Il tema del “Plastic free”, oggetto dell’ultimo volume monografico di ESPER “Plastic Free? Lotta al monouso e corretta gestione della plastica“, ha animato l’ultima estate pre-covid, con un alto numero di ordinanze Comunali (spesso oggetto di ricorsi e sottoposte a revisioni). L’individuazione di un nemico in un materiale e non nel suo utilizzo rischia di portare ad una sostituzione 1 a 1 con materiali compostabili che allevierebbero leggermente il problema, senza tuttavia risolverlo.
Nelle ultime settimane, hanno inoltre fatto scalpore (e si sono guadagnate grandi titoli su giornali e una significativa evidenza su tutti i media) analisi LCA con cui si affermava che l’usa e getta fosse ambientalmente più vantaggioso del permanente. Un’analisi assai discutibile e basata su premesse opinabili a cui ha fatto seguito la risposta di Zero Waste Europe.
Oggi arriva la risposta istituzionale.
In risposta alla richiesta degli Stati membri alla quarta sessione dell’Assemblea dell’Ambiente delle Nazioni Unite nel marzo 2019, il rapporto “Addressing Single-Use Plastic Products Pollution using a Life Cycle Approach” descrive le azioni intraprese dagli Stati membri per affrontare l’inquinamento da prodotti in plastica monouso (SUPP) e
una sintesi delle raccomandazioni di una serie di meta-studi LCA sugli impatti ambientali dell’intero ciclo di vita dei prodotti in plastica monouso rispetto alle loro alternative.
Una scoperta critica di questo lavoro è che il “monouso” è più problematico della “plastica”. Gli Stati membri sono incoraggiati a sostenere, promuovere e incentivare le azioni che portano a mantenere le risorse nell’economia al loro massimo valore il più a lungo possibile, sostituendo i prodotti di plastica monouso con prodotti riutilizzabili come parte di un approccio di economia circolare. Questo richiederà un cambiamento dei sistemi. (SC)