L’esito degli incontri che si stanno tenendo a Osaka per il G20 non ha dato i frutti sperati rispetto alla gravità dell’inquinamento globale da plastica.
Secondo il WWF, che comunque apprezza il fatto che il tema sia tra i primi punti dell’agenda internazionale, il G20 non ha fissato obiettivi concreti né stabilite misure vincolanti che rendano tutti i paesi responsabili. È sempre più chiaro che per risolvere questa crisi crescente è necessario un forte trattato giuridico internazionale simile a quello che ha permesso di combattere la formazione del buco dell’ozono, il Protocollo di Montreal.
Pochi giorni fa il WWF ha lanciato un nuovo studio che denuncia la quantità media di plastica ingerita dagli esseri umani: circa 5 grammi di plastica ogni settimana, l’equivalente di una carta di credito.
Per il WWF siamo nel pieno di una crisi globale e affrontare il problema seguendo l’intero ciclo di vita dell’uso della plastica è l’unico approccio per garantire che non ci siano materie plastiche in natura e che vadano a finire nel nostro organismo.
Ad oggi più di 740.000 persone in tutto il mondo chiedono un nuovo trattato globale ed è fondamentale che i negoziati dei governi inizino il prima possibile e sulla base delle impostazioni date nell’ambito del G20.
“L’inquinamento marino da plastica è un classico esempio di problema di coordinamento su scala mondiale che richiede una risposta globale. Ad oggi non esiste però alcun un trattato internazionale che affronti questa mancanza. Il quadro giuridico esistente che riguarda l’inquinamento marino da plastica è frammentato e inefficace. È necessaria una risposta globale più coerente e mirata – si legge sul sito WWF – Non esiste attualmente una volontà globale o un obiettivo chiaramente articolato per ridurre l’inquinamento marino da plastica; non vi è alcun obbligo per gli Stati di sviluppare piani d’azione nazionali; non esistono standard comuni per la segnalazione e il monitoraggio della dispersione di materie plastiche in natura o la revisione dell’efficacia delle diverse misure di riduzione dell’inquinamento; non c’è una piattaforma comune o un sistema per promuovere la rimozione della plastica dagli oceani; e non esiste un organismo scientifico specializzato in grado di orientare la politica e indirizzare gli sforzi diplomatici”.