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Plastiche monouso: il Regno Unito segue l’esempio dell’UE

Facendo seguito a una serie di azioni già intraprese in passato, da ottobre 2023 nel Regno Unito saranno vietate ulteriori specifiche plastiche monouso inquinanti.

Fuori dall’UE ma con un occhio sempre attento alle scelte di Bruxelles: anche il Regno Unito si allinea ai progetti green, con una decisione importante che potrebbe avere un impatto significativo per l’ambiente, ma anche per la produzione nazionale e l’import.

Il 14 gennaio 2023, infatti, la Segretaria all’Ambiente, Thérèse Coffey, ha annunciato il divieto di utilizzo per una serie di prodotti in plastica.

Così, a partire dal mese di ottobre 2023, le plastiche monouso inquinanti saranno bannate.

Dunque, esattamente un anno dopo (14 gennaio 2022) l’entrata in vigore della Direttiva europea SUP (Single Use Plastic), con la quale l’Unione metteva al bando prodotti monouso per ridurre il consumo di plastica, limitandone la dispersione nell’ambiente e negli oceani – anche il Regno Unito segue l’esempio green friendly.

Plastiche monouso: i dati in UK

Londra, dunque, pone il veto su piatti, vassoi, ciotole, posate, bastoncini per palloncini in plastica monousocontenitori per alimenti in polistirolo e alcuni tipi di bicchieri.

Alle aziende sono stati concessi poco più di 8 mesi per adattarsi al nuovo regime produttivo, anche se la notizia era già nell’aria.

Dal prossimo ottobre non sarà più possibile acquistare questi prodotti, che non verranno neppure utilizzati nell’industria dell’ospitalità o in quella della ristorazione.

La misura è stata accolta con il favore della maggioranza dei partecipanti alla consultazione pubblica, indetta appositamente per la questione: le motivazioni che sottendono tale scelta sono note.

E, se i dati europei risultavano preoccupanti, quelli britannici sembrano essere ancora peggiori.

Le stime parlano di un utilizzo, per posate monouso, pari 2,7 miliardi di unità annue, e di 721 milioni di piatti della stessa tipologia. I numeri potrebbero esser accettabili se non fosse che solo il 20% di questi passa alla fase del riciclo.

Tra l’altro, la plastica impiega centinaia di anni per essere smaltita, creando ingenti danni alle risorse acquifere – che arrivano poi all’uomo – senza considerare che la produzione della stessa rappresenta una delle principali fonti di emissioni di gas serra.

Le precedenti azioni per la tutela dell’ambiente

In passato il Paese oltremanica aveva già attuato una serie di azioni a tutela ambientale, regolamentando le produzioni e l’utilizzo delle plastiche inquinanti.

Nel 2018 erano state vietate le microsfere di plastica, nei prodotti per la cura personale che necessitavano di risciacquo, per evitarne appunto una dispersione nell’ambiente.

Da ottobre 2020, poi, il Regno Unito ha provveduto a restringere l’utilizzo di plastiche monouso, quali cannucce, bacchette e cotton fioc, che contribuivano al 5,7% dei rifiuti marini.

In particolare, i bastoncini di cotone risultavano tra i dieci prodotti maggiormente presenti tra i rifiuti delle spiagge britanniche.

Le posate di plastica, invece, si collocavano tra i 15 articoli più sporchi, secondo stime del 2020.

Dal 1° aprile 2022, invece, è in vigore la Plastic Packaging Tax (PPT), un’imposizione di 200 sterline per ogni tonnellata metrica di imballaggi in plastica, fabbricati o importati nel Regno Unito, qualora questi non contengano almeno il 30% di plastica riciclata.

La PPT colpisce circa 20mila imprese britanniche e, secondo le stime, nel primo biennio di imposizione dovrebbe far aumentare, di circa 40 punti, l’utilizzo di plastica riciclata rispetto ai livelli iniziali del 2022, con un risparmio di CO2 di quasi 200mila tonnellate, grazie a un minor uso di plastica vergine.

Un’altra restrizione è stata applicata alle buste monouso, con una tariffa che inizialmente era di 5 pence, salita a 10 nel maggio del 2021.

Questa scelta, con un addebito che evidentemente è pesato alle famiglie, seppur apparentemente irrisorio, ha tagliato le vendite di buste di circa 97 punti, nei principali supermercati.

La plastica, nello scenario futuro del Regno Unito

Il divieto delle plastiche monouso, da ottobre 2023, dovrebbe quindi avere un impatto significativo sulla riduzione dei rifiuti di plastica britannici.

La restrizione, tuttavia, non colpirà il packaging utilizzato per i prodotti alimentari (piatti, vassoi, ciotole) venduti nei supermercati e in ambiti similari.

In questo caso, infatti, la tutela ecologica trasla su un piano diverso, con la scelta di un regime che preveda la responsabilità estesa del produttore. A questi verrà richiesto di utilizzare imballaggi facilmente riciclabili, per raggiungere gli obiettivi ambientali.

Alcune importanti catene, quali Co-opFood MD e WRAP, infatti, si stanno già allineando, utilizzando ad esempio forchette in legno per il cibo da asporto, e imballaggi per alimenti e bevande riciclabili al 100%, come il soft plastic packaging.

Il Regno Unito, però, non sembra intenzionato a fermarsi. Uno dei prossimi impegni in programma riguarda l’etichettatura obbligatoria sugli imballaggi, utile strumento per i consumatori nello smaltimento dei rifiuti.

Si tratta di un procedimento importante, ai fini ambientali, come dimostrato anche in ambito europeo.

Ricordiamo, infatti, che l’UE ha emanato la Direttiva 2018/851, recepita in Italia con il Decreto Legislativo 116/2020, in vigore nel Bel Paese dal 1° gennaio 2023, dopo un iter burrascoso: secondo le disposizioni dell’atto normativo, i produttori non potranno più immettere sul mercato imballaggi privi di etichetta, mentre quelli “vecchi” potranno essere commercializzati fino a esaurimento delle scorte.

Nel fascicolo n. 2 – marzo 2023 della rivista Plastix è presente un approfondimento sull’obbligo di etichettatura ambientale per gli imballaggi, in Italia.

Fonte: Plastix

Denuncia social per contrastare illeciti ambientali?

La denuncia social consiste nell’utilizzo dei social media e delle piattaforme online per denunciare pubblicamente comportamenti illegali o non etici. Questa pratica è diventata sempre più comune negli ultimi anni, in quanto i social media hanno reso più facile per le persone diffondere informazioni e mettere in luce le questioni sociali.

Proprio pochi giorni fa, a Cassino(FR), un evento simile ha portato alla sanzione di un operaio edile a seguito di una denuncia social riguardante lo smaltimento illegale dei rifiuti. La denuncia è stata fatta attraverso un video pubblicato su Facebook, che mostrava un uomo mentre gettava illegalmente i rifiuti in un terreno privato. Grazie a questo video, la polizia locale ha potuto identificare l’uomo e procedere contro di lui.

In generale, la denuncia social può essere un’arma molto potente contro i reati ambientali. Ad esempio, i social media possono essere utilizzati per sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi ambientali e per mobilitare le persone a procedere con azioni concrete per prevenirli. Inoltre, la diffusione di video o immagini che documentano reati ambientali può fornire prove importanti per le autorità competenti e consentire loro di procedere contro i responsabili.

Tuttavia, è importante notare che la denuncia social non dovrebbe sostituire il ruolo delle autorità competenti nell’indagare sui reati ambientali e nell’assumere le opportune misure legali. Invece, la denuncia social dovrebbe essere utilizzata come un mezzo complementare per raccogliere informazioni e sensibilizzare l’opinione pubblica, in modo da aumentare la pressione sulla società e sulle autorità competenti per agire contro i reati ambientali.


A cura di Andrea Tornavacca, ESPER