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Economia circolare, Costa: nei prossimi 5 anni 1,6 milioni di lavoratori necessari al settore riparazione

Secondo alcune stime “sono oltre 230mila le posizioni di lavoro che ora occorrerebbero per i cosiddetti riparatori”, in un più vasto “cambio di paradigma, dall’economia lineare all’economia circolare, che nel prossimo quinquennio si stima necessiti di oltre 1,6 milioni di nuovi lavoratori green nel settore”, cioè “circa il 60% oltre la richiesta lavoro esistente”. Così il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, intervenuto al webinar organizzato dal Movimento 5 Stelle dal titolo ‘2021 anno del diritto alla riparazione’. Insomma, “non è più banale parlare di economia circolare – dice Costa – va magnificato il tema che è emerso”.

“Sul tema della riparazione, all’esame del Senato c’è una proposta di legge per il contrasto all’obsolescenza programmata dei beni di consumo, mentre alla Camera ce n’è un’altra basata sul concetto di bene nella gestione del rifiuto. Sono proposte di legge che segnano questa sensibilità – aggiunge il ministro – oggi che ci sono le condizioni culturali, politiche e governative, si può fare ed è necessario fare questo salto di qualità”. 

“Il diritto alla riparazione si fonde ad altri diritti nell’ambito dell’economia circolare che cambiano il paradigma produttivo”, spiega Costa, “una visione nella quale nel resto della legislatura vogliamo costruire questo sistema”.

l ministro ha ricordato che nel 2018, poco dopo il suo insediamento al ministero dell’Ambiente, è stata assegnata al suo dicastero la competenza sull’economia circolare, insieme al ministero dello Sviluppo economico. Inoltre, nel 2020 è stata creata la Direzione generale per l’economia circolare. “Questo va di pari passo – ha osservato – con il quadro Ue”, al quale ha fatto riferimento la direttrice generale del ministero Laura D’Aprile. 

Costa ha ricordato che “nell’ambito del regolamento Ue sulla tassonomia, abbiamo costruito gli indici della green finance, tra cui l’indice della circolarità della materia: coloro che vi investono hanno un indice di rischio più basso. Siamo i primi in Europa ad applicare tutto questo in via sperimentale”.

Pacchetto Ecodesign, quegli emendamenti pericolosi per il diritto a riparare

Presentati come correttivi ad aspetti tecnici minori, alcuni emendamenti all’insieme di norme sull’ecoprogettazione e riparabilità di dispositivi elettronici nascondono la possibilità di saldare alcune parti e dunque renderli non riparabili. Vallauri, Repair.eu: “A rischio il Right to repair”. Domani il voto degli Stati membri

Domani 10 novembre gli Stati membri dell’Unione europea sono chiamati a esprimersi sull’approvazione degli emendamenti al Pacchetto sull’ecodesign, quell’insieme di norme – approvato a ottobre del 2019 – che porterà molti prodotti a essere progettati in un’ottica circolare, sostenibile e a impatto zero. Secondo questo regolamento, che entrerà in vigore nella primavera del 2021, le aziende dovranno garantire la riparabilità di molti elettrodomestici e di alcuni dispostivi elettronici, contribuendo in questo modo alla riduzione dei rifiuti, all’efficienza energetica e al contrasto dell’obsolescenza programmata.

Riparabilità a rischio

Per i cittadini europei, un primo e reale riconoscimento del diritto alla riparazione passa anche per l’appuntamento in programma domani, con il voto a maggioranza qualificata degli Stati membri dell’Unione. Si tratta di una votazione a porte chiuse che coinvolge istituzioni di ricerca e tecnici delegati da ogni Paese, una tappa obbligata che ha l’obiettivo di facilitare l’attuazione del pacchetto ecodesign, attraverso una revisione dei testi e una correzione di “aspetti tecnici minori”, come riportato nella nota dell’UE.  Ma alcune proposte di emendamento, lungi dal correggere errori formali e questioni secondarie potrebbero diventare un ostacolo alla riparabilità e allo smontaggio dei prodotti. A segnalare questo rischio è stata Repair.eu, la coalizione che raccoglie più di 30 associazioni europee attive nella campagna Right to repair, una mobilitazione che in questi anni ha contribuito a dare centralità al tema della riparabilità in tanti tavoli istituzionali.

“Alcune modifiche sono il frutto delle pressioni di associazioni di categoria e delle aziende produttrici che puntano a escludere categorie di prodotti dai regolamenti sulla riparabilità”, spiega a EconomiaCircolare.com Ugo Vallauri, uno dei coordinatori di Repair.eu. Più che una correzione, dunque, secondo Repair.eu gli emendamenti proposti contengono un tentativo di riscrittura delle norme approvate a ottobre dell’anno scorso. Di fatto, tenendo in considerazione l’allarme lanciato dalla comunità dei riparatori, con una lettura approfondita di alcuni emendamenti si trovano termini ed elaborazioni che suggeriscono di rivedere alcuni obblighi dei produttori in materia di riparabilità e di smontaggio di alcuni componenti. “Per esempio c’è una revisione delle norme su alcuni pezzi di ricambio dei televisori – precisa Vallauri – che punta a non applicare l’obbligo della riparabilità per le batterie e gli accumulatori”. A livello pratico, se venisse approvato un emendamento del genere, i consumatori avrebbero grandi difficoltà a trovare pezzi di ricambio o a sostituire questi componenti dal proprio televisore, perché verrebbero saldati.

Quelle saldature sospette

Repair.eu, in un comunicato diffuso di recente, ha segnalato un altro emendamento, quello sul concetto di display professionale: in sostanza uno degli emendamenti propone di escludere dai criteri di riparabilità e di smontaggio i monitor “progettati e commercializzati per uso professionale per l’editing di video e immagini grafiche”. Inoltre, l’emendamento in questione propone di includere in questa categoria gli schermi utilizzati in luoghi pubblici e all’aperto.

Come si fa ad aiutare i cittadini con la riparabilità dei prodotti se alcune parti restano saldate? Perché si cerca di inserire questi emendamenti all’interno dei regolamenti che dovrebbero puntare ad allungare la vita dei prodotti? Sono queste le domande che si pongono i riparatori alla vigilia di un voto che potrebbe indebolire il pacchetto ecodesign. “Il testo sull’ecodesign è da migliorare, da rendere più leggibile in modo che possa essere recepito e attuato nei vari Paesi. Dobbiamo invece rifiutare gli emendamenti che riducono la riparabilità dei prodotti perché significa impoverire il testo e giocare al ribasso”, esorta Vallauri.

La rete che ha lottato per il riconoscimento del Right to repair ricorda anche che le norme sull’ecodesign sono il risultato di mediazioni e negoziazioni con rappresentanti della società civile, imprese e istituzioni. “I regolamenti sulla progettazione ecocompatibile del 2019 sono stati discussi e adottati in modo partecipativo e già votati da tutti i paesi membri. La Commissione dovrebbe concentrarsi sulla difesa delle regole che hanno segnato l’inizio della fine della cultura dello scarto e dovrebbe introdurre soltanto i cambiamenti necessari a migliorare le regole concordate in precedenza”, scrive la comunità dei riparatori.

Il pressing di alcune case produttrici

Ma è proprio sul testo definitivo, su questo risultato di mediazioni che alcune case produttrici di elettrodomestici cercano un’ultima possibilità di revisione. La conferma arriva dai commenti presenti sulla nota dell’Unione europea che riporta le proposte da emendare. Società come Dell e LG, realtà leader nella produzione di monitor e server, in vista delle votazioni di domani stanno suggerendo di approvare le modifiche che escludono gli obblighi di riparabilità per alcuni prodotti. L’influenza e il peso delle aziende allontaneranno l’ambizione e il riconoscimento universale del Right to repair? La risposta a questa domanda sta nel risultato delle votazioni di domani, e il monito della rete dei riparatori è rivolto soprattutto a chi è chiamato a rappresentare gli Stati membri: “Ci auguriamo che gli Stati membri considerino queste proposte regressive e deludenti e dirigano il testo finale verso gli obiettivi ambientali e climatici che ci siamo posti a livello europeo”. E per quanto riguarda l’Italia Ugo Vallauri aggiunge che il nostro Paese “ha un ruolo molto importante da giocare nella votazione di martedì. Ci auguriamo che l’Enea, che rappresenta il Ministero per lo Sviluppo Economico in queste votazioni, faccia la sua parte e non sostenga emendamenti che riducano il nostro diritto a riparare”.

Fonte: Economia Circolare

Il Parlamento UE chiede per i consumatori il “diritto alla riparazione”

La Commissione per il mercato interno di Strasburgo ha proposto una serie di misure per rafforzare la protezione dei consumatori e migliorare sicurezza e sostenibilità dei prodotti

Un diritto alla riparazione dei prodotti, ma anche chiare date di scadenza e standard di sicurezza più alti. Queste le nuove richieste provenienti dal Parlamento Europeo e indirizzate a Bruxelles.

L’ultime norme europee sull’ecodesign ha dato una vigorosa smossa alla sostenibilità del mercato, introducendo nuove etichette energetiche e criteri riparabilità. Peccato che i regolamenti in questione riguardassero solo 10 classi dieci di apparecchi elettrici ed elettronici. Per tutti gli altri beni e prodotti, si dovranno attendere i frutti del Piano d’azione per l’economia circolare UE. Parliamo del pacchetto di misure annunciato dalla Commissione Europea lo scorso 11 marzo. Il piano contiene una serie di interventi, anche legislativi, da attuare nei prossimi anni e inerenti l’intero ciclo di vita del prodotto; con l’obiettivo di migliorarne durabilità, riusabilità, riparabilità e sicurezza.

Sul tema sono tornati ieri gli eurodeputati della Commissione per il mercato interno. Il gruppo parlamentare ha votato una nuova risoluzione che chiede all’esecutivo UE precisi elementi da inserire nelle sue future politiche circolari. A cominciare dall’introduzione di un “diritto alla riparazione”: le aziende devono granire ai consumatori l’acquisto di prodotti riparabili. Questo significa accessibili e dotati di pezzi di ricambio facilmente reperibili. “Per contrastare l’obsolescenza pianificata – si legge nella nota stampa del Parlamento UE – è necessario prendere in considerazione la limitazione delle pratiche che intenzionalmente riducono la durata di un prodotto”.

Chiedono inoltre a Bruxelles di considerare l’etichettatura di beni e servizi in base alla loro durata. Ad oggi questo elemento, se si esclude il comparto alimentare, è previsto unicamente per gli apparecchi elettrici ed elettroni e solo a partire dal prossimo anno. Ma per i deputati, estendere l’obbligo di etichettatura permetterebbe di sostenere i mercati di seconda mano, promuovendo pratiche di produzione più sostenibili. E per ridurre i rifiuti elettronici, i deputati insistono ancora su un sistema di ricarica comune per telefoni cellulari, tablet, lettori di e-book e altri dispositivi portatili.

Un occhio finisce anche sul mondo della pubblicità. Gli eurodeputati spingono su pratiche di marketing e pubblicità responsabili. Per ottenere ciò, l’UE dovrebbe adottare chiare linee guida per produttori che dichiarano di essere rispettosi dell’ambiente, assieme all’introduzione di uno specifico marchio certificato di “qualità ecologica” per i beni.

In una seconda risoluzione, gli europarlamentari hanno affrontato la questione dei prodotti non sicuri, in particolare quelli venduti sui mercati online. In questo contesto deputati chiedono le piattaforme e i mercati digitali adottino misure proattive per contrastare le pratiche fuorvianti; e che le norme comunitarie sulla sicurezza siano applicate in modo rigoroso. 

Fonte: Rinnovabili.it