L’Italia si conferma tra i Paesi leader in Europa nell’economia circolare, ma la traiettoria degli ultimi anni evidenzia segnali preoccupanti. Il rapporto “L’Italia che Ricicla 2024”, curato da Ref per Assoambiente, offre una fotografia complessa di un settore che, pur mantenendo prestazioni di eccellenza in alcuni ambiti, mostra rallentamenti significativi a partire dal 2020. La pandemia ha influito profondamente, interrompendo una crescita costante e lasciando il sistema economico nazionale più vulnerabile alle sfide legate alla sostenibilità.
Il tasso di circolarità dei materiali in Italia ha raggiunto il 18,7% nel 2022, superando di gran lunga la media europea dell’11,5% e posizionandosi davanti a Paesi come Germania e Spagna. In filiere strategiche, come quella dei minerali metalliferi, l’Italia eccelle con un tasso di circolarità del 47%, dimostrando l’efficacia del riciclo nei settori più avanzati. Anche il contributo dell’economia circolare al PIL nazionale rimane tra i più alti in Europa, attestandosi al 2,5% nel 2021, un valore che supera le principali economie europee. Tuttavia, questi numeri positivi rischiano di celare una realtà più fragile e complessa.
A partire dal 2020, la capacità di integrare materiali riciclati nei cicli produttivi è diminuita, in controtendenza rispetto a molti Paesi europei. Questa inversione è stata aggravata da una ripresa economica post-pandemia trainata dall’edilizia e dall’industria, che ha aumentato il consumo di materie prime vergini a scapito dei materiali riciclati. Nel 2023, l’impronta di materia degli italiani – ovvero la quantità di risorse consumate pro capite – è cresciuta fino a 11,1 tonnellate, con un aumento del 5,5% rispetto al 2019. Questo dato è in netto contrasto con il trend europeo, che nello stesso periodo ha visto una riduzione del consumo di risorse del 6,3%, con risultati particolarmente significativi in Paesi come Francia, Germania e Spagna.
Il rallentamento non si limita al consumo di risorse. Gli investimenti nel settore dell’economia circolare, cresciuti fino al 2019, hanno subito un arresto durante la pandemia e oggi si attestano allo 0,7% del PIL, al di sotto della media europea e dei livelli di Germania e Francia. Anche l’occupazione ha subito un contraccolpo, con una perdita di oltre 30.000 posti di lavoro tra il 2020 e il 2023, nonostante l’Italia mantenga il primato europeo per numero di occupati nel settore, con oltre 613.000 lavoratori.
Secondo il rapporto, il rallentamento italiano si inserisce in un contesto europeo che sta accelerando la transizione verso la circolarità, evidenziando il rischio che il nostro Paese perda terreno competitivo. Per affrontare questa sfida, Assoambiente lancia la proposta di un’Agenda 2030 per il riciclo, un piano ambizioso che punta a rafforzare il ruolo strategico del riciclo e dell’economia circolare nell’ambito delle politiche industriali.
Un elemento cruciale è rappresentato dalla necessità di rimuovere le barriere normative che ostacolano il settore, come dimostrato dalle difficoltà legate ai regolamenti sull’end of waste per i rifiuti da costruzione e demolizione. Per evitare che simili problematiche si ripetano, il rapporto sottolinea l’importanza di un maggiore coinvolgimento degli operatori del settore nei processi decisionali. Parallelamente, si evidenzia l’urgenza di rafforzare le infrastrutture per la raccolta e la selezione dei rifiuti, migliorando la qualità dei materiali riciclati e garantendo un loro migliore assorbimento nei cicli produttivi.
Il rapporto propone anche una revisione delle politiche fiscali per sostenere il riciclo, destinando parte delle risorse generate dalle tasse ambientali a incentivi economici come agevolazioni IVA o crediti d’imposta. Secondo le stime, destinare solo l’1% delle entrate derivanti da tasse ambientali a misure di sostegno al riciclo potrebbe generare risorse pari a 2,5 miliardi di euro entro il 2030, superando gli investimenti previsti dal PNRR per la gestione dei rifiuti.
In questo contesto, emerge chiaramente la necessità di una visione strategica a lungo termine che consideri la circolarità non solo come un’opportunità per ridurre l’impatto ambientale, ma anche come un pilastro della competitività economica. Se l’Italia saprà cogliere questa sfida, il settore del riciclo potrà tornare a essere non solo un’eccellenza nazionale, ma anche un motore di crescita sostenibile e innovazione per il Paese.