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Rifiuti: 355 milioni di sanzioni per le violazioni delle norme europee

WWF Italia ha presentato il rapporto “Italia chiama Europa – L’ambiente ritrovato”, in cui si ricorda come, sul piano istituzionale, l’80% della legislazione ambientale del nostro Paese sia di derivazione comunitaria, con evidenti benefici per l’ambiente e per il benessere dei cittadini. E come, sul piano economico e sociale, i posti di lavoro verdi abbiano registrato una crescita dal 2000 al 2015  di ben 7 volte superiore a quella del resto dell’economia (nonostante la crisi esplosa nel 2008).

Leggi recepite dall’Europa, ma normative europee ampiamente disattese:  sono ancora aperte ben 17 procedure d’infrazione (che sono il 23% del totale delle procedure a carico dell’Italia)  ed è sotto sorveglianza con 43 istruttorie EU Pilot (al primo posto in Europa) aperte per sospetta violazione delle norme ambientali – dato aggiornato al 2017. Non solo: al 31 dicembre 2018 il nostro Paese ha pagato oltre 548 milioni di euro di multe per il mancato rispetto della normativa comunitaria (dei quali più di 204 mln solo per le discariche abusive, oltre 151 mln per la gestione dei rifiuti in Campania e 25 mln per il mancato trattamento delle acque reflue urbane).

Nel dossier si rileva come i punti di debolezza del nostro Paese continuino ad essere la gestione dei rifiuti (con le procedure d’infrazione aperte sulla gestione dei rifiuti urbani, delle discariche, dei rifiuti pericolosi e dell’emergenza rifiuti in Campania), la gestione delle acque interne e marine (con le procedure  di infrazione aperte sulla mancata depurazione delle acque reflue urbane, per la non corretta applicazione della Direttive Acque e Alluvioni e sull’Ambiente marino), la qualità dell’aria (per mancato rispetto dei limiti per il PM 10 e delle soglie massime per il biossido di azoto) e la migliore tutela degli ecosistemi (come dimostrano le procedure d’infrazione sulla governance e la conservazione della Rete Natura 2000).

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Dall’Europa segnali chiari sulla necessità di minimizzare il ricorso all’incenerimento: la Comunicazione della CE sul ‘Waste to Energy’

La Commissione Europea ha invitato gli Stati membri a considerare più attentamente la gerarchia di gestione dei rifiuti, suggerendo di rivedere il ruolo e le potenzialità dell’incenerimento e soprattutto i fondi che lo sostengono. Le indicazioni sono raccolte nella Comunicazione sul Waste to Energy pubblicata giovedì 26 gennaio, in cui è contenuta una guida per gli Stati dell’Unione su come assicurare un’equilibrata capacità di energia da rifiuti (EFW) che eviti di danneggiare lo sviluppo di un’economia circolare. “Il documento non include prese di posizione nette contro l’incenerimento – ci spiega Enzo Favoino, coordinatore scientifico di Zero Waste Europe – né d’altronde questo poteva essere tra le finalità della Comunicazione; ma è chiaro che il ruolo futuro dell’incenerimento viene fortemente ridimensionato rispetto alla situazione attuale, con un invito a considerare con attenzione i piani futuri di nuovi inceneritori e le relative politiche di finanziamento”.

I punti fondamentali del documento della Commissione sono:
la necessità di reindirizzare gli investimenti,a partire da quelli della Banca Europea degli Investimenti – BEI, verso i più alti livelli della gerarchia di gestione dei rifiuti quali la riduzione, il riutilizzo e il riciclaggio. “Questo è un punto importantissimo” sottolinea Favoino “Sinora i programmi di finanziamento ed i fondi strutturali e di coesione sono andati soprattutto ad inceneritori e discariche, e questo distorce le economie della gestione dei rifiuti a favore dei sistemi peggiori e più in basso nella gerarchia delle opzioni. È un problema che abbiamo a più riprese sollevato insieme ai colleghi di Bankwatch” (il network ambientalista che monitora le attività di banche e fondazioni per evitare investimenti dannosi per il pianeta, ndr).

La CE sottolinea inoltre la presenza di un eccesso di capacità di incenerimento che già oggi riguarda molti Paesi e zone d’Europa. Per queste situazioni la Comunicazione suggerisce l’adozione di una serie di strumenti quali la tassazione dell’incenerimento, la terminazione dei sussidi, la moratoria sulla costruzione di nuovi inceneritori e lo spegnimento progressivo di quelli esistenti.
Incidentalmente, l’Italia è elencata (con Svezia, Olanda, Germania, Francia ed altri) tra i Paesi che hanno molti inceneritori, non tra quelli in cui mancano e questo oggettivamente porta a riconsiderare le affermazioni secondo le quali “dobbiamo portarci al passo di altri Paesi”. Per le aree sprovviste di capacità di incenerimento, la Comunicazione raccomanda di esplorare prima tutte le opzioni prioritarie, inclusive della realizzazione di capacità di riciclo e compostaggio come strumento prioritario di riduzione dello smaltimento a discarica, e della valutazione degli effetti a 20-30 anni della crescita della raccolta differenziata, onde evitare realizzazione di capacità di incenerimento in eccesso. Allo scopo di evitare tali sovracapacità, preoccupazione che ricorre in tutto il documento, la Comunicazione fa addirittura un accenno all’utilizzo eventuale delle capacità in eccesso dei Paesi contermini, anziché la realizzazione di nuovi inceneritori in aree sprovviste.
Ulteriore punto del documento: si ribadisce la necessità che gli Stati Membri e le Autorità che si occupano di pianificazione prendano in considerazione, quando programmano la costruzione di nuovi inceneritori, l’evoluzione a lungo termine di raccolta differenziata e riciclaggio. Dunque si dovrebbe prendere in considerazione, come obiettivo minimo, il 65 o più probabilmente il 70% (secondo la proposta recentemente approvata in Commissione ENVI dell’Europarlamento) al 2030, come previsto dalla discussione in corso sul Pacchetto Economia Circolare, e non la situazione attuale. Senza dimenticare che tali obiettivi sono quelli minimi ed è nello spirito stesso della Economia Circolare puntare progressivamente a massimizzare il recupero di materia, ben al di là di questi. “Si tratta di un punto fondamentale – dice Favoino – che riprende gli argomenti che da tempo mettiamo in evidenza, ossia la necessità di prevedere le potenzialità a medio e lungo termine del sistema delle raccolte differenziate; e come sappiamo l’Italia ospita tantissimi esempi, anche a livello di area vasta, che mostrano che si può puntare a scenari decisamente più ambiziosi, rispetto agli obiettivi minimi di raccolta differenziata”.

Infine, vi è un forte mandato alla BEI ed ai Paesi Membri per rivedere le proprie politiche di finanziamento per la realizzazione delle infrastrutture di settore, comprimendone fortemente la quota destinata all’incenerimento ed allineandoli invece con l’evoluzione prevista della politica di rifiuti ispirata all’economia circolare.

“La Comunicazione con ogni probabilità determinerà effetti immediati in quelle situazioni dove gli attuali piani per l’incenerimento eccedono la crescita prevista della raccolta differenziata nel medio termine – segnala Favoino – Ad esempio in Polonia, ove da tempo abbiamo segnalato le distorsioni di una programmazione massicciamente impostata sull’incenerimento. Ma non sfuggirà che la Comunicazione fornisce molti elementi che mettono ancora una volta in discussione l’impianto complessivo dello Sblocca-Italia, fornendo argomenti sia alle Regioni che intendono opporsi alle previsioni di nuovi inceneritori in esso contenute, che a quelle , come la Lombardia, che avevano già tabellato il decommissioning, ossia lo spegnimento progressivo di quelli in eccesso; il che è in linea con quanto la Comunicazione stessa esplicita per le aree con sovracapacità”.

 

Fonte: Eco dalle Città

RAEE: siglato accordo di programma su trattamento

È stato sottoscritto oggi a Milano, presso Palazzo Marino, il nuovo Accordo di programma per la definizione delle condizioni generali di raccolta e gestione dei Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) tra l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), il Centro di coordinamento RAEE (CdC RAEE), i Produttori di Aee e le Associazioni delle Aziende di raccolta dei rifiuti.
Il nuovo Accordo, previsto dall’articolo 15 del Decreto Legislativo 14 Marzo 2014 n. 49, in attuazione della Direttiva 2012/19/CE, ha una validità triennale con decorrenza dal 1 gennaio 2015 e prevede importanti conferme e novità rilevanti per la gestione dei Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) nel nostro Paese.
Il documento sottoscritto sostituisce quello in vigore dal 2011 e declina le fondamentali caratteristiche di istituzionalità, gratuità e universalità del servizio di ritiro offrendo certezze e garanzie sotto il profilo ambientale della fase di trattamento, mediante regole operative certe e semplici.
La principale conferma presente nell’Accordo è rappresentata dai cosiddetti “Premi di efficienza”, cioè i corrispettivi messi a disposizione dai Sistemi collettivi per favorire scelte organizzative e operative dei Centri di raccolta, volti ad assicurare una elevata efficienza complessiva del sistema di gestione dei Raee, che risultano maggiorati rispetto ai precedenti.
A ciò si aggiunge poi un premio incrementale che sarà erogato ai Centri di raccolta per le tonnellate raccolte in più rispetto alla media degli anni 2013 e 2014, e un ulteriore importo (13 euro per ogni tonnellata premiata) che sarà inserito in un fondo finalizzato alla infrastrutturazione, allo sviluppo e all’adeguamento dei Centri di raccolta finanziato dai Sistemi collettivi con un contributo, notevolmente superiore a quanto finora dedicato. Tale Fondo è costituito per il triennio 2015-2017 con un contributo annuo minimo garantito di 1,3 milioni euro fino a un tetto massimo di 2,5 milioni di euro annui. La novità importante è rappresentata dal fatto che il 50% del fondo sarà destinato alla realizzazione di nuovi Centri di raccolta. Verranno quindi attivati dei bandi annuali per selezionare i progetti meritevoli di finanziamento.
Completano il quadro delle risorse che prevedono strumenti per sostenere l’implementazione del sistema RAEE il “Fondo monitoraggio di sistema”, il “Fondo comunicazione sui RAEE e servizi ai Comuni” e il “Fondo avviamento di sistema”, questi ultimi destinati ad interventi di informazione, formazione e comunicazione per i Comuni.

“Esprimo soddisfazione per l’intesa raggiunta  – afferma Filippo Bernocchi, Delegato ANCI Energia e Rifiuti – perché ai Comuni saranno destinate di fatto maggiori risorse e lo sforzo congiunto dei Comuni-aziende, dei Sistemi collettivi e dei Produttori sarà dedicato a promuovere la realizzazione di nuovi centri di raccolta per i Raee, nonché per l’adeguamento – in linea di continuità con il precedente accordo – dei centri oggi presenti sul territorio. A conferma dello sforzo congiunto fra produttori, CdC RAEE ed aziende di raccolta – conclude il rappresentante dell’ANCI – ci attiveremo affinchè siano realizzate le opportune attività di comunicazione ed informazione per Comuni e cittadini”.
“Il Centro di Coordinamento RAEE – afferma Fabrizio D’Amico, Presidente del CdC RAEE – esprime soddisfazione per la sottoscrizione dell’Accordo di Programma previsto dall’articolo 15 del Decreto Legislativo 49 del 2014. Il lavoro delle parti ha condotto ad un accordo i cui contenuti, auspichiamo, serviranno all’Italia per percorrere la strada che ci dovrà condurre al raggiungimento degli obiettivi di raccolta e riciclo che la Comunità Europea richiede a tutti gli stati membri. L’obiettivo di raccogliere e trattare adeguatamente almeno 600.000 tonnellate di RAEE è estremamente sfidante, soprattutto dovendo incrementare l’attuale raccolta di due volte e mezzo. Il Centro di Coordinamento RAEE metterà a disposizione di tutti i Comuni italiani la propria esperienza, che è stata maturata in 7 anni di attività, e che, unitamente alle attività svolte dai Sistemi Collettivi istituiti dai produttori, ha permesso di raggiungere traguardi all’altezza delle migliori aspettative”.
“Siamo sempre stati fiduciosi di poter raggiungere un buon accordo in tempi ragionevoli – afferma Gian Luca Littarru, rappresentante dei Produttori di AEE designato da Confindustria e delegato per l’ambiente di ANIE Federazione –. L’accordo di programma firmato oggi trova il suo fondamento nel decreto di recepimento n. 49 del marzo 2014 che, oltre a confermare l’efficacia del sistema RAEE nazionale, consolidatosi negli ultimi anni, ha il merito di aver ben chiarito ruoli e responsabilità di tutte le parti coinvolte e di aver introdotto molti elementi migliorativi. In particolare attraverso l’Accordo di Programma i produttori mettono a disposizione significative risorse volte a migliorare l’efficienza del sistema, a potenziare le  infrastrutture, a garantire la qualità’ del trattamento e a favorire la comunicazione e sensibilizzazione degli operatori e dei consumatori sul tema dei RAEE. Tutti elementi fondamentali  per il raggiungimento degli obiettivi ambientali alla base della nuova direttiva e in particolare per il raggiungimento degli obiettivi di raccolta, la vera sfida nei prossimi anni per l’intera filiera”.
“Riteniamo importante e positivo il fatto che per la prima volta siamo firmatari a pieno titolo dell’Accordo – afferma Giuseppe Abbenante, rappresentante delle associazioni nazionali delle imprese che effettuano la raccolta dei rifiuti (Federambiente e FISE Assoambiente) –. Dal punto di vista dell’ambiente ciò costituisce una garanzia per l’intera filiera in ogni suo passaggio, dalla prevenzione alla raccolta fino a un corretto trattamento dei RAEE”.

Sacchetti, on line la proposta di legge della Commissione Europea per ridurne il consumo

La Commissione europea ha adottato oggi una proposta di legge che obbliga gli Stati membri a ridurre l’uso delle borse di plastica in materiale leggero. Saranno gli Stati a decidere come farlo: facendole pagare, stabilendo obiettivi nazionali di riduzione, vietandole a determinate condizioni – il comunicato stampa della Commissione europea

Sacchetti, on line la proposta di legge della Commissione Europea per ridurne il consumo
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La Commissione europea ha adottato oggi una proposta di legge che obbliga gli Stati membri a ridurre l’uso delle borse di plastica in materiale leggero. Saranno gli Stati a decidere come farlo: facendole pagare, stabilendo obiettivi nazionali di riduzione, vietandole a determinate condizioni oppure in altri modi che riterranno più adatti. Per lo più utilizzate una volta sola, le borse di plastica leggere possono però resistere nell’ambiente centinaia di anni, spesso sotto forma di microparticelle i cui effetti dannosi sono noti, soprattutto per l’ambiente marino.

Janez Potocnik, Commissario per l’Ambiente, ha dichiarato in proposito: “Ci siamo mossi per risolvere un gravissimo problema ambientale che è sotto gli occhi di tutti. Ogni anno in Europa sono più di 8 miliardi le borse di plastica che si trasformano in immondizia, con pesanti danni per l’ambiente. Alcuni Stati membri sono già riusciti a limitare di molto il loro uso e se altri facessero altrettanto il consumo in tutta l’Unione europea potrebbe addirittura ridursi dell’80%.”

Tecnicamente la proposta modifica la direttiva sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, introducendo due elementi: da un lato, obbligando gli Stati membri ad adottare misure che riducano il consumo di borse di plastica di spessore inferiore a 50 micron, meno riutilizzate rispetto a quelle di spessore superiore e quindi più a rischio “usa e getta”; dall’altro, lasciando agli Stati la scelta del tipo di misure, che possono consistere in strumenti economici, come imposte e prelievi, obiettivi nazionali di riduzione e restrizioni alla commercializzazione (nel rispetto però delle norme in materia di mercato interno contenute nel trattato sul funzionamento dell’UE). Gli ottimi risultati ottenuti da alcuni Stati dell’UE che hanno drasticamente ridotto l’uso di questo tipo di sacchetti optando per la tassazione e altre misure, dimostrano che questa è di fatto una via percorribile.

La proposta è stata modulata sull’esempio di vari Stati membri e scaturisce dall’invito dei ministri per l’Ambiente dell’UE alla Commissione di valutare il margine d’intervento dell’Unione su questo fronte, intervento peraltro ampiamente caldeggiato dai cittadini, come si è potuto ricavare dalla vasta consultazione pubblica che ha preceduto l’elaborazione del testo.

Contesto

Le caratteristiche che hanno decretato il successo commerciale delle borse di plastica —ovvero il peso contenuto e la resistenza al degrado— hanno anche contribuito alla loro ampia diffusione nell’ambiente. Questi prodotti sfuggono ai flussi di gestione dei rifiuti e si accumulano nell’ambiente, dove possono resistere per centinaia di anni, soprattutto sotto forma di rifiuti marini. I rifiuti marini sono considerati sempre più un grave problema di portata mondiale, una minaccia per gli ecosistemi marini, i pesci e gli uccelli. È comprovato che i mari europei sono il ricettacolo di grandi quantità di rifiuti.

Si stima che nel 2010 siano stati immessi nel mercato dell’UE 98,6 miliardi di sacchetti di plastica, il che significa che ogni cittadino europeo ne ha usati 198 e presumibilmente ne ha riutilizzati ben pochi, poiché la maggior parte di questi sacchetti sono di materiale leggero e di fatto vengono riutilizzate meno rispetto alle borse più robuste. Le cifre sul consumo di sacchetti di plastica in materiale leggero indicano grandi differenze tra gli Stati membri: si va dai 4 sacchetti annui pro capite di Danimarca e Finlandia, ai 466 di Polonia, Portogallo e Slovacchia. L’Italia è in una posizione intermedia, con 181 sacchetti annui pro capite.

Vai al progetto di proposta e allo studio (con le cifre sugli Stati membri di cui sopra)

Rifiuti, revisione direttiva europea. Terminata consultazione pubblica a metà settembre

di Giuseppe Miccoli

Nell’ambito dell’economia europea esiste “un potenziale non sfruttato”: sono i rifiuti che finiscono in discarica o che vengono inceneriti. Perciò la Commissione Europea ha deciso di introdurre nuovi e stringenti obiettivi in tema di prevenzione, riciclaggio e incenerimento. Per il Comitato delle regioni dell’UE (CdR) “entro il 2025, riciclaggio al 70%”. Per l’ACRplus l’Associazione delle Città e Regioni: “Favorevole alla messa al bando dell’incenerimento”

Nell’ambito dell’economia europea esiste “un potenziale non sfruttato”: sono i rifiuti che finiscono in discarica o che vengono inceneriti. Da qui l’esigenza da parte della Commissione Europea di introdurre nuovi e stringenti obiettivi europei in tema di prevenzione, riciclaggio e incenerimento. E’ per questo motivo che durante il periodo 2013-2014, si procederà a una revisione legislativa della attuale politica dei rifiuti. Si effettuerà anche una valutazione ex-post delle direttive tuttora vigenti comprese le modalità per migliorarne la coerenza. L’iter ha avuto inizio a giugno quando la Commissione europea ha disposto (per un periodo di quindici settimane) una consultazione pubblica sulla revisione degli obiettivi di gestione dei rifiuti. I risultati, che saranno pubblicati prossimamente sul sitohttp://ec.europa.eu/environment/, contribuiranno all’elaborazione di una nuova proposta legislativa. Erano attesi suggerimenti da parte di cittadini, imprese, Ong ed enti pubblici al fine di porre obiettivi sempre più ambiziosi alle amministrazioni pubbliche.

Ma qual è la situazione legislativa? Le normative europee attualmente in vigore sui rifiuti urbani, sulle discariche e sugli imballaggi, (rispettivamente Dir. 2008/98/CE, Dir. 1999/31/CE e la Dir. 94/62/CE) avevano posto una serie di obiettivi importanti sul riutilizzo e di riciclaggio dei rifiuti e di riduzione dello smaltimento nelle discariche, stabilendo ad esempio, che entro il 2020 dovessero essere riciclati o riutilizzati almeno il 50% dei rifiuti urbani e domestici e almeno il 70% dei rifiuti da costruzioni e demolizioni. Molti di questi obiettivi in particolare nel sud Italia, non sono ancora stati raggiunti. Un ritardo in parte dovuto ai bassi costi di smaltimento delle discariche. Ma la situazione è a macchia di leopardo. Nelle zone in cui è in funzione un impianto di selezione e trattamento dei rifiuti indifferenziati, il costo della filiera dell’indifferenziato è allineato alla media italiana e determina la convenienza a introdurre sistemi di raccolta differenziata porta a porta.

Eppure, come la Commissione ha indicato nella “Road map per l’efficienza delle risorse” del novembre 2011 [COM(2011) 571 final, ndr], esiste tuttora “nell’ambito dell’economia europea un potenziale non sfruttato”. Sono i rifiuti che finiscono in discarica o inceneriti. Secondo Eurostat, infatti, ogni anno in Europa si buttano 3 miliardi di tonnellate di rifiuti (di cui 90 milioni di tonnellate sono rifiuti pericolosi). Ogni cittadino europeo produce annualmente circa 6 tonnellate di rifiuti (in Italia la media 2013 per i soli rifiuti urbani è pari a circa 504 chili per abitante). Sebbene ad aumentare la media siano i rifiuti dei paesi dell’Est Europa, grandi produttori di rifiuti inerti che poi finiscono nelle discariche e nelle statistiche cittadine, è pur vero che è nelle città d’Europa occidentale che si gioca la partita più difficile, in cui si concentrano le materie “pregiate” che in genere finiscono negli inceneritori (plastica, carta e cartone, legno e rifiuti organici) e che possono essere interamente recuperate e riciclate. Ne è convinto ad esempio l’Istituto per la Promozione delle Plastiche da Riciclo.

“Brutta” aria per gli inceneritori. Durante la sessione plenaria del 3 e 4 luglio 2013, alla presenza del commissario europeo per l’Agricoltura Dacian Ciolo il Presidente del Comitato delle regioni dell’UE (CdR), Ramon Luis Valcárcel Siso e il membro del parlamento della comunità francese Michel Lebrun (BE/PPE), hanno presentato il parere sul tema “Il riesame degli obiettivi chiave dell’unione europea in materia di rifiuti” che invoca l’introduzione di un unico metodo per la contabilità dei rifiuti e propone di stabilire obiettivi più rigorosi in materia di gestione e di riciclaggio. Il comitato è favorevole a portare al 70% entro il 2025, l’obiettivo obbligatorio attuale in materia di riciclaggio dei rifiuti solidi urbani. In tema di incenerimento si propone “vietare l’incenerimento dei rifiuti riciclabili e organici entro il 2020, escludendo gli impianti che raggiungono alti livelli di efficienza attraverso la produzione di calore o la produzione combinata di calore ed elettricità, tenuto conto delle caratteristiche fisico-chimiche dei rifiuti”.

Posizioni ancora più restrittive, sullo stesso tema, le esprime l’ACRplus, l’Associazione delle Città e Regioni per il riciclaggio e la gestione sostenibile delle Risorse (ACR +) che non solo supporta “il parere adottato dal Comitato delle regioni dell’UE (CdR)”, ma “sottolinea il fatto che gli obiettivi sono essenziali nelle politiche dei rifiuti”. Per Acr+ l’Unione europea deve introdurre entro il 2020, l’obiettivo del 100% di raccolta differenziata porta a porta, obiettivi per il riciclaggio di materie plastiche del 70 % e per il vetro, metallo, carta , cartone e legno all’80 %. Ancora bisogna introdurre il divieto di discarica per tutti i rifiuti biodegradabili (umido e verde) e infine, “banning the incineration of recyclable waste (including biowaste) by 2020”: il divieto di incenerimento per tutti i rifiuti urbani.

tratto da Eco dalle Città