamato a redigere i capitolati. 

Sulla base dell’esperienza maturata nel settore del GPP si elencano una serie di proposte di azioni che potrebbero facilitare l’applicazione dei CAM: 

Rendere più capillare la formazione specialistica sul GPP realizzata del Ministero dell’Ambiente nell’ambito del progetto CReIAMO PA coinvolgendo direttamente nell’organizzazione dei corsi oltre le Regioni anche le Provincie, le Unioni di Comuni e le associazioni/reti di Enti locali: ciò permetterebbe di raggiungere più facilmente soprattutto i piccoli Comuni; 

Rendere più celere l’iter di aggiornamento del Piano d’Azione nazionale sul GPP e dei CAM esistenti, soprattutto di quelli che sono stati approvati prima dell’entrata in vigore dell’attuale Codice dei Contratti (19 aprile 2016). Ad esempio l’aggiornamento dei CAM relativi all’affidamento del servizio di pulizia (che sono stati approvati nel 2012) ha visto nel 2019 la costituzione di un gruppo di lavoro tecnico (composto da rappresentanti ed esperti della Pubblica Amministrazione, delle centrali di committenza, di enti di ricerca, di università, nonché dei referenti delle associazioni di categoria degli operatori economici del settore del cleaning professionale) che ha terminato le proprie attività nel mese di luglio. Ad oggi l’aggiornamento di questi CAM non è stato ancora formalizzato mediante la promulgazione di un apposito Decreto Ministeriale; 

Rendere attuativo il protocollo d’intesa tra Ministero dell’Ambiente e ANAC sul monitoraggio dei CAM e del GPP a livello nazionale. Non sono noti a livello nazionale i dati relativi al grado di applicazione dei CAM da parte delle stazioni appaltanti. 

Capitolo CAM, autore: Paolo Fabbri (Punto 3 srl)

FINANZA E RISORSE

La situazione finanziaria dei Comuni, a seguito dell’avvio della riforma contabile di cui al D.Lgs. 118/2011 negli Enti locali, è progressivamente peggiorata, com’è dimostrato dal numero sempre crescente dei Comuni che sono in piano di riequilibrio o lo stanno attivando e dei Comuni in dissesto. Una delle cause principali è costituita dall’istituto “Fondo crediti di dubbia esigibilità” (FCDE).

Quanto sopra anche nella contezza che la generalità dei Comuni non ha più margini significativi di ridimensionamento della spesa, non presentando più spese discrezionali, se non in misura irrisoria.

Le criticità che si registrano, generalmente, sono collegate, in primo luogo, alla difficoltà di riscossione, come di seguito sintetizzato per due principali risorse di bilancio.

Servizio idrico– di norma, la lettura delle bollette viene effettuata verso la fine dell’anno e, seppure inviate tempestivamente agli utenti, le stesse restano, in gran parte, non riscosse nell’esercizio. La bollettazione di acconti in corso d’anno, spesso risulta difficile per carenza di risorse e per i maggiori costi, stante anche le basse previsioni di incasso. In conclusione, buona parte dell’entrata accertata viene riportata a credito non riscosso, con incremento significativo del FCDE, senza nessuna analisi di contesto.

TARI– le bollette sono inviate nei primi mesi dell’anno, ma anche in questo caso il credito non riscosso è di ammontare significativo e va ad incrementare il FCDE, senza nessuna analisi di contesto.

Supponendo che nei Comuni (anche se i numeri sono diversi da Comune a Comune) nell’anno di competenza si arrivi ad incassare il 20% del servizio idrico anche a seguito di acconto inviato agli utenti, mentre per la TARI si arrivi al 50%, mentre alla fine del 3° anno le due entrate si attestano, senza nessuna azione di recupero, a circa il 75%, appare chiaro che la consistenza dei crediti è data da semplice ritardo nel pagamento per difficoltà economiche dei cittadini e non già da dubbia esigibilità.

In merito alle due casistiche sopra evidenziate, l’accantonamento al FCDE è pari al 100% in rapporto al non incassato negli ultimi cinque anni, mentre potrebbe non essere necessario un accantonamento tanto pesante e ingiusto, in quanto non si tratta di crediti di dubbia esigibilità, bensì di crediti che saranno incassati, in gran parte, nell’esercizio successivo o, al massimo, per una modesta differenza, nel corso del secondo esercizio successivo. Soltanto dal terzo anno, potrà realmente attestarsi la dubbia esigibilità dei crediti non ancora riscossi.

Sarebbe, quindi, opportuno e più aderente al significato di “dubbia esigibilità” l’accantonamento rapportato alle somme riportate a residuo fino al 3° esercizio antecedente, ossia sui crediti per i quali si rende veramente necessaria una riscossione coattiva.

Costituiscono ulteriore problematica, ed è tra le motivazioni per le quali sono in aumento i disavanzi di gestione, i maggiori costi del servizio idrico derivanti da consumi energetici elevati ed, in generale, il costo dell’energia elettrica.

A causa della carenza di liquidità, infatti, i Comuni non riescono ad essere puntuali nel pagamento delle bollette relative ai consumi di energia elettrica (per tutti i consumi, non solo per quelli relativi al servizio idrico che, comunque, può rappresentare le quota più elevata). Anche se si provvede al pagamento solo dopo poco tempo dalla scadenza, i Comuni morosi passano in regime di salvaguardia, con un incremento dei costi che raggiunge il 40% e, persistendo i ritardi senza il totale pagamento di tutte le bollette in salvaguardia, non possono accedere al mercato libero che comporterebbe una riduzione dei costi.

Non dimentichiamo che, sia l’illuminazione pubblica che il Servizio acquedotto che utilizza l’energia elettrica, sono servizi indispensabili.

L’accesso al mercato libero, sia utilizzando i sistemi telematici di negoziazione messi a disposizione da Consip o dalle centrali di committenza regionali che l’approvvigionamento attraverso le convenzioni o gli accordi quadro messi a disposizione da Consip e dalle centrali di committenza regionali (art. 1, comma 7, legge 7 agosto 2012, n. 135), viene, infatti, di fatto, impedito per il rifiuto del fornitore di partecipare alla gara indetta da un Comune in regime di salvaguardia, nel primo caso, e dalla facoltà di rifiutare gli ordinativi di fornitura da parte di un fornitore Consip, nel secondo caso.

Per i motivi sopra esposti, chiediamo di prendere in esame e in considerazioni le seguenti proposte:

In relazione alla necessità di ridurre gli effetti dell’accantonamento al FCDE sui bilanci, liberando risorse per i servizi essenziali, e sui rendiconti, contenendo gli effetti negativi sul risultato di amministrazione, oltre che utile a rendere l’accantonamento medesimo più coerente con la reale consistenza dei crediti di dubbia esigibilità, di modificare il principio contabile 4/2 allegato al D.Lgs. 118/2011 (punto 3.3. e esempio n. 5) che prevede la determinazione della posta contabile dell’accantonamento in base alla natura e all’andamento del fenomeno negli ultimi cinque esercizi precedenti, disponendo che il calcolo vada operato in base alla natura e all’andamento del fenomeno negli ultimi cinque esercizi precedenti il penultimo rendiconto approvato o i cui termini di approvazione sono scaduti.

In relazione ai costi dell’energia elettrica per i Comuniin regime di salvaguardia, i cui oneri producono il maturare di posizioni debitorie sempre più insostenibili, che si autoalimentano e che aggravano sempre più le finalizzati difficoltà finanziarie e di cassa:

interventi volti ad abbattere i fattori che aggravano i costi della fornitura;

inderogabilità per i fornitori Consip di accettazione degli ordinativi di fornitura da parte dei Comuni nei confronti dei quali sono vantati crediti derivanti da precedenti rapporti contrattuali o da Comuni in regime di salvaguardia.            

DAI TERRITORI

Problematica Eolico Selvaggio in Basilicata – Vietri di Potenza (PZ)

La regione Basilicata è stata paradossalmente martoriata da quelli che avrebbero dovuto essere degli strumenti per la produzione di energia pulita, e che rischiano di compromettere ogni altro tipo di sviluppo virtuoso legato per esempio alla fruibilità turistica di un territorio ancora incontaminato. Il tema, chiaramente, non è legato a questioni ideologiche bensì a delle circostanze attinenti evidentemente alla loro “sostenibilità”. 

Le rinnovabili rappresentano sicuramente la strategia vincente per ridurre l’inquinamento ma, come ogni tipo di installazione, se non è inserita correttamente nel contesto territoriale rischia di comprometterne la sostenibilità ambientale. 

L’eolico selvaggio in Basilicata è certamente frutto di una legislazione superficiale perpetratasi negli anni. I comuni del territorio stanno lottando con ogni mezzo per provare a difendere il paesaggio da eventuali installazioni non sostenibili. 

La definizione del Piano paesaggistico regionale richiederà però ancora del tempo e si ritiene pertanto che, in attesa di tali definizioni normative, sarebbe utile una moratoria o sospensione di ogni richiesta di nuove progettualitàcon un intervento ad hoc da parte del Ministero o del Governo.

Problematica cave dismesse e/o abbandonate

Si propone l’istituzione di contributi specifici per i comuni che decidono di recuperare le caveanche con progetti tradizionali o innovativi. 

Quello legato alle attività estrattive è un dibattito non più rimandabile in quanto coinvolge tutto il territorio nazionale (1.680 comuni hanno almeno una cava dismessa o abbandonata. Fonte: Rapporto cave 2017 – Legambiente). Anche in questo caso si tratta di ferite che penalizzano l’appeal dal punto di vista turistico del nostro Belpaese.

Christian Giordano, sindaco di Vietri di Potenza (PZ)

UNA FRANA NEL PARMENSE – Collecchio (PR)

L’11 giugno del 2011 un violentissimo nubifragio si è abbattuto in pochissimo tempo in tutto il parmense. La zona maggiormente colpita è compresa fra i comuni di Collecchio, Fornovo e Sala Baganza. I danni più rilevanti riscontrati nel collecchiese sono legati al deflusso delle acque piovane nella zona collinare tra Ozzano e Gaiano (frazioni di Collecchio). Da allora l’Amministrazione Comunale ha presentato numerose istanze elaborando un progetto per intervenire sui suddetti versanti e metterli in sicurezza. Gli interventi prevedono un impegno di spesa di circa 2 milioni e 300.000 euro, che possono essere attuati anche per stralci. Ci stiamo adoperando per ricevere i finanziamenti necessari, ma il tempo passa e la possibilità che l’alluvione possa ripetersi è reale e spaventa i cittadini del territorio. Abbiamo inoltrato al Ministero dell’Interno il progetto per un primo stralcio di lavori e siamo in attesa di risposta. Chiedo a Lei, Signor Ministro, quali altri percorsi posso seguire per ottenere finanziamenti per questo indispensabile lavoro.

Maristella Galli, sindaca di Collecchio (PR)

COMUNI VIRTUOSI DELL’ALTA MARMILLA – Baradili, Villa Verde (OR)

In premessa va detto che molti comuni in Sardegna sono proprietari e gestiscono importanti patrimoni forestali, soprattutto quelli montani o parzialmente montani come ad esempio Villa Verde, alcuni di questi però non avendo il proprio territorio comunale ricompreso all’interno dei cantieri forestali dell’Agenzia Forestas della Regione Sardegna (5.000 dipendenti), si ritrovano a gestire e mantenere il proprio patrimonio forestale praticamente da soli, utilizzando quasi sempre fondi di bilancio propri o qualche raro finanziamento del Piano di Sviluppo Rurale. Esistono poi dei finanziamenti regionali con cadenza annuale denominati Cantieri Verdi che però paradossalmente sono riservati ai comuni nel cui territorio opera già l’agenzia Forestas (in realtà nati per compensare il mancato turn over degli operai forestali andati in pensione in quei comuni). 

Questo affatica finanziariamente i nostri comuni, che non ostante tutto non demordono per impegno e creatività, abbiamo addirittura partecipato ad un bando promosso da una Onlus, la Mediafrieds, con un progetto di riqualificazione forestale ed educazione ambientale che è risultato vincitore della gara, consentendoci di realizzare un meraviglioso intervento di valorizzazione forestazione e ambientale nel Monte Arci.

Credo che queste realtà meritino un’attenzione particolare, perché dimostrano di essere capaci di far fronte alla valorizzazione delle proprie risorse ambientali con idee e progetti, ma spesso mancano le risorse finanziarie, specialmente se si ragiona in un arco temporale di medio termine. Sarebbe utile poter attingere o partecipare a bandi dedicati specificatamente a queste realtà, con un disponibilità di risorse distribuite in un arco temporale di almeno tre anni, tempo minimo necessario per dare vita e realizzare progetti di sviluppo, manutenzione e valorizzazione ambientale utili a tutta la collettività.

Un altro aspetto che merita attenzione, ritenendo possa anche essere preso a modello, è il servizio di manutenzione ambientale e protezione civile attuato dall’Unione dei Comuni dell’Alta Marmilla, dove 19 comuni assieme gestiscono un servizio che si occupa della manutenzione di siepi, cunette e fasce verdi di tutte le strade rurali del territorio, oltre alla manutenzione delle fasce parafuoco presenti nei comuni montani. Anche in questo caso, tutto viene svolto utilizzando quasi esclusivamente i fondi dei propri bilanci. Forse si potrebbe pensare alla creazione di bandi dove vi sia una premialità per chi gestisce tali servizi in forma associata. La nostra Unione dei Comuni sta inoltre predisponendo un piano di Protezione Civile intercomunale che metterà assieme e armonizzerà i singoli piani di Protezione Civile comunali permettendoci di gestire al meglio tutte le emergenze.

Lino Zedda, sindaco di Baradili (OR) e Sandro Marchi, sindaco di Villa Verde (OR)


[1]Greenpeace, Zero Waste Italy, WWF, Legambiente e Kyoto Club

[2]product as a service – prodotto come servizio: la soluzione per cui un’azienda non vende il prodotto, ma vende il servizio corrispondente, garantendo il ritiro del bene a fine uso, e dunque il suo ricondizionamento (riparazione, sanitizzazione, o qualunque azione serva a ripristinarne la funzionalità) prima della re immissione all’impiego

[3]https://comunivirtuosi.org/mercati-circolari-serve-volonta-politica/

[4]Art.9raccolta differenziata …..(A tal fine gli Stati membri possono tra l’altro:
a) istituire sistemi di cauzione-rimborso;
b) stabilire obiettivi di raccolta differenziata per i pertinenti regimi di responsabilità estesa del produttore….)

[5]https://www.reloopplatform.org/

RASSEGNA STAMPA – L’associazione I volontari di Castelvetrano: “Petrosino, un esempio da emulare”

Lunedì 9 ottobre al Centro Culturale in Via Garibaldi c’erano i Volontari, i rappresentanti di altre Associazioni Ambientaliste, il Presidente della Pro Loco, alcuni funzionari ed ex Consiglieri del Comune di Castelvetrano. Hanno ascoltato con grande attenzione quanto ha raccontato, durante circa due ore, il Sindaco di Petrosino Gaspare Giacalone rispondendo alle domande del moderatore e di diversi altri intervenuti.

Qualcuno, a fine serata, ha detto che sarebbe stato ad ascoltare ancora a lungo la narrazione di un progetto che ha trasformato la cittadina trapanese in un modello particolarmente virtuoso, da tempo messo in risalto dalla stampa regionale e nazionale, che continua a permettere la crescita del livello di vivibilità percepito dai Petrosileni. Già, la vivibilità. Si stanno diffondendo sulla stampa mondiale delle statistiche elaborate misurando il livello della qualità di vita che percepiscono gli abitanti di ogni angolo del globo.

Quest’anno la nazione più felice è risultata la Norvegia; l’Italia è al 48° posto; nell’ambito nazionale la Sicilia è in fondo alla classifica. Non ci sono dati per Castelvetrano. Ma lo sconforto lo si legge negli occhi dei giovani di questa città, dei genitori che non vedono alcun futuro delinearsi per i propri figli e li spronano a cercare fortuna studiando e lavorando il più lontano possibile dal luogo natio.
Ma un manager che lavorava in banca a Londra ha fatto il percorso al contrario, è rientrato al suo paesello natio, dove tornava solo in vacanza. Aveva visto, negli occhi dei giovani del suo paese, lo stesso sconforto che oggi è così diffuso a Castelvetrano. Ha deciso di armarsi di coraggio e provare a cambiare tutto impegnandosi a fare buona politica.

E’ stato eletto la prima volta con il 36% dei voti, dopo cinque anni gli è stato rinnovato il mandato grazie al 56% di voti di un popolo che ha assistito alla trasformazione radicale del sua cittadina. Giacalone è un sindaco che viaggia a proprie spese, i consiglieri comunali percepiscono 200 Euro l’anno (avete letto bene, 200), in un Comune che non ha in bilancio 1 euro di spese di rappresentanza per i propri amministratori ma ha invece una posta attiva di circa 100.000 Euro ricavati dalla gestione dei rifiuti.
E poi ancora il 60% e più di differenziata, il 65% di tributi riscossi e l’80% di contribuenti virtuosi. Decoro, pulizia, efficienza diffusa e condivisa dalla gran parte della popolazione di 8.150 abitanti, circa 12 km. di coste ripulite anni addietro dai rifiuti e mai più deturpate.

Qualcuno penserà che si stia parlando di una favola siciliana, di un sogno impossibile da realizzare; invece sono i numeri che sono scaturiti dall’incontro franco, diretto, apartitico che lunedì sera si è realizzato tra Gaspare Giacalone ed i castelvetranesi che lo avevano invitato a rendere la sua testimonianza su quanto sia possibile fare anche in questa parte della Sicilia. Un territorio che ha tutti i mezzi per rendere visibile e fruttifero il suo grande patrimonio paesaggistico e culturale; che può trarre dall’economia legata alla cultura, al turismo di qualità, all’agroalimentare che produce tante eccellenze, le risorse per assicurare ai giovani del territorio posti di lavoro ed un concreto miglioramento della qualità della vita degli abitanti, che dovranno credere in questa prospettiva di sviluppo da coniugare in un futuro prossimo.

Il percorso attraverso il quale si sono ottenuti certi risultati è stato frutto di progettualità elaborate con competenza e lealtà. Un percorso comunque difficile e faticoso; si sono dovute prendere decisioni a volte molto drastiche e per questo tanto contrastate. Ma sono state anche adottate delle modalità di attuazione che hanno premiato i cittadini dotati di senso civico, i contribuenti virtuosi, che hanno usufruito di sgravi fiscali quando hanno dimostrato particolare propensione verso il “bene comune”.

Petrosino è stato il primo, tra i comuni del trapanese, che ha recepito la legge regionale della gestione integrata dei rifiuti, la n. 3 del 2013, a seguito della cui applicazione ha potuto gestire la raccolta dei rifiuti autonomamente uscendo dalla trappola speculativa degli ATO. Il piano d’intervento del comune è stato affidato all’ESPER (Ente di Studio per la Pianificazione Ecosostenibile dei Rifiuti) elaborato da un esperto diventato famoso, quell’Ezio Orzes, assessore del Comune di Ponte delle Alpi, in provincia di Belluno, che sta esportando in tutta l’Italia, ormai da diversi anni, il suo modello pluripremiato con cui i Comuni come Petrosino, ma sicuramente anche come Castelvetrano, possono risolvere con successo la gestione dei rifiuti.

Giacalone ha affrontato minacce ed ostruzionismo, ma non si è arreso.
Lunedì sera, a Sant’Agostino, è stato mandato ai castelvetranesi un messaggio di speranza, di esortazione a non scoraggiarsi, ad organizzarsi per unire le forze e non frazionare, in una miriade di iniziative, il progetto di rinnovamento della città e delle sue contrade; per determinare, con tenacia e competenza, la ripresa di una città che merita di tornare ad una situazione di vivibilità di cui è stata privata da incapacità, pressapochismo e scarso amore per il “bene comune”.

Fonte: TP24.it

’10 percorsi europei virtuosi verso la tariffazione incentivante’: intervista ad Attilio Tornavacca (dg ESPER)

In diverse realtà europee sono implementate forme di tariffa puntuale. ESPER le ha studiate ed analizzate, inserendole in un unico studio che prende la forma di un vero vademecum europeo sulla tariffazione incentivante.

Austria, Belgio, Francia, Germania, Italia, Irlanda, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Svizzera: in diverse realtà europee sono implementate forme di tariffazione puntuale. ESPER (Ente di Studio Per la Pianificazione Ecosostenibile dei Rifiuti) le ha studiate ed analizzate, inserendole in un unico studio che prende la forma di un vero vademecum europeo sulla tariffazione puntuale. Ad impreziosire il volume una prefazione di Rossano Ercolini (Presidente Zero Waste Europe e Zero Waste Italy, nonché vincitore del Goldman Enrivonmental Prize 2013 ) e di Marco Boschini (Coordinatore dell’Associazione Comuni Virtuosi). Eco dalle Città presenta il volume ’10 percorsi europei virtuosi verso la tariffazione incentivante’ con un’intervista ad Attilio Tornavacca, direttore generale di ESPER:

Quali sono a livello europeo le principali modalità operative per la realizzazione della tariffazione puntuale?

Nel contesto europeo la diffusione dei sistemi di tariffazione incentivante risulta largamente estesa tra le municipalità degli Stati Membri del Nord Europa, in particolare in Danimarca, Belgio, Paesi Bassi, Austria, Svezia, Germania e viene prevalentemente applicato attraverso la previsione di sistemi e tariffe calcolate in funzione della volumetria rapportata alla frequenza di svuotamento del rifiuto residuo e spesso anche del rifiuto organico. Gli strumenti attraverso cui viene applicata in Europa, negli Usa e in Australia sono diversi e si sono recentemente molto evoluti soprattutto grazie allo sviluppo delle tecnologie legate alla tracciabilità in genere che hanno fatto abbassare i costi rendendo possibile l’applicazione dei singoli transponder (anche denominati Tag RFId acronimo di Radio-Frequency IDentification) perfino sui sacchi a perdere. Negli ultimi anni si è infatti diffusa rapidamente l’istallazione di Tag RFId su mastelli e contenitori per i costi sempre più contenuti ed i vantaggi gestionali ottenibili in particolare laddove tali sistemi vengono abbinati a sistemi GPS di tracciatura ed ottimizzazione dei percorsi dei mezzi di raccolta. I sistemi basati invece sulla pesatura dei singoli contenitori o sacchetti non hanno invece registrato una notevole diffusione poiché sono stati rilevati maggiori costi di gestione per le rilevanti problematiche legate al rilevamento del peso in condizioni sfavorevoli (mezzi in moto con vibrazioni e spesso non in piano). Le soluzioni tecniche più diffuse sono relativamente semplici sia per i sistemi ad identificazione dell’utenza – che avviene tramite un badge RFId o con una tessera magnetica – che ad identificazione del contenitore che avviene tramite lettura del Tag RFId (in rapida diffusione quelli di tipo UHF acronimo di Ultra High Frequency).

'10 percorsi europei virtuosi verso la tariffazione incentivante': intervista ad Attilio Tornavacca (dg ESPER)Concentrando l’attenzione sui centri urbani più grandi all’estero, quali sono gli esempi più virtuosi?

Gli esempi più virtuosi in grandi centri urbani sono quelli delle Città di Lipsia (530.000 ab.) e Dresda (500.000 ab.) in Germania, di Gand (250.000 ab.) in Belgio e di Parma (190.000 ab.) e Trento (118.000 ab.) in Italia. I risultati ottenuti in Italia a Trento (oltre 81% di RD) e Parma (72% di RD) con progetti di introduzione sviluppati anche grazie al supporto tecnico della ESPER sono tra i migliori (se non i migliori) a livello europeo ed internazionale e sono stati inseriti tra i migliori casi studio nel sito Zero Waste Europe.

In che modo, nei casi da voi analizzati, sono state superate eventuali resistenze da parte cittadini poco virtuosi?

L’analisi della maggioranza delle esperienze europee ha dimostrato che i sistemi misti (quelli in cui convivono la raccolta con contenitori stradale ad uso collettivo e sistemi di raccolta porta a porta) creano generalmente una serie di problemi relativi agli abbandoni dei rifiuti nei pressi delle postazioni stradali dove risultano meno efficaci ed agevoli i controlli. Tale problema è stato rilevato soprattutto in Francia, Svizzera, Italia e Spagna e nelle Città di maggiore dimensione. L’altro problema che è stato rilevato nei contesti che hanno introdotto la tariffazione puntuale del residuo (spesso con sistemi stradali a calotta) mantenendo però la raccolta stradale delle frazioni recuperabili è stato il peggioramento della qualità merceologiche delle frazioni recuperabili. Tali problemi sono stati spesso superati grazie alla rimozione dei contenitori stradali ed all’estensione di un servizio domiciliare a tutte le utenze. Nei casi caratterizzati dal semplice uso di sacchetti prepagati per il residuo è stato invece rilevato l’uso di sacchi non conformi soprattutto nei contesti di maggiori dimensioni. Con il sacco conforme ci si limita infatti a differenziare la serigrafia del sacchetto per ogni comune servito ma il sacco conforme non è dotato di sistemi di identificazione ed abbinamento ad ogni singola utenza servita e quindi, se vengono abitualmente conferiti rifiuti non conformi di fronte ad un condominio, risulta più difficile responsabilizzare correttamente gli utenti ed individuare i soggetti che non rispettano le regole di conferimento. Per risolvere tale problematica vengono quindi spesso adottati sacchetti oppure mastelli impilabili rigidi dotati di transponder UHF con cui si può identificare ogni utente poiché allo stesso viene fornito un set di sacchetti caratterizzati da un codice specifico non modificabile. Tale modalità consente inoltre di individuare facilmente i soggetti che non conferiscono mai o quasi mai i sacchetti o i mastelli/bidoni con transponder UHF consentendo di organizzare controlli mirati relativi a tali specifiche soggetti a cui può essere inoltre preventivamente comunicato di essere stata individuate quali “utenze con conferimenti anomali” chiedendo al contempo di fornire eventuali spiegazioni in merito ad uno specifico numero verde. Questa comunicazione, operata preventivamente ai primi controlli a campione, consente solitamente di ridurre in modo decisivo i comportamenti anomali poiché tali utenti comprendono che il sistema adottato consente di individuare e sanzionare più facilmente i conferimenti ed abbandoni illeciti. I sistemi di identificazione dei singoli conferimenti consentono inoltre di governare più efficacemente i flussi delle utenze delle seconde case e dei flussi turistici per i quali vengono solitamente organizzati specifici servizi integrativi in orari conformi alle loro specifiche esigenze (ad es. conferimenti nel fine settimana).

Ci sono differenze significative tra i modelli implementati in Italia e all’estero?

Per quanto riguarda i sistemi con calotte di immissione è stata rilevata una sostanziale differenza tra i modelli implementati in Italia e all’estero. Tali sistemi sono stati utilizzati già dagli anni ’90 in Germania e Austria soprattutto per risolvere i problemi legati alla gestione dei conferimenti nei grandi complessi condominiali periferici delle grandi città. Tali sistemi sono stati invece introdotti in Italia per cercare di applicare la tariffazione puntuale senza dover modificare il precedente sistema di raccolta stradale anche in contesti a media e bassa densità abitativa dove l’adozione della raccolta domiciliare non risultava problematica. Per contro si deve segnalare che in Italia, in Svizzera, in Francia ed in Spagna, diversamente da quanto rilevato nel nord Europa, nei pressi dei contenitori stradali dotati di sistemi di identificazione sono spesso molto frequenti i fenomeni di abbandono dei rifiuti non solo da parte di cittadini dotati di scarso senso civico ma anche da parte di persone che non riescono a raggiungere le manovelle da azionare per l’apertura della calotta (anziani, portatori di handicap ecc.), utenti che non intendono perdere troppo tempo (la fase di identificazione risulta spesso laboriosa), utenti che non hanno ritirato o non hanno con se la chiavetta o e-card, utenti non abilitati (turisti di passaggio) o male informati.

NdR: Per scaricare gratuitamente l’Ebook “10 percorsi europei virtuosi verso la tariffazione incentivante” inviare una mail a volume@esper.pro

RASSEGNA STAMPA – Raccolta differenziata, la preziosa banca dati dei Comuni affidata a privati senza gara e senza scadenze

Com’è andato il passaggio di mano del controllo della società che gestisce i dati sulla raccolta differenziata con piene garanzie sulle commesse future

Sono riservati, sensibili e di interesse pubblico. Eppure oggi i dati sulla raccolta differenziata dei Comuni, alla base delle politiche locali sui rifiuti, vengono gestiti con affidamento diretto da un’azienda privata al 90 per cento. Che si vede garantita l’esclusiva su questa e altre commesse, senza limiti temporali, addirittura da un documento ufficiale. L’atto notarile, cioè, con cui il grosso delle quote dell’impresa in questione, la Ancitel Energia & Ambiente fino al 2013 controllata dall’Associazione dei Comuni (Anci) tramite la società per l’innovazione negli enti locali Ancitel, è passato in mani private. Il tutto in un quadro in cui l’Anci, pur non essendo sottoposta al controllo della Corte dei Conti, è finanziata con soldi pubblici. Rientra altresì nella lista delle pubbliche amministrazioni stilata ogni anno dall’Istat e, come ha stabilito il Tar del Lazio nel 2012, è sottoposta agli obblighi di revisione della spesa. Per questo, come rivelato da il Fatto ad aprile scorso, l’Autorità anticorruzione sta già indagando su un altro affidamento diretto di una commessa da parte di Ancitel, in questo caso alla società di software SkyMedia.

Un regalo di Natale – Il 23 dicembre 2013 è il giorno in cui Ae&a inizia a cambiare pelle. Per 250mila euro, infatti, Ancitel decide di vendere alla Chp Roma, società di “consulenza nel settore delle tecnologie dell’informatica” costituita pochi mesi prima, non solo il controllo della società (Chp si compra oltre l’80 per cento delle quote), ma anche piene garanzie sulle commesse future. È il prezzo da pagare per assicurarsi la partecipazione del nuovo socio: l’esclusiva è “condizione essenziale, anche pro futuro, per l’acquisto della partecipazione”, si legge nell’atto notarile di vendita che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare. Nonostante la quasi totale privatizzazione, Ae&a rimane “unico soggetto attuatore di Ancitel spa” e si vede garantita da quest’ultima “la possibilità di continuare a svolgere in esclusiva le seguenti attività – gestione della banca dati Anci-Conai ed esecuzione dei progetti specialirelativi agli accordi quadro con i Consorzi che si occupano del riciclo dei rifiuti”.

Guerre intestine – Sono alcune delle principali attività svolte anche oggi dall’impresa, sulla base dall’accordo quadro quinquennale tra Anci e il Conai (il Consorzio degli imballaggi) sulla raccolta differenziata nei Comuni. Della banca dati, in particolare, si parla per la prima volta nell’accordo 2009-13 e il progetto viene poi riconfermato dall’accordo siglato ad aprile 2014 e valido fino al 2019. Si tratta in sostanza della gestione dei numeri preziosi e sensibili sulla qualità e la quantità della raccolta, ma soprattutto sui flussi finanziari generati da questa per i Comuni. La commessa, assegnata da Anci, vale circa 200mila euro all’anno per cinque anni, pagati da Conai. Durante le trattative per l’ultimo patto sulla raccolta differenziata, che coincidono con la vendita dell’80 per cento di Ae&a a Chp, in Anci si consuma una guerra intestina. Da una parte ci sono coloro che vorrebbero portaremaggiore trasparenza sull’affidamento del servizio con una gara pubblica, nello schieramento opposto quelli che invece sono per lasciare le cose come stanno, forti della legittimazione che Ae&a ha proprio grazie all’atto notarile di dicembre 2013.

Così, la prima versione del testo del nuovo accordo quadro, datata aprile 2014, mette nero su bianco che “il servizio di gestione della Banca dati sarà affidato dal Conai mediante gara”. Ma è bastato sostituire la frase con un’altra nel documento stampato a ottobre 2015 e messo on line da Conai solo dopo la segnalazione deilfattoquotidiano.it  per lasciare tutto com’è: “Il servizio di gestione della banca dati è affidato ad Anci, che lo gestisce in autonomia, con la possibilità di affidamento ad altri soggetti, dandone comunicazione al Conai”, recita ora il testo. E così, anche se chi ha lavorato sull’argomento racconta, dietro garanzia di anonimato, che “quest’ultima modifica doveva servire in realtà a rendere temporanea la situazione poco chiara e affidare la gestione dei dati a un soggetto pubblico”, oggi la gestione della banca dati è regolata da una convenzione tra Anci e Ae&a. Firmata nell’autunno 2014 e prorogabile fino al 31 dicembre 2016. “Per fare un’infrastruttura del genere ex novo Anci avrebbe dovuto spendere qualche milione, invece così, visto che è stata già fatta, c’è solo ilcosto di gestione. Se il servizio fosse andato a gara non ci sarebbe stata nessuna garanzia della pubblicità della banca dati, perché la commessa la poteva vincere chiunque”, replica oggi ailfattoquotidiano.it Filippo Bernocchi, Forza Italia, da oltre dieci anni delegato Anci per le politiche ambientali (e quindi anche dei rifiuti) e presidente del cda di Ae&a dalla sua creazione nel 2007 fino a febbraio 2016, quando, ci spiega, “mi sono dimesso perché mi ero stufato di ricevere telefonate come la sua”.

Le responsabilità dei vertici – Difficile capire che ruolo hanno in tutto questo i vertici dell’associazione dei Comuni visto che il presidente dell’Anci, Piero Fassino, interpellato in merito dailfattoquotidiano.it non ha voluto rilasciare dichiarazioni. La banca dati non è però l’unico elemento poco chiaro di Ae&a, sulla cui gestione esistono anche una serie di interrogazioni parlamentari presentate dai deputati pentastellati Alberto Zolezzi, Riccardo Nuti e Stefano Vignaroli. Nel passato della società c’è anche una partecipazione di quasi il 15 per cento targataDaneco Impianti spa, azienda attiva nel settore della gestione dei rifiuti. Già prima di acquisire le quote l’impresa aveva avuto guai con la giustizia: i suoi vertici erano stati condannati in primo grado nel 2012 dal tribunale di Verona perché ritenuti responsabili dell’inquinamento della falda freatica sotto la discarica di Pescantina gestita dalla società. In attesa della sentenza di appello è scattata la prescrizione, ma intanto rimane la domanda sull’opportunità di accettare questa partecipazione. “Della condanna in primo grado nel 2012 apprendo adesso”, dice Bernocchi a ilfattoquotidiano.it. “La selezione dei soci fu fatta da una commissione, e visto che la società non aveva misure interdittive a suo carico non c’erano motivi per escluderla. Il problema di opportunità si pose dopo, con l’arresto dei suoi vertici, poi prosciolti. A quel punto Ae&a riacquistò le quote”.

In affari con i renziani – Oggi Ae&a, che nel frattempo ha quasi raddoppiato il suo capitale sociale portandolo a circa 245mila euro, è controllata al 65,5 per cento da Chp Roma. Il resto è suddiviso tra la stessa Ae&a (14,7 per cento), l’ex unico proprietario Ancitel (10 per cento), Eprcomunicazione srl, che si occupa di pubbliche relazioni (5), Fenit spa (4,8), società di servizi. A sua volta la maggioranza delle quote della società romana è in mano alla Logo srl, di proprietà della moglie e dei figli dell’industriale prateseCarlo Longo, oggi presidente dell’Interporto della Toscana centrale e in passato vice presidente di Confindustria Toscana, nonché presidente della Camera di commercio di Prato, vicino al concittadino Bernocchi. La Logo, attraverso la partecipata Cki è in affari con nomi noti vicini al premier Matteo Renzi. Socio di maggioranza della Cki è infatti la Kontact srl, amministrata da Giorgio Moretti, renziano, presidente della multiservizi dei rifiuti fiorentina Quadrifoglio. Il restante 9 per cento è nelle mani di un altro renziano di ferro, Marco Carrai.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

RASSEGNA STAMPA – Raccolta differenziata, tra conflitti di interesse e dati segreti: “Costi a carico delle casse pubbliche”

Tra opacità e critiche dell’Antitrust, il sistema Conai non garantisce la copertura dei costi di raccolta a carico dei Comuni con i prezzi di fatto definiti dai produttori di imballaggi. Una situazione capovolta rispetto a quella di altri Paesi europei

Domanda numero uno: quanta plastica, carta o vetro da riciclareha raccolto il tal comune? Domanda numero due: lo stesso comune quanti contributi che gli spettano per legge ha incassato a fronte dei costi sostenuti per la raccolta differenziata degli imballaggi? Due domande le cui risposte sono contenute nella banca dati Anci–Conai prevista dagli accordi tra l’Associazione nazionale dei comuni italiani e il Conai, ovvero il consorzio privato che è al centro del sistema della raccolta differenziata degli imballaggi. Numeri non diffusi ai cittadini, che possono contare solo su un report annuale con dati aggregati. Ma i dati aggregati non sempre vanno d’accordo con la trasparenza. E soprattutto non rendono conto delleincongruenze di una situazione su cui l’Antitrust di recente ha espresso le sue critiche, mettendo nero su bianco che “il finanziamento da parte dei produttori di imballaggi dei costi della raccolta differenziata non supera il 20% del totale, laddove invece, dovrebbe essere per intero a loro carico”. Con la conseguenza che a rimetterci sono le casse pubbliche, visto che tocca ai comuni coprire gran parte di quei costi.

I dati sulla raccolta differenziata? In mano a un privato pagato dal Conai – Il sistema Conai, creato alla fine degli anni novanta per recepire la direttiva europea in materia e per soddisfare il principio del “chi inquina paga”, funziona così: per ogni tonnellata di imballaggi immessa sul mercato i produttori di imballaggi versano un contributo (cac, contributo ambiente Conai) al Conai, che poi distribuisce ai vari consorzi di filiera le quote spettanti. Per gli imballaggi di plastica il consorzio di riferimento è il Corepla, per quelli di carta il Comieco, e così via. Tutti consorzi che fanno capo al Conai e che sono controllati dagli stessi produttori di imballaggi e da chi li immette sul mercato. Il sistema Conai, che tra le sue entrate può contare anche sui ricavi ottenuti con la vendita dei materiali conferiti dai comuni, riconosce a questi un corrispettivo a tonnellata che dovrebbe compensare gli extra costi sostenuti per la raccolta differenziata degli imballaggi rispetto a quella dei rifiuti generici. “Solo che ad oggi – spiegaMarco Boschini, coordinatore dell’Associazione dei comuni virtuosi – non esiste ancora uno studio che stabilisca quali sono realmente in media gli extra costi sostenuti dai comuni per ogni tipologia di tonnellata di materiale raccolta”.

E così il corrispettivo dovuto ai comuni viene stabilito da unatrattativa effettuata ogni cinque anni nell’ambito del rinnovo dell’accordo tra Anci e Conai, dove finora hanno prevalso gli interessi del sistema Conai. Con un particolare: i dati relativi allaraccolta differenziata sono custoditi nella famosa banca dati, che viene gestita a spese del Conai da Ancitel Energia e Ambiente(Ancitel E&A), a cui è stata affidata in modo diretto da Anci, senza alcun bando di gara. Ancitel E&A è una società che, al di là di una quota del 10 per cento in mano ai comuni attraverso Ancitel spa, è al 90 percento di proprietà di privati. Con un primo conflitto di interessi che salta subito all’occhio, come fa notare Boschini: “Il Conai e i suoi consorzi di filiera pagano ad Ancitel E&A la gestione della banca dati e sono quindi i suoi principali clienti, clienti che hanno garantito finora quasi per intero il fatturato di tale società. Se dall’elaborazione dei dati dovesse emergere, cosa peraltro in linea con quanto rilevato dall’Antitrust, che i sovra costi della raccolta differenziata degli imballaggi sono ben più elevati di quelli riconosciuti attualmente ai comuni, si verrebbe a determinare un aumento di costi a carico proprio dei clienti più importanti e decisivi di Ancitel E&A”.

Le critiche dell’Antitrust: “Il sistema Conai copre solo il 20% dei costi di raccolta” – Quando nel 2013 l’Associazione dei comuni virtuosi ha affidato alla società di ingegneria Esper (Ente di studio per la pianificazione ecosostenibile dei rifiuti) la redazione di un’analisi sugli effetti degli accordi tra Anci e Conai, ecco cosa è saltato fuori: “Analizzando gli ultimi dati disponibili nel 2013 – spiega Ezio Orzes, uno dei curatori della ricerca e assessore all’Ambiente di Ponte alle Alpi, comune più volte premiato da Legambiente per i risultati raggiunti nella raccolta differenziata – si è visto che ai comuni italiani il Conai riconosceva solo il 37% di quanto incassato grazie al cac e alla vendita dei rifiuti raccolti, mentre i corrispettivi per tonnellata raccolta ricevuti dai nostri enti locali erano tra i più bassi in Europa. Così, a fronte dei circa 300 milioni versati dal Conai ai comuni, questi ne spendevano almeno tre volte tanto per la raccolta degli imballaggi”.

Da allora, seppur con qualche miglioramento dovuto anche alle prese di posizione dell’Associazione dei comuni virtuosi, lo sbilanciamento a favore dei privati (sistema Conai) rispetto al pubblico (Anci) è rimasto. Così nel 2015 il sistema Conai ha incassato 593 milioni di euro grazie al cac e circa 225 dalla vendita dei materiali conferiti dagli enti locali. Valore, quest’ultimo, che potrebbe essere ancora più alto visto che, per fare un esempio, il consorzio Comieco vende sul mercato libero solo il 40% della carta recuperata, quota a cui è salito dopo un impegno preso nel 2011 con l’Autorità garante della concorrenza e del mercato che aveva censurato l’“opacità gestionale” determinata dalla pratica di cedere alle cartiere consorziate i materiali raccolti a prezzi inferiori a quelli di mercato. In ogni caso, a fronte delle somme incassate, nel 2015 il Conai ha versato ai comuni, secondo quanto comunicato ailfattoquotidiano.it, solo 437 milioni. Numeri che contribuiscono a creare la situazione che – come detto – l’Antitrust lo scorso febbraio ha descritto così: “Il finanziamento da parte dei produttori (attraverso il sistema Conai) dei costi della raccolta differenziatanon supera il 20% del totale, laddove invece, dovrebbe essere per intero a loro carico”. Una situazione capovolta rispetto a quella di altri Paesi europei, evidenzia Attilio Tornavacca, direttore generale di Esper: “In Germania e in Austria i costi di raccolta degli imballaggi domestici sono a carico esclusivamente di chi produce e commercializza imballaggi. In Francia, secondo un rapporto del 2015 di Ademe (un’agenzia pubblica di controllo a supporto tecnico del ministero dell’Ambiente, ndr), la percentuale dei costi di gestione degli imballaggi domestici a carico di Ecomballages e Adelphes, consorzi che svolgono una funzione similare a quella del sistema Conai in Italia, nel 2014 è stata pari al 74,8%”.

Un unico sistema, tanti conflitti di interesse – I conflitti di interesse non si limitano alla gestione della banca dati Anci-Conai. “Il cac versato in Italia dai produttori di imballaggi è mediamente tra i più contenuti tra quelli applicati in Europa – spiega Tornavacca -. Ad esempio in Francia per il cartone si pagano 163 euro a tonnellata, mentre in Italia solo 4”. E chi decide a quanto deve ammontare il cac? “Il Conai stesso. E quindi, in definitiva, lo decidono gli stessi produttori di imballaggi che pagano il cac e che nel consorzio detengono l’assoluta maggioranza delle quote”. C’è poi un altro punto. Il corrispettivo versato ai comuni dal sistema Conai dipende dalla percentuale di impurità del materiale raccolto: quante più frazioni estranee sono presenti per esempio in una tonnellata di imballaggi plastici conferiti, come può essere un giocattolo che non è classificato come imballaggio, tanto più bassa è la somma riconosciuta al comune dal consorzio di filiera Corepla. A valutare la qualità del materiale raccolto sono alcune società scelte e pagate dal Conai, che potrebbe quindi decidere di rinnovare o meno il contratto a seconda che siano state soddisfatte o meno le proprie aspettative. Il che basta a spiegare questo altro potenziale conflitto di interessi presente nel sistema all’italiana di gestione dellaraccolta differenziata. Sebbene infatti l’analisi di qualità possa essere eseguita in contraddittorio tra le parti, una cosa è chiara: un corrispettivo più basso versato al comune in seguito al risultato dell’analisi corrisponde a un esborso inferiore da parte del Conai.

E ancora. Che fine fa la differenza tra quanto incassato dal Conai grazie al cac e alla vendita del materiale raccolto e quanto versato ai comuni? “In parte viene accantonata a riserva per esigenze di anni successivi – spiega Tornavacca – in parte viene utilizzata perfinanziare la struttura e tutte le attività promozionali del Conai e dei consorzi di filiera”. E anche qui casca l’asino su un altro bel conflitto di interessi. Perché nelle sue campagne promozionali il Conai si guarda bene dal promuovere pratiche che porterebbero a una riduzione del consumo di imballaggi, come la diffusione delvuoto a rendere, cosa che avrebbe conseguenze negative sui fatturati dei produttori suoi consorziati.

Conai e Anci: “Siamo per la trasparenza”. Ma la banca dati resta chiusa a chiave – Tra conflitti di interesse e costi di raccolta degli imballaggi che pesano soprattutto sulle casse pubbliche, anziché sui produttori, forse un po’ più di trasparenzaci vorrebbe. Magari rendendo visibile a tutti i cittadini il contenuto della banca dati da cui siamo partiti. Che ne pensa il Conai? “La banca dati Anci-Conai – risponde il direttore generale del consorzioWalter Facciotto – è uno strumento introdotto dal precedente accordo quadro Anci-Conai (2009-2013) ed è un sistema gestito direttamente da Anci. Restiamo convinti che sia il primo strumento per trasparenza e completezza nel settore dei rifiuti, a completa disposizione di chi ne ha la proprietà (i comuni) e la gestione (società e/o comune medesimo)”. E siccome la palla viene passata ai comuni, non resta che sentire il parere di Filippo Bernocchi, delegato Anci alle politiche per la gestione dei rifiuti e fino a pochi mesi fa presidente di Ancitel E&A: “Io sono sempre stato per il green open data. Le regole per rendere visibili i dati della banca dati sono definiti dal comitato di coordinamento Anci-Conai, ma ogni singolo comune dovrebbe dare il suo consenso perché possano essere pubblicati i dati che lo riguardano”. In attesa che Anci e Conai chiedano questo consenso, quei numeri continuano a essere chiusi a chiave nella banca dati.

 

Fonte: Il Fatto Quotidiano

RASSEGNA STAMPA – Focus rifiuti/1 – Come sarà la nuova raccolta a Marsala. Ecco i problemi da risolvere

E’ un dossier da oltre 300 pagine quello che stanno esaminando in consiglio comunale. E’ il nuovo piano sulla raccolta dei rifiuti a Marsala. Un piano d’interventi, così viene chiamato, preparato dalla Esper, l’agenzia esterna incaricata dall’Amministrazione guidata dal sindaco Alberto Di Girolamo per studiare il nuovo servizio della raccolta rifiuti in città. Quello che il consiglio comunale dovrà approvare nei prossimi giorni genererà una gara d’appalto da circa 100 milioni di euro, che determinerà le sorti della città sul tema rifiuti per i prossimi anni.
Al momento il servizio di raccolta è gestito da Aimeri Ambiente, il cui contratto scade a ottobre. Allora si sta cercando di mettere mano al sistema rifiuti per non commettere gli stessi errori del passato. Questa volta però gestisce tutto il Comune di Marsala, che ha costituito l’Aro, l’Ambito di Raccolta Ottimale, che permette ai singoli Comuni di decidere sul proprio futuro in tema rifiuti. In passato invece, il servizio di raccolta rifiuti è stato determinato altrove, con l’Ato Terra dei Fenici, che predisponeva le gare d’appalto, decideva che tipo di servizi offrire. E le cose non sono andate tanto bene, ne sono dimostrazione le inchieste giudiziarie che hanno coinvolto la provincia di Trapani sulla gestione dei rifiuti, e la qualità del servizio. Ora la Esper ha messo mano al sistema rifiuti a Marsala, partendo proprio dalla situazione attuale e definendo quali sono le criticità. Il piano si divide in tre parti, sostanzialmente: situazione e criticità attuali, proposte, costi. Oggi partiamo dallo stato dell’arte, e dalle criticità dell’attuale servizio.

I DATI
Prima però i dati. A Marsala si fa la raccolta differenziata, con il sistema del porta porta e alcune isole ecologiche.
La percentuale di raccolta differenziata del 2015 è stata pari al 38,83%. Un dato che secondo la Esper “testimonia le evidenti criticità strutturali dell’attuale modello di gestione ed uno scarso livello di intercettazione delle frazioni differenziate”. La percentuale di differenziata  infatti, è ben lontana dal raggiungimento degli obiettivi minimi previsti dalla normativa regionale, nazionale ed europea. La produzione totale pro capite di rifiuti, è pari a 430,98 kg/ab.anno, inferiore rispetto alla media della produzione pro capite della Regione Sicilia che si attesta sui 517 kg/ab.anno. Il Comune di Marsala, fino a prima della costituzione dell’Aro era nell’Ato Tp1 poi Srr a cui partecipa con una percentuale azionaria del 26,32%. Il servizio di raccolta effettuato dalla ditta Aimeri Ambiente srl è porta a porta su tutto il territorio. Chiamarlo “porta a porta” in realtà è fuorviante, perchè, come evidenzia il dossier, in molti casi “si effettua una raccolta di prossimità con l’utilizzo di contenitori e cassonetti posizionati in aree di pertinenza condominiale in cui conferiscono più utenze”. Il territorio è suddiviso in 6 aree di raccolta: due per l’area del Centro Storico, due per l’area Marsala Nord e due per l’area Marsala Sud.

PERCENTUALI BASSE, LIMITI STRUTTURALI
“La situazione analizzata – si legge nel dossier – mette in evidenza un limite strutturale dell’attuale gestione che entra in crisi con l’intensificarsi dei flussi turistici stagionali”. Durante il mese di agosto, in particolare,  una parte significativa delle raccolte differenziate finisce nel rifiuto indifferenziato e quindi conferite in discarica, quindi maggiori costi di smaltimento.

Nello studio sono stati analizzati i dati delle raccolte mensili per gli anni 2013-2015. Qui sono state evidenziate alcune criticità sull’attuale modello di raccolta differenziata che “ha raggiunto il suo limite strutturale”.
Nello studio viene evidenziata una bassa percentuale di raccolta differenziata, ben al di sotto degli obiettivi di legge. L’efficienza del servizio è poi al di sotto degli standard minimi ed entra in crisi durante la stagione turistica. Nello studio viene detto anche che l’intercettazione delle frazioni differenziate è bassa e potenzialmente incrementabile.
“Non vi è traccia, nella documentazione trasmessa, della destinazione finale delle terre provenienti dallo spazzamento stradale. Non c’è alcuna comunicazione del gestore al comune circa il numero di accessi ai Centri comunali di raccolta né delle quantità e tipologie di rifiuti conferiti negli stessi da utenze domestiche e non domestiche; Le frazioni differenziate hanno una elevata presenza di rifiuti non conformi”.

STRUTTURE, CENTRI DI RACCOLTA, ISOLE ECOLOGICHE

Sono due i centri comunali di raccolta a Marsala, Ponte Fiumarella e Cutusio.
L’Aimeri utilizza il Centro di Trasferenza di Ponte Fimarella, come stazione di travaso e trasferimento verso la discarica del rifiuto indifferenziato. Il Centro di Trasferenza è di proprietà del Comune di Marsala e affidato in concessione all’attuale gestore del servizio.
Poi c’è il Ccr di Cutusio. L’Aimeri ha a disposizione un “cantiere” con officina. Si tratta di un deposito per il ricovero dei mezzi, con officina per manutenzione degli stessi. E si trova in contrada Cutusio. Il cantiere fungerebbe anche da centro comunale di raccolta, ma “l’evidente promiscuità delle attività del centro suggerirebbe una migliore organizzazione delle stesse in termini di spazi, orari e modalità gestionali”.
Anche su questo aspetto la relazione specifica che non c’è “un sistema efficace di tracciatura dei conferimenti presso i CCR né una puntuale rendicontazione degli stessi al Comune di Marsala”. L’Aimeri infatti registra su moduli cartacei gli accessi, ma i dati non vengono successivamente gestiti, organizzati e rendicontati al Comune.
Poi c’è l’isola ecologica di Amabilina, che però “non risponde agli standard gestionali minimi previsti”. Un modo elegante per dire che è una discarica.
In sostanza la situazione attuale dei centri di raccolta è pessima. La Esper nel suo rapporto indica che i Ccr dovrebbero essere dotati di un sistema elettronico per il controllo degli accessi e l’identificazione automatica degli utenti. Che ci vorrebbe un terminale per ogni operatore per gestire gli accessi all’impianto, i conferimento in ingresso di utenze domestiche e non domestiche, e rilasciare ricevute e registrare i conferiMenti. E poi un sistema che sia in grado di gestire gli smaltimenti e i conferimenti in uscita, ed effettuare, ad esempio, un bilancio di massa dei materiali. Si parla anche di tessere identificative per ogni utente. Insomma i centri di raccolta non sono per niente informatizzati, e questo non consente di controllare gli accessi e non consente di “introdurre incentivi diretti a premiare gli utenti particolarmente attivi nei conferimenti”.
L’Aimeri Ambiente, poi, dichiara di impegnare complessivamente 76 mezzi per la raccolta rifiuti, lo spazzamento, e il conferimento agli impianti. Sono mezzi di diverse tipologie, piccoli e grandi. I lavoratori sono invece 165.
E’ stato esaminato anche l’aspetto del compostaggio domestico. Il Comune di Marsala non conosce il numero di famiglie che praticano il compostaggio domestico. La stima effettuata dagli uffici comunali tende a quantificare la percentuale di adesione in circa il 10% delle utenze domestiche.

LE CRITICITA’
Comunicazione. Per la Esper che ha predisposto il piano d’intervento uno dei punti centrali per ottenere un buon servizio è innanzitutto che i cittadini sappiano come conferire i rifiuti. Cioè che siano informati. Però “attualmente non c’è un progetto di comunicazione efficace sulla corretta gestione dei rifiuti. L’unico strumento di comunicazione reperito durante le visite sul territorio e le ricerche sul web, è il calendario delle raccolte per le Utenze Domestiche e Non domestiche e scarne indicazioni su come effettuare la raccolta differenziata”. Eppure negli scorsi anni l’Ato Tp1 ha speso una barca di soldi per pubblicità e campagne di comunicazione. Una comunicazione non proprio mirata e funzionale da quello che emerge dal Piano. “La quasi totalità dei cittadini intervistati dimostrano di avere un’idea approssimativa delle regole dell’attuale svolgimento del servizio di raccolta e delle corrette modalità di conferimento delle diverse frazioni di rifiuto. La maggior parte dei cittadini intervistati, al contrario, si dichiara disponibile ad approcciare un modello di raccolta differenziata maggiormente responsabilizzante e premiante anche sul piano dell’equità contributiva”.

Esposizione e frequenze di raccolta. Un’altra criticità riguarda le modalità di gestione delle fasi di separazione e conferimento dei materiali. Per la Esper i contenitori, per una corretta raccolta, devono essere custoditi all’interno delle abitazioni o in aree di pertinenza, ed esposti al limite della proprietà su suolo pubblico, solamente quando pieni e solo nella giornata di raccolta secondo un calendario prestabilito. “Le verifiche effettuate sul territorio mettono in evidenza un’ elevatissima percentuale di esposizione, anche di modeste quantità delle diverse frazioni di rifiuto. Le frequenze di esposizione, e di conseguenza il numero di prese degli operatori, è molto elevato in relazione alle quantità complessive effettivamente raccolte. Tale evidenza è ancora più significativa per la raccolta del Secco Residuo dove il tasso di esposizione si può stimare ad oltre il 80% delle utenze per ogni giro di raccolta. Le risicate pertinenze interne ed esterne degli esercizi commerciali nella zona del Centro Storico richiedono in ogni caso, soprattutto durante la stagione turistica, elevate frequenze di raccolta.

Scarsa intercettazione delle frazioni differenziate. Il problema è quello. Si differenzia poco e c’è un’alta percentuale di indifferenziato. I dati dicono che c’è una “insufficiente percentuale media di raccolta differenziata dell’attuale servizio di raccolta. I risultati attuali non sono coerenti con gli obiettivi di settore comunitari, nazionali e regionali”. Il Piano indica però che è possibile abbattere la produzione pro capite di rifiuti indifferenziati “con una riorganizzazione dei servizi di raccolta ed una adeguata campagna di comunicazione”. La frazione organica poi decresce vistosamente nel mese di agosto con l’intensificazione del servizio estivo.
Abbandoni. Vera piaga per la città in tema di rifiuti è il sacchetto selvaggio, quando finisce bene. Perchè non sono poche le piccole discariche a cielo aperto in cui si trovano non solo sacchetti di spazzatura ma rifiuti di ogni genere, da eternit a mobili usati, a televisori e altri elettrodomestici. Mantenendoci sulla piccola inciviltà gli abbandoni dei sacchetti avviene soprattutto nei quartieri residenziali ad elevata densità abitativa, in aree immediatamente limitrofe al concentrico urbano e nei pressi delle Isole Ecologiche.
Crisi strutturale dell’attuale sistema di raccolta in presenza di contenuti flussi turistici stagionali. Un limite strutturale dell’attuale gestione è che entra in crisi con l’intensificarsi dei flussi turistici stagionali. Durante il mese di agosto una parte significativa delle raccolte differenziate finisce nel rifiuto indifferenziato e quindi conferite in discarica. Il tutto fa crollare i dati della differenziata, e aumentare i costi.
Qualità dei materiali raccolti. C’è poi la qualità del rifiuto. Dipende dalla purezza dei materiali e dalla bassa presenza dei materiali non conformi a quelli che si devono raccogliere. Ad esempio quando si butta il bicchiere di plastica con un tovagliolo all’interno, per essere proprio spiccioli. Per la Esper “le raccolte domiciliari porta a porta garantiscono intrinsecamente una migliore qualità delle frazioni di rifiuto conferite rispetto alle raccolte stradali o di prossimità”. Però non basta. Occorre un “efficiente modello gestionale”. “La corretta separazione dei materiali in casa dipende dalla qualità delle informazioni date, dall’assegnazione, di contenitori e attrezzature correttamente dimensionati oltre che da precise modalità di conferimento, prelievo e gestione dei materiali raccolti”.

Questa in sostanza è la situazione adesso. Come funziona il sistema dei rifiuti a Marsala e quali sono le sue criticità, secondo gli esperti che hanno predisposto il nuovo piano rifiuti. Come si vogliono sistemare le cose? Lo vedremo domani.

 

10 years of ESPER

Visto il successo del volume “Dieci anni di percorsi virtuosi verso Riduzione, Riuso, Riciclo e Tariffazione Incentivante” che ancora in molti ci richiedono e scaricano dal nostro sito, vista l’ormai confermata attitudine alla collaborazione con realtà estere e il crescente numero di contatti stranieri, abbiamo deciso di tradurre in inglese il nostro libro, e di metterlo a disposizione di chiunque lo voglia scaricare.

Potrete farlo seguendo i links sottostanti

Scarica “10 years of virtuous journey towards a circular society of Reducing, Reusing and Recycling”

Bassa Risoluzione – .pdf  3,5 MB
Alta risoluzione – .pdf 30 MB

 

Marsala. Presentato il piano d’intervento. Ecco come può cambiare la raccolta dei rifiuti

Dopo sette anni scade il contratto con Aimeri Ambiente, la società che ha gestito il servizio di raccolta rifiuti a Marsala dal 2009. L’Amministrazione Comunale per preparare il nuovo piano d’intervento e quindi il nuovo bando di gara ha dato incarico alla Esper, una ditta di consulenza che si occupa proprio di progettazione di servizi di raccolta rifiuti.
“Vogliamo ascoltare la città” dice il vicesindaco Agostino Licari, che già in mattinata aveva illustrato le idee dell’amministrazione al consiglio comunale e poi, in radio, intervenendo su Rmc 101. “Abbiamo verificato una serie di criticità – dice Licari – dovute non tanto alla ditta che fa il servizio, ma al sistema in sé. Anche se uno ce la mette tutta, è veramente difficile arrivare all’obiettivo sperato di 65% di raccolta. Vero è che negli ultimi mesi abbiamo raggiunto il 45%, ma ancora c’è molto da fare. Noi puntiamo, a regime, al 70%. Attualmente, il sistema non permette un pieno controllo dei Comuni, una interazione con la ditta che fa il servizio. E il cittadino deve essere al centro di tutto, con un concetto di premialità diretta per i cittadini virtuosi”. Attualmente il servizio, tra raccolta e conferimento, costa al Comune 15 milioni di euro l’anno. “Noi puntiamo a ridurre il costo del servizio senza intaccare la qualità, e senza ridurre il personale”.
Per il nuovo piano il Comune si è affidato quindi alla Esper, che lavora solo per gli enti e i consorzi pubblici. E sostiene che i suoi consulenti hanno un rigido codice etico per il quale non possono avere rapporti economici con aziende private nel settore rifiuti. Questo è stato detto tutto nella conferenza che si è tenuta ieri a San Pietro per presentare alla città le idee per il nuovo servizio di raccolta.
Per Esper c’è un limite strutturale della raccolta dei rifiuti a Marsala, e viene da chiedersi allora, prendendo per buoni i dati della società di consulenza scelta dal Sindaco Di Girolamo, come sia stato tarato il servizio di Aimeri negli anni passati, dato che secondo Esper, la raccolta rifiuti a Marsala “va in crisi nei momenti topici dell’anno, con materiali che andrebbero riciclati e che invece finiscono in discarica, rappresentando per il Comune di Marsala un maggiore costo per il conferimento dei rifiuti e un mancato guadagno”. Ecco perché Marsala è molto al di sotto degli standard di legge. Inoltre, secondo Esper, molte cose non sono chiare, ad esempio “non c’è traccia – nella documentazione trasmessa – della destinazione finale delle terre provenienti dallo spazzamento stradale”. Inoltre non c’è comunicazione, ad esempio nessuno sa a Marsala cosa succede nei centri di raccolta: non siamo in grado di sapere cosa si fa, e se questi centri hanno in mano degli strumenti per migliorare il servizio. Ma c’è di più: i marsalesi fanno male la differenziata, perchè spesso si trovano rifiuti nei posti sbagliati. Tutto questo pregiudica la qualità della raccolta dei rifiuti.
Secondo Esper non c’è mai stata una campagna di comunicazione adeguata. E ciò nonostante, negli anni passati, senza alcuna gara, l’Ato “Terra dei Fenici” abbia speso i soldi pubblici per discutibili campagne pubblicitarie, che non hanno portato a nulla.
La raccolta rifiuti a Marsala, certamente, continuerà con il porta a porta. Niente isole ecologiche, ma l’intenzione è quella di mantenere la raccolta casa per casa, con la stessa forza lavoro, ma con modalità diverse. “La concezione del piano parte dalle premialità per il cittadino virtuoso, se riesce a fare bene la differenziata avrà un vantaggio diretto, va premiato anche il lavoratore e la ditta. Più della contestazione, partiamo dal premiare chi raggiunge l’obiettivo” ha detto il vice sindaco.
La Esper ha fatto quindi una mappatura del territorio con le tipologie di abitazioni e di abitanti, con le suddivisioni tra le diverse zone della città per elaborare lo schema. Oltre al porta a porta e all’attività di comunicazione ed informazione i principali punti sono quelli di un “efficace sistema di monitoraggio e controllo e sanzionamento. E poi la presenza di un centro di raccolta e riuso dei materiali. E poi la tariffazione puntuale almeno del residuo. Un sistema di tariffazione del Rsu personalizzato, che consente agli operatori di valutare quanto Rsu, quindi rifiuto non differenziato, produce la famiglia. Si è fatto l’esempio di diverse città, con i bidoni personalizzati per ciascuna famiglia. Sono idee che puntano all’abbattimento della spazzatura indifferenziata per limitare il conferimento in discarica.
Queste le linee guida, ora il piano, nel dettaglio, verrà proposto al consiglio comunale e poi si procederà a scrivere il capitolato d’appalto per quello che è un servizio che condizionerà gli usi e le economie dei marsalesi per i prossimi anni.

Fonte: tp24.it

Filiera rifiuti e occupazione. RD: se l’Italia rispettasse gli obiettivi europei, 50.000 posti di lavoro in più

Pubblichiamo una sintesi dello studio di ESPER sulle possibilità lavorative legate ad una corretta gestione dei rifiuti

Studio elaborato da Ezio Orzes, Lucia Michelini, Fabio Gasperini, Attilio Tornavacca e Salvatore Genova. Anno 2015

L’odierna politica ambientale dell’Unione europea sta puntando alla realizzazione di azioni connesse alla gestione dei rifiuti che portino ad un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse. Infatti, essendo la perdita di risorse preziose una costante delle nostre economie, la domanda di materiali finiti o scarsi continua ad aumentare con la conseguenza inevitabile che la pressione su queste risorse degrada e indebolisce l’ambiente. In questo contesto, l’Europa sta esortando le comunità ad agire per progredire verso un’economia maggiormente imperniata sul riutilizzo e sul riciclaggio di alta qualità delle risorse e molto meno sulle materie prime, la cosiddetta economia circolare.
Il presente studio si colloca in questo contesto, ponendosi come obiettivo quello di valutare le esternalità positive connesse alla gestione dei rifiuti urbani, analizzando, in particolare, i possibili posti di lavoro ottenibili dalle varie fasi di lavorazione dei RSU. A tal fine, sono stati ipotizzati vari metodi di calcolo che hanno portato alla definizione di tre ipotesi di bilancio.

Una prima ipotesi prevede degli scenari dove, ad una produzione costante di rifiuti urbani pari a quella registrata nell’anno 2013, corrispondono dei valori incrementali di %RD raggiungibili nell’intero territorio nazionale. Gli scenari proposti dall’analisi prevedono quattro livelli di %RD: 42,3% (situazione al 2013, in Italia), 65%, 70% e 80%. L’analisi, poi, applica ad ogni scenario di %RD dei coefficienti occupazionali ottenuti dalla media dei valori citati dalla letteratura e necessari per stimare i posti di lavoro potenzialmente ottenibili dalle attività di raccolta, riciclaggio, industria manifatturiera materie seconde, smaltimento in discarica e incenerimento. I risultati mostrano che con una RD pari all’80% si potrebbero creare un totale di 269.064 posti di lavoro, di cui 251.008 destinati alle attività di raccolta e industria manifatturiera delle materie seconde, 6.216 allo smaltimento in discarica e 11.840 all’incenerimento dei RSU. Questo calcolo mostra chiaramente come all’aumentare del grado di %RD, e a parità di produzione nazionale di RSU, corrisponda un diretto aumento delle unità lavorative connesse alle fasi di raccolta, riciclaggio, industria manifatturiera delle materie seconde, a discapito delle attività legate allo smaltimento in discarica e all’incenerimento dei rifiuti.

La seconda analisi fa una proiezione all’anno 2020 e per stimare i potenziali posti di lavoro applica ai dati di %RD e di produzione di rifiuti urbani degli anni 2013 e 2020 i coefficienti di conversione citati in letteratura per le attività di raccolta, trattamento rifiuti e per la lavorazione delle materie seconde. Dalla produzione totale di tonnellate di rifiuti urbani la presente analisi arriva a stimare la presenza di circa 69.110 posti di lavoro totali al 2013 e la possibile creazione di 118.088 posti al 2020. I risultati raggiunti illustrano che dal 2013 al 2020, a fronte di un ipotetico aumento della %RD dal 42,3 all’82%, il fabbisogno occupazionale legato alle attività di raccolta e trattamento e lavorazione delle materie seconde, potrebbe aumentare di circa 48.978 unità lavorative.

La terza ipotesi, infine,  si concentra in un primo momento sulla fase della raccolta/conferimento dei R.S.U. per passare poi ad analizzare le attività di post-raccolta/conferimento. Unendo i due aspetti dell’occupazione collegata ai RSU si ha il quadro complessivo delle opportunità di lavoro generate dai rifiuti. Per il territorio nazionale, raggiungendo i limiti indicati come obiettivo dalla legge (65%), si otterrebbero un totale di 126.550 posti di lavoro e, con una RD all’80%, ben 156.064. Questo scenario mostra che promuovere pratiche virtuose per ridurre lo spreco energetico e di materie prime attraverso il riuso e il riciclaggio, riduce la cattiva occupazione legata alle attività della gestione del secco (discariche e inceneritori) e fa crescere la buona occupazione.

Lo studio conclude che, attraverso una prima analisi del contesto tramite le fonti bibliografiche attualmente presenti e dalle stime successivamente eseguite, un modello economico-sociale dove sia privilegiata una gestione virtuosa dei rifiuti può avere degli effetti importanti per la ripresa economica del Paese e degli Stati membri in generale. Inoltre, i risultati ottenuti evidenziano che cogliere gli obiettivi UE sulla gestione efficiente delle risorse porterà a delle consistenti ricadute positive in termini occupazionali e che migliorare l’efficacia e la qualità delle pratiche di differenziazione dei rifiuti significa anche favorire filiere produttive di qualità, svuotando quelle a maggiore impatto ambientale e sociale come inceneritori e discariche.
In generale il presente rapporto enfatizza la necessità di (i) avere a disposizione dei dati certi di riferimento, dove le informazioni siano reperite non solo da fonti bibliografiche ma anche da studi legati a realtà locali, di (ii) trovare metodi standard di analisi e raccolta dati e di (iii) avere dei parametri condivisi di normalizzazione per iniziare a delineare un quadro conoscitivo di riferimento e, se non completo, quanto meno attendibile. Queste informazioni, se meglio approfondite, potrebbero rappresentare uno strumento decisivo per guidare legislatori e attori politici verso l’adozione di pratiche sostenibili per l’ambiente e che possano contribuire alla ripresa economica negli Stati membri.

IPOTESI 1: Possibili posti di lavoro ottenibili in Italia con vari scenari di %RD, per le attività di raccolta e industria manifatturiera delle materie seconde, smaltimento in discarica e tramite incenerimento.

IPOTESI 3: Posti di lavoro totali in Italia con una RD del 65% e 80%.

Scarica lo studio integrale (.pdf – 3MB)

10 anni di ESPER

Esper compie dieci anni. Abbiamo deciso di celebrare questa importante scadenza in compagnia dei nostri coetanei di Associazione Comuni Virtuosi pubblicando un libro che racconta i nostri “Dieci anni di percorsi virtuosi verso Riduzione, Riuso, Riciclo e Tariffazione Incentivante”.

Ma a raccontare tali percorsi sono intervenuti con le loro preziose testimonianze i reali protagonisti, gli attori principali di queste attività: amministratori e tecnici, presenti e passati. Tutti uniti da una caratteristica comune: sono stati il motore dei cambiamenti sul loro territorio.

L’introduzione e scritta da un compagno di strada eccellente: il premio Goldman Environmental Prize 2013 per l’ambiente Rossano Ecolini, presidente di Zero Waste Europe, Zero Waste Italy e coordinatore del Centro di Ricerca Rifiuti Zero di Capannori.

La pubblichiamo qui di seguito:

Da anni Zero Waste Italy lavora perché la strategia “rifiuti zero”, attualmente il modo più veloce ed economico attraverso cui i governi locali possono contribuire alla riduzione dei cambiamenti climatici, alla protezione della salute, alla creazione di posti di lavoro “verdi” e alla promozione della sostenibilità locale, sia diffusa ed ottenga nuove e numerose adesioni. Siamo convinti che la gestione sostenibile delle risorse passi attraverso il raggiungimento di tre obiettivi generali:
1. responsabilità dei produttori, a monte del processo produttivo: produzione e progettazione industriale;
2. responsabilità della comunità, a valle: modelli di consumo, gestione dei rifiuti e smaltimento;
3. responsabilità della classe politica, per coniugare responsabilità industriale e della comunità in un contesto armonioso.
Insomma riduzione, riuso e riciclo sono tre parole d’ordine di importanza fondamentale. Nel 1996, grazie al movimento “Non bruciamoci il futuro”, viene sconfitta l’ipotesi di costruzione di un inceneritore nel Comune di Capannori . Non ci accontentiamo del successo ma iniziamo a lavorare per la creazione di reali alternative all’incenerimento fondando il Centro di Ricerca Rifiuti Zero quale primo esempio di centro di questo genere in Europa. Proprio su questi temi abbiamo avviato un percorso a Capannori e nella nostra strada verso un futuro di sostenibilità abbiamo più volte collaborato con l’Associazione Comuni Virtuosi (di cui Capannori fa parte) e con i tecnici della ESPER nelle nostre iniziative di formazione tecnica degli aderenti al movimento rifiuti zero, in particolare quando abbiamo promosso l’introduzione della tariffazione puntuale nel Comune di Capannori ( uno dei 10 passi fondamentali della strategia verso rifiuti zero), anche grazie al prezioso e qualificato supporto tecnico della ESPER.
La tariffazione puntuale era l’obiettivo che, dopo l’adozione della raccolta porta a porta, ancora mancava a Capannori per garantire trasparenza ed equità contributiva agli utenti e permettere l’ulteriore ottimizzazione del servizio di raccolta con un conseguente contenimento dei costi e delle emissioni ad esso collegate. Un passo fondamentale, capace di scatenare reazioni sinergiche e virtuose non solo nella cittadinanza, ma anche nel tessuto produttivo. Le ormai numerose esperienze in Italia e soprattutto in Europa, come anche gli studi di ESPER riportati in questa pubblicazione, dimostrano: il meccanismo incentivante per cui si paga in base alla reale produzione di rifiuti, e dunque al reale utilizzo del servizio di raccolta, non modifica solo le abitudini del cittadino per quel che riguarda la raccolta e la gestione dei propri rifiuti, ma anche e soprattutto quelle di acquisto.
Anche a Capannori a seguito dell’adozione della Tariffa puntuale in cittadini privilegiano sempre di più l’acquisto di prodotti con meno imballaggi, con imballaggi facilmente differenziabili, di prodotti sfusi.
È quello che avviene dove la tariffa puntuale è attiva da molto tempo, come in Trentino Alto Adige. Gli esempi non mancano: la tariffazione puntuale è stata in grado, ovunque sia stata implementata, di attivare le migliori sinergie fra buone pratiche di riduzione, riuso e riciclo. Buone pratiche che devono essere condivise, diffuse, affinate ulteriormente. Questo è il lavoro che il movimento internazionale Rifiuti Zero (che in Italia conta su 218 amministrazioni locali impegnate ad applicare concretamente questa strategia) sta promuovendo incessantemente per garantire un futuro migliore alle nuove generazioni ed anche l’azione di diffusione di buone pratiche che ESPER sta operando anche fuori dai confini nazionali, in Croazia, Slovenia e San Marino, sta contribuendo al consolidamento internazionale di questo percorso virtuoso.

Scarica “Dieci percorsi virtuosi verso Riduzione, Riuso, Riciclo e Tariffazione Incentivante”
Bassa Risoluzione – .pdf 4,5 MB
Media Risoluzione – .pdf 7 MB
Alta risoluzione – .pdf 30 MB

Versione Inglese
Bassa Risoluzione – .pdf  3,5 MB
Alta risoluzione – .pdf 30 MB