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Studio inglese solleva dubbi sulla plastica biodegradabile

L’University College di Londra ha recentemente pubblicato uno studio nel quale i cittadini britannici hanno avuto un ruolo chiave. Da questa ricerca sarebbero emerse una serie di falle nel sistema che dovrebbe permettere alle persone di poter fare il compost in casa utilizzando anche la plastica certificata come compostabile. Secondo lo studio il 60% di questi materiali finirebbe per non decomporsi e inquinerebbe persin di più la terra nella quale viene utilizzato. Si deve però specificare che lo studio è stato fatto solo sul compost domestico e non su quello industriale ed inoltre, sono stati inclusi anche materiali non conformi alla certificazione EN13432 ma generalmente “biodegradabili”.

Lo studio evidenzia inoltre che molte delle etichette che vengono usate su queste plastiche biodegradabili e compostabili potrebbero confondere gli acquirenti di questi prodotti, inducendoli all’errore nel conferimento di questi rifiuti e creando una sorta di greenwashing, con finalità di ottenere maggiori acquisti da parte delle persone più sensibili ai temi ambientali.

Negli ultimi anni è cresciuto moltissimo l’impiego di prodotti in plastiche compostabili, quali sacchetti, imballaggi e stoviglie monouso. L’incompatibilità, con alcuni processi di riciclo, di alcune tipologie di plastiche biodegradabili rimane però un problema enorme che spesso lo porta a finire il proprio ciclo di vita nel rifiuto indifferenziato e a interrompere il riciclo che con altri tipi di plastiche invece avverrebbe.

Con l’ultima affermazione non vogliamo sostenere l’uso della plastica ma invitare al pensiero critico sugli oggetti monouso che, a fronte di un singolo utilizzo, finiscono per essere subito gettati.

L’uso del deposito cauzionale potrebbe essere un’ottima alternativa per alcune destinazioni d’uso ma ne parleremo prossimamente.

Apre a Bari il primo impianto pubblico della Regione per i rifiuti organici

È stato inaugurato nella sede di Amiu Puglia, in viale Fuzio nella zona industriale. Il sindaco Decaro: “Aiuta l’ambiente e incide positivamente sulla Tari”

È il primo impianto totalmente pubblico della Regione Puglia per il trattamento di rifiuti organici. Produce energia attraverso il biogas e anche compost. È stato inaugurato nella sede di Amiu Puglia, in viale Fuzio nella zona industriale di Bari, “un tassello fondamentale della strategia di gestione dei rifiuti regionale”, spiegano dal Comune. L’impianto di Ager (agenzia regionale per la gestione dei rifiuti) – finanziato per 11 milioni di euro dalla Regione e da Amiu per quasi cinque milioni – è autosufficiente sotto il profilo energetico e utilizza una tecnologia innovativa per la produzione di biogas dagli scarti alimentari.

In totale, all’anno potrà trattare 40mila tonnellate di Forsu (i rifiuti organici) e 8.200 tonnellate di sfalci di potatura, al servizio non solo della città ma anche di diversi Comuni della provincia. Al sopralluogo hanno partecipato il sindaco Antonio Decaro, l’assessore comunale all’Ambiente Pietro Petruzzelli, il presidente di Ager Fiorenza Pascazio con il dg Gianfranco Grandaliano e il dg di Amiu Puglia Antonello Antonicelli. “La riduzione dello smaltimento in discarica consentirà di evitare significativi impatti ambientali sul sottosuolo, acque sotterranee e emissioni climalteranti responsabili dei cambiamenti climatici”, continuano dal Comune.

In particolare la sezione di compostaggio consentirà il recupero di materia dai rifiuti e si otterranno 10mila tonnellate di compost. Ma non solo: nell’impianto viene prodotta anche energia elettrica attraverso generatori alimentati con il biogas (pari al fabbisogno annuo di 2.500 famiglie) derivato dalla digestione anaerobica dei rifiuti organici. Ci sarà più energia di quanta se ne consumerà. E a questo si aggiunge un impianto fotovoltaico sui tetti dei capannoni.

“L’impianto coprirà interamente il fabbisogno della città di Bari e inizialmente di alcuni comuni limitrofi – ha spiegato il sindaco Decaro – In questo modo ci rendiamo autonomi nella gestione della frazione organica producendo una serie di vantaggi per la cittadinanza: grazie al drastico contenimento dei trasporti e all’abbattimento dei costi di conferimento, contiamo presto di ridurre la tariffa su cui calcoliamo annualmente la Tari. Inoltre con questo impianto avviamo un importante processo di trasformazione del rifiuto in energia coprendo l’intero fabbisogno dell’impianto stesso e cedendo alla rete il surplus prodotto”.

Titolo originale: Bari, ecco il primo impianto pubblico della Regione per i rifiuti organici: produce biogas e compost

Fonte: la Repubblica

Dal 1 gennaio, diventa obbligatoria la raccolta dell’umido in tutti i Comuni italiani

partire dal 1° gennaio 2022 in tutti i Comuni italiani diventa obbligatoria la raccolta differenziata dell’umido: gli scarti organici dovranno essere separati dagli altri rifiuti. Lo prevede l’articolo 182 ter del decreto legislativo 152/2006 che recepisce in Italia la direttiva europea 2018/851 in materia di rifiuti. L’entrata in vigore di questo obbligo anticipa di due anni un analogo impegno che sarà introdotto nel resto della Ue solo a inizio 2024.

L’entrata in vigore del provvedimento anticipa di due anni l’impegno degli altri Paesi europei

Ma non si parla solo degli scarti di cibo: nell’umido andranno conferiti anche gli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile certificati EN 13432. In questo modo, i sacchetti in bioplastica e gli imballaggi di frutta e verdura, le stoviglie , le posate e i bicchieri monouso compostabili potranno essere trasformati in compost. La disposizione impone ai Comuni italiani di attivare un servizio di raccolta differenziata dell’umido attraverso cestini riutilizzabili o sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002.

Perchè la raccolta dell’organico è così importante?

Da un lato, aiuta la raccolta differenziata separando più rifiuti, dall’altro permette di buttare con meno frequenza l’indifferenziato, dal momento che la componente umida è quella che fa fermentare più velocemente i rifiuti nel cestino di casa. «La raccolta dell’organico è fondamentale perché offre un contributo essenziale alla massimizzazione dei tassi di raccolta differenziata. Senza l’organico non saremmo potuti arrivare al 65 per cento circa di raccolta differenziata raggiunto dall’Italia – spiega Enzo Favoino, ricercatore presso la Scuola Agraria del Parco di Monza e Coordinatore del Comitato Scientifico di Zero Waste Europe – Inoltre, separando bene l’organico, riduciamo la fermentescibilità dei rifiuti residui indifferenziati non riciclabili. Ciò permette ai Comuni di ridurne la frequenza di raccolta il che, oltre a ridurre i costi complessivi di raccolta, spinge i cittadini a separare meglio anche le altre frazioni riciclabili»

La classifica dei compost

Attualmente l’Italia è in cima alla classifica europea per la produzione di compost: la capacità del nostro sistema di compostaggio supera i 7 milioni di tonnellate, seconda solo alla Germania. Ad oggi, l’80% della popolazione è collegato con la raccolta dello scarto organico. Il nuovo obbligo renderà possibile estenderlo al 100%. «Dal punto di vista agronomico – prosegue Favoino – separare l’organico dal resto dei rifiuti è importante per restituire al terreno materia viva e fertile. La fertilità dei suoli dipende essenzialmente dalla presenza di sostanza organica. Non a caso, gli scienziati del suolo parlano di ‘stato di pre-desertificazione’ quando i terreni si impoveriscono eccessivamente di sostanza organica. Restituendo quest’ultima ai suoli, ne esaltiamo la fertilità sotto tutti i punti di vista: dalla capacità di ritenzione idrica, alle attività dei microorganismi del suolo, alla disponibilità degli elementi nutritivi».PUBBLICITÀ

Il compost fa bene all’ambiente

Ma a beneficiarne non è solo la produttività agricola: il compost gioca un ruolo anche nella lotta al cambiamento climatico. La sostanza organica, infatti, è fatta essenzialmente di carbonio, che se rilasciato nel suolo porta fertilità,quando viene rilasciato in atmosfera assume la forma di CO2, uno dei principali fattori che determinano l’effetto serra. «Maggiore sarà la quantità di compost prodotto e distribuito nei terreni, più efficace sarà la nostra lotta ai cambiamenti climatici», aggiunge Favoino.

Non dimentichiamo i sacchetti in bioplastica compostabile

Ma è importante ricordarsi di raccogliere l’umido sempre all’interno di sacchetti in bioplastica compostabile, o gli sforzi saranno inutili. Per supportare la raccolta differenziata e raggiungere gli obiettivi di riciclo organico, nel 2020 è stato costituito Biorepack, il consorzio di filiera del sistema Conai dedicato agli imballaggi in bioplastica compostabile, primo nel panorama europeo. «Biorepack deve fare in modo che gli imballaggi compostabili vengano raccolti assieme alla frazione umida e questo contribuisca al miglioramento qualitativo della raccolta – spiega Marco Versari, presidente di Biorepack – Biorepck ha recentemente firmato un accordo con ANCI che riconosce ai Comuni italiani, a fronte dell’organizzazione della raccolta differenziata, del trasporto e del trattamento dei rifiuti di imballaggi in bioplastica compostabile, determinati corrispettivi economici. Così facendo, garantiamo non solo vantaggi ai nostri concittadini ma garantiamo lo sviluppo di un’industria sostenibile, che realizza i prodotti in bioplastica compostabile e che rappresenta un’eccellenza riconosciuta a livello internazionale».

Una scelta da leggere in ottica di bioeconomia

«La scelta compiuta dal Parlamento prima e dal Governo poi nel recepimento del pacchetto sull’economia circolare non è stata di certo casuale nè avventata – spiega Ilaria Fontana, sottosegretario al Ministero della Transizione Ecologica – Si tratta di una assunzione di responsabilità maturata dopo anni di virtuosa gestione della frazione organica nel nostro Paese che è in grado, già da anni, di trasformare residui (i cui impatti ambientali, odorigeni e climalteranti possono essere significativi), in una importante occasione di tutela delle nostre matrici ambientali e di transizione ecologica. Dobbiamo considerare tale passaggio legato alla raccolta obbligatoria dell’umido in tutto il Paese non solo in un’ottica di riciclo ma di bioeconomia»

Fonte: Corriere.it

Raccolta differenziata dell’organico corretta anche in vacanza

In vacanza, ma senza dimenticare il rispetto per l’ambiente: soprattutto in agosto e con questo gran caldo, nei luoghi di villeggiatura occorre prestare ancora più attenzione alla separazione dei rifiuti, perché possono provocare diverse criticità, anche igieniche.

Il Consorzio Italiano Compostatori (Cic) ha stilato alcuni consigli per la corretta raccolta dei rifiuti organici per tutti coloro che sono in partenza, così da arrivare preparati sulle modalità e i giorni di raccolta dei rifiuti.

Differenziare l’organico correttamente – ricorda il Cic – è importante perché, una volta avviati negli impianti di compostaggio, i rifiuti si trasformano in compost, un fertilizzante naturale che può essere utilizzato per restituire sostanza organica alla terra. Un vero e proprio circolo virtuoso, esempio di economia circolare: ciò che era rifiuto diventa una risorsa importante per nutrire la terra.

– Informarsi sulle modalità di raccolta della località di villeggiatura: potrebbe essere attiva la raccolta con il porta a porta, oppure con il cassonetto stradale, così come potrebbero essere differenti i colori utilizzati per diversificare i bidoni dell’immondizia. Bisogna chiedere al locatore, nel caso di una casa vacanze in affitto, oppure contattare il comune o l’azienda di igiene urbana locale per essere informati anche sugli eventuali giorni di passaggio dei mezzi. Alcuni comuni si sono dotati di applicazioni per smartphone dedicate proprio alla raccolta differenziata, per segnalare dove buttare le varie tipologie di rifiuto e dare tutte le informazioni necessarie.

– Il sacchetto giusto. I rifiuti organici vanno smaltiti utilizzando i sacchetti in materiale biodegradabile e compostabile certificati (a NORMA UNI EN 13432) in carta o in bioplastica. Per riconoscere un sacchetto conforme alla legge bisogna controllare se riporta la scritta “biodegradabile e compostabile” la dicitura dello standard europeo “UNI EN 13432:2002” e il logo rilasciato dall’ente di certificazione, come ad esempio il marchio “Compostabile Cic”. Da evitare assolutamente le buste di plastica tradizionale, che per legge non possono essere utilizzate per la raccolta del rifiuto organico. Al sacchetto compostabile va associato preferibilmente un contenitore aerato per gli scarti umidi, evitando cattivi odori, che fermentino e si formino liquidi.

– Cosa buttare nell’umido. Tutti gli scarti di preparazione dei cibi, sia di tipo vegetale che animale, i resti di cibo secco degli animali domestici, fiori appassiti che possono rientrare nel processo di compostaggio, tornare alla terra e contribuire a nuove fioriture. Anche il sughero è un materiale naturale e biodegradabile, quindi i tappi in sughero possono essere avviati al compostaggio. Non vanno invece raccolti con l’umido oggetti in vetro, metallo, plastica, lattine. Scarti di legname trattato o verniciato non sono idonei al compostaggio.

– Attenzione agli sprechi in cucina. Il caldo può accelerare il deterioramento del cibo, aumentando non soltanto gli sprechi, ma anche i cattivi odori in cucina. Per questo, il consiglio del Cic è di non esagerare negli acquisti, per non ritrovarsi ad avere frutta e verdura in eccesso, e allo stesso tempo di mettere gli alimenti in luoghi freschi e al riparo dal sole.

Infine, prima di gettare gli avanzi nell’umido, si può pensare a come riutilizzarli: la frutta avanzata o troppo matura può essere l’ingrediente perfetto per una macedonia, mentre piccole quantità avanzate di verdura possono essere mischiate in un’insalata.

Raccolta, impianti e riciclo, tutti i numeri dell’organico

Cresce la raccolta dei rifiuti organici. In particolare, nel 2017 sono 6,6 milioni le tonnellate di rifiuti organici (umido, verde e altre matrici organiche) provenienti dalla raccolta differenziata, con un aumento dell’1,6%. E’ quanto emerge dall’annuale analisi sulla raccolta differenziata del rifiuto organico e degli impianti italiani, realizzata dal Cic, Consorzio Italiano Compostatori, a partire dai dati del Rapporto Rifiuti Ispra 2018.

La raccolta dell’organico registra un minore incremento rispetto all’anno precedente anche se si segnala che il trend della raccolta della frazione umido mantiene gli stessi andamenti mentre è la frazione verde che rimane costante nei due anni a confronto. In ogni caso quella dell’organico (umido e verde) si conferma la frazione più importante per la Raccolta Differenziata nel Paese rappresentando il 40,3% di tutte le raccolte.

“In generale, si è riscontrato un calo nella produzione dei rifiuti in Italia, scesi a 29,6 milioni di tonnellate (-1,7% rispetto all’anno precedente) e la raccolta differenziata ha raggiunto una percentuale del 55,5%”, spiega Massimo Centemero, direttore del Cic.

A livello nazionale il dato procapite di rifiuto organico intercettato si man-tiene sopra i 100 kg, passando da 107 a 108: i quantitativi maggiori sono quelli delle regioni settentrionali (127 kg/abitante per anno), seguite dal Centro (114 kg/abitante per anno) e dal Sud (83 kg/abitante per anno).

“Bisogna continuare a lavorare soprattutto nelle regioni del Centro e del Sud per raggiungere l’obiettivo di 9.150.000 tonnellate di rifiuto organico raccolte al 2025, ovvero 150 kg/ab/anno”, ribadisce Alessandro Canovai, presidente Cic. “Sicuramente una spinta arriverà grazie al recepimento del Pacchetto sull’Economia Circolare approvato dalla Unione Europea nel giugno 2018 e che ha imposto come obbligatoria la raccolta differenziata del rifiuto organico entro il 2023”.

Lombardia in testa

Al primo posto per quantità di frazione organica raccolta si conferma la Lombardia, con 1,2 milioni di tonnellate annue, nonostante una leggera flessione rispetto all’anno precedente quando la raccolta si attestava su 1,3 milioni. In calo, ma stabile al secondo posto, anche il Veneto con 764.000 tonnellate. Al terzo posto l’Emilia Romagna (708.000 t), seguita a breve distanza dalla Campania (678.000 t). Interessanti i dati registrati nel Lazio (532.000 t) e in Sicilia (208.000 t), dove la raccolta della frazione organica è aumentata rispettivamente di 27.000 t e 67.000 t.

Al centro sud pochi impianti

L’impiantistica dedicata al trattamento del rifiuto organico in Italia è passata da 326 a 338 strutture ed ha consentito di trattare nel 2017 circa 7,4 milioni di tonnellate (+4%) considerando il trattamento, oltre all’umido e al verde, anche di altri materiali di scarto a matrice organica. “L’impiantistica dedicata al trattamento del rifiuto organico al momento è in grado di soddisfare le esigenze di produzione nazionale, tuttavia emerge una concentrazione geografica degli impianti soprattutto nel Nord Italia”, sottolinea Alessandro Canovai.

“Questa squilibrio costringe il Centro e il Sud Italia a trasferire i propri ri-fiuti organici in altre regioni con enorme dispendio di denaro e CO2. Per risolvere questo problema – aggiunge Canovai – stiamo lavorando insieme al Ministero dell’Ambiente per delineare un percorso strategico che definisca le aree in cui mancano gli impianti e su cui intervenire con tempestività”.

Inoltre, emerge in particolare l’andamento della digestione anaerobica, che nel 2017 ha trattato più del 50% dell’umido raccolto in forma differenziata. “Il trattamento delle frazioni organiche selezionate con la di-gestione anaerobica permette non soltanto di recuperare materia ma anche energia: oltre al compost che si utilizza come fertilizzante naturale si ottiene infatti anche il biogas, che può essere trasformato in biometano per l’immissione in rete”, sottolinea Massimo Centemero.

“Recentemente il Cic si è fatto promotore di un’altra filiera di potenziale sviluppo per il settore: la produzione di Biometano. I risultati non hanno tardato ad arrivare, tra il 2017 e il 2018 sono entrati in funzione, primi in Italia, 8 impianti consorziati Cic (di cui 2 sperimentali) in grado di produrre biometano esclusivamente dal trattamento dei rifiuti organici della raccolta differenziata urbana e di immettere il biometano nella rete di nazionale o di impiegarlo per l’autotrazione”.

Dall’organico 2 mln di t di compost nel 2017

Secondo stime del Cic dai rifiuti organici raccolti nel corso del 2017 sono stati prodotte quasi 2 milioni di tonnellate di compost, il 64% da compostaggio e il restante 36% da digestione anaerobica e successivo compostaggio, che hanno contribuito a stoccare nel terreno 600.000 t di sostanza organica e risparmiare 3,8 milioni di tonnellate di CO2 equivalente/anno rispetto all’avvio in discarica.

“Il compost è uno strumento efficace contro erosione, impermeabilizzazione, perdita di materia organica, perdita di biodiversità e contaminazione”, sottolinea Massimo Centemero. “Promuovere le buone pratiche per la raccolta dei rifiuti organici significa anche difendere il suolo: entro il 2025 si produrrà 1 milione di tonnellate di compost in più all’anno”.

Il biometano si sta affermando come un altro prodotto della filiera del riciclo organico. I biodigestori possono produrre oltre al compost anche biometano che rappresenta una fonte di combustibile naturale e chiara-mente una preziosa ed innovativa fonte di energia rinnovabile. Si prevedono sviluppi ulteriori per questo prodotto che potrebbe, entro il 2019, raggiungere una produzione nazionale 200 milioni di m3.

Ogni cittadino italiano che si impegna per la raccolta del rifiuto organico può vedere trasformato questo rifiuto in un prodotto, il biometano, necessario a percorrere circa 100-120 km/anno. Il settore biowaste ha importanti ricadute economiche ed occupazionali: nel 2016, secondo le proiezioni del Consorzio Italiano Compostatori, il volume d’affari generato dal biowaste è stato pari a 1.8 miliardi di euro di fatturato, mentre i posti di lavoro generati 9.800 (+9% rispetto all’anno precedente): in pratica 1,5 posti di lavoro ogni 1.000 t di rifiuto organico.

“La filiera del rifiuto organico coinvolge numerose attività, dai servizi di raccolta e trasporto, ai servizi di studio, ricerca e progettazione e delle tecnologie per il trattamento del rifiuto organico. Con una raccolta differenziata a regime in tutta Italia si potrebbe arrivare a 13.000 addetti e 2,56 miliardi di euro comprensivi dell’indotto generato”, conclude Centemero.

Fonte: ADN Kronos