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Articoli

Sblocca Italia, Tar del Lazio annulla il decreto attuativo per potenziare o costruire nuovi inceneritori

8 Ottobre 2020/in EVIDENZA, Politiche /da Sergio Capelli

Il provvedimento prescriveva il potenziamento delle capacità di trattamento degli impianti già esistenti in Italia e ne disponeva la realizzazione di altri in tutta la penisola ritenendoli “strategici”. Tutto questo però senza aver effettuato la VAS, che per l’appunto è la Valutazione Ambientale Strategica

Stop all’incenerimento “selvaggio”. Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso di numerosi comuni e sigle ambientaliste contro il Dpcm del 10 agosto 2016, con cui l’allora Governo Renzi dava attuazione al famigerato articolo 35 dello Sblocca Italia. Il provvedimento prescriveva il potenziamento delle capacità di trattamento di 40 dei 42 inceneritori già esistenti in Italia e disponeva la realizzazione di altri impianti in tutta la Penisola, ritenendoli “strategici”. Tutto questo però senza aver effettuato la VAS, che per l’appunto è laValutazione Ambientale Strategica obbligatoria per piani di questo tipo, in osservanza alla direttiva europea 2001/42/CE. Secondo il governo se ne poteva pure fare a meno, sarebbe bastato effettuarla nella fase di progettazione di ogni singolo impianto. Ma il Tar ha detto no. Si legge nella sentenza: 

“…se pure era consentito qualificare gli impianti in questione come di rilevanza strategica nazionale ai fini di soluzione temporanea di una patologica situazione sulla gestione dei rifiuti, data dalla prevalenza dello smaltimento in discarica, riguardante tutto il territorio nazionale senza per questo abdicare al principio di ‘gerarchia dei rifiuti’ – come illustrato a proposito del primo motivo di ricorso – la P.C.M. avrebbe dovuto comunque provvedere ad attivare la procedura di assoggettabilità alla VAS prima dell’emanazione del dpcm attuativo qui impugnato e non lasciare alla diversa Valutazione regionale postuma l’incombenza relativa. Alla luce di quanto dedotto, pertanto, il ricorso deve essere accolto sotto il profilo appena descritto…” (leggi la sentenza completa: http://www.leggerifiutizero.org/wp-content/uploads/2020/10/Sentenza_tar_Lazio.pdf).

Come spiega il Movimento Rifiuti Zero, che ha partecipato al ricorso con diversi circoli locali, nonostante resti confermato un margine di discrezionalità al governo sulla qualificazione degli inceneritori come “infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale”, il tribunale stabilisce che la stessa qualificazione deve comunque “garantire che la gestione dei rifiuti sia effettuata senza danneggiare la salute umana e senza recare pregiudizio all’ambiente, in particolare senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, la flora e la fauna”.

Il decreto attuativo dello Sblocca Italia era stato già bocciato dalla Corte di Giustizia europea a maggio 2019, mentre il Tar del Lazio aveva più volte rinviato il dibattimento. “Oggi si è finalmente concluso con una sentenza che di fatto azzera le previsioni di potenziamento o di costruzione di nuovi inceneritori “ – scrive in una nota Rifiuti Zero Lazio – “Contiamo ora che il ministro dell’ambiente ed il governo tutto dia un segnale chiaro azzerando e riscrivendo daccapo la formulazione dello stesso articolo 35 della Legge 164/2014 in quanto lo Sblocca Italia è oramai da considerarsi illeggittimo sia per l’azione popolare che ha fermato la sua attuazione che per il recentissimo recepimento della Direttiva europea 851/2008 che esclude il ‘recupero di energia’ dai nuovi obiettivi di riciclaggio del programma di economia circolare”.

La notizia è stata accolta con grande soddisfazione anche da parte di altri ricorrenti contro il Dpcm. Il Comune di Sesto Fiorentino, che ha partecipato al ricorso per scongiurare la costruzione dell’inceneritore di Case Passerini, scrive: “Ancora una volta la giustizia amministrativa è stata chiamata a sanare l’ennesima forzatura tentata da chi, a tutti i costi, voleva imporre un’opera inutile e dannosa al nostro territorio. Così come in Sicilia, dove il Dpcm prevdeva la costruzione di due nuovi inceneritori: “Il Tar ci ha dato ragione dopo anni di impegno. Ha confermato che non si può fare a meno di confrontarsi con i territori – ha detto la presidente regionale di Rifiuti Zero Sicilia, Manuela Leone – Quando si parla di impiantistica strategica, le soluzioni calate dall’alto non vanno bene. L’obiettivo deve rimanere sempre quello di ridurre la produzione dei rifiuti, per poi gestirli puntando su riciclo”.

Fonte: Eco dalle Città

http://esper.it/wp-content/uploads/2016/12/inceneritori.png 169 300 Sergio Capelli http://esper.it/wp-content/uploads/2016/07/logo.png Sergio Capelli2020-10-08 10:11:162020-10-08 10:11:19Sblocca Italia, Tar del Lazio annulla il decreto attuativo per potenziare o costruire nuovi inceneritori

La BEI non finanzierà l’inceneritore di Belgrado per non confliggere con prevenzione e riciclo dei rifiuti

29 Ottobre 2019/in Economia Circolare, EVIDENZA /da ESPER

Dalla Serbia arriva una nuova conferma che in Europa l’incenerimento dei rifuti è un procedimento in fase di inesorabile dismissione, con buona pace di chi ancora ne sostiene la necessità. Questa volta è la finanza a ribadire che bruciare l’immondizia non è più sostenibile.

Lunedì 28 ottobre la Banca europea per gli investimenti (BEI) – l’istituzione finanziaria dell’Ue nata nel ’57 per sostenere economicamente gli obiettivi politici dell’Unione in diversi campi tra cui i trasporti, l’energia, le telecomunicazioni, l’istruzione – si è astenuta dal finanziare il progetto dell’inceneritore di rifiuti urbani di Belgrado, previsto nella municipalità di Vinča. A riferirlo una lettera inviata a Ne Davimo Beograd, un movimento politico di cittadinanza attiva impegnato sul fronte dei diritti civili e dell’uso equo delle risorse comuni e naturali, che è tra i principali oppositori all’opera.

La BEI ha affermato che la sua valutazione, unitamente ad un parere della Commissione Europea, abbiano riscontrato che l’attività dell’inceneritore di Vinča avrebbe impedito alla Serbia di raggiungere gli obiettivi ambientali in termini di riciclo e di economia circolare previsti dall’Unione Europea. Obiettivi di cui il paese deve tener conto nella sua istruttoria per il suo eventuale ingresso nell’Unione richiesto a dicembre 2009.

Al contrario, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS), l’International Finance Corporation (IFC) e l’Austrian Development Bank (OeEB) hanno recentemente firmato prestiti per il progetto. A questo proposito Ne Davimo Beograd e Bankwatch hanno recentemente presentato un reclamo ufficiale alla BERS dicendo che il sostegno al progetto viola le politiche stesse della banca, che avrebbe più coerentemente potuto finanziare pratiche ambientali più sostenibili come la prevenzione, il riutilizzo, il compostaggio e il riciclo dei rifiuti, che a Belgrado sono ad un livello estremamente basso.

Il reclamo sottolinea anche una cosa risaputa e cioè che gli inceneritori tendono a depotenziare le misure di prevenzione e riciclo a causa di lunghi contratti che richiedono alle autorità cittadine di consegnare agli impianti consistenti quantità di rifiuti.

Pippa Gallop della CEE Bankwatch Network ha dichiarato: “La BERS e l’IFC hanno insistentemente affermato che l’inceneritore non avrebbe influito sul riciclo, senza fornire però alcuna prova. Ora la BEI e la Commissione affermano il contrario. Queste banche, ora, ci devono molte spiegazioni.”

Aleksa Petković di Ne Davimo Beograd dice: “Accogliamo con favore la decisione della BEI e il parere della Commissione sul fatto che Belgrado non dovrebbe dare la priorità all’incenerimento. Soffriamo già di bassi livelli di riciclo e di una terribile qualità dell’aria. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è un’altra fonte di inquinamento e un’altra deviazione dall’istituzione di un sistema di riciclo funzionale. La BERS, l’IFC e l’OeEB devono ritirarsi da questo progetto finchè sono in tempo.”

Fonte: Bruno Casula per Eco dalle Città

http://esper.it/wp-content/uploads/2019/10/BEI.png 169 300 ESPER http://esper.it/wp-content/uploads/2016/07/logo.png ESPER2019-10-29 17:20:392019-10-29 17:20:39La BEI non finanzierà l'inceneritore di Belgrado per non confliggere con prevenzione e riciclo dei rifiuti

Il Pacchetto UE sull’Economia Circolare e il paradosso dei termovalorizzatori

11 Settembre 2019/in ESPER, EVIDENZA, Politiche /da ESPER

di ATTILIO TORNAVACCA (ENTE DI STUDIO PER LA PIANIFICAZIONE ECOSOSTENIBILE)

Il quadro nazionale relativo al governo dei rifiuti urbani deve affrontare a breve un profondo rinnovamento a seguito della pubblicazione nel luglio 2018 nella sua versione definitiva del “Pacchetto sull’Economia Circolare”, significativamente sottotitolato “un programma Rifiuti Zero per l’Europa” a testimoniare il solido legame reciproco tra visione circolare di una economia efficientata a livello UE e l’implementazione delle strategie Rifiuti Zero, che ne possono essere lo strumento attuativo nei programmi locali.

Il percorso istituzionale di tale pacchetto era iniziato nel 2014 ed include obiettivi e previsioni qualificanti circa il riuso e riciclo dei rifiuti urbani (65% entro il 2035 senza considerare il compostaggio) e dei rifiuti da imballaggio (70% al 2035), la minimizzazione del ricorso alla discarica (massimo 10% al 2035). A questi si aggiungono l’obbligo di raccolta differenziata dell’organico in tutta Europa a partire dal 2024 nonché un’armonizzazione dei criteri di calcolo per il conseguimento di tali obiettivi.

Inoltre, sempre a livello comunitario è attualmente in atto la revisione della Direttiva sulle Fonti Energetiche Rinnovabili, che prevede condizioni più restrittive per la concessione di sussidi al trattamento termico dei rifiuti (che dovrebbero rispettare la gerarchia UE con la priorità alle opzioni superiori) e la revisione dei criteri di erogazione dei Fondi Regionali UE per escludere dai finanziamenti qualunque tecnologia di trattamento del rifiuto residuo, proprio per renderla meno economicamente vantaggiosa rispetto agli interventi di riduzione e recupero. Il tramonto delle politiche di sussidio e finanziamento determinerà quindi un significativo peggioramento del quadro economico per i business plan di nuovi impianti di incenerimento.

Le principali determinanti della nuova “Waste Policy” comunitaria, cui dovranno essere conformate le strategie e politiche nazionali nei prossimi decenni, possono dunque essere sintetizzate come di seguito:

1.  Si va nella direzione di un forte incremento dei livelli di ambizione a livello UE, in particolare per l’innalzamento degli obiettivi complessivi di riuso e riciclaggio, minimizzando i cosiddetti “leakage” (decadimenti) di materiali dai modelli circolari, come sarebbe nel caso di incenerimento e discarica;

2.  La raccolta differenziata obbligatoria dell’organico conferma strategie già ampiamente diffuse sul territorio nazionale, ne consolida ruolo ed effetto, e – per quanto riguarda le implicazioni operative sulla gestione del RUR – determinerà un sempre maggiore drenaggio di matrici putrescibili dal rifiuto residuo, determinandone una maggiore inclinazione alla lavorabilità nell’ottica del recupero dei materiali valorizzabili ancora ivi inclusi (es. plastiche non da imballaggio, che non sono incluse nei circuiti di raccolta differenziata e tendono dunque a concentrarsi nel RUR);

3.  L’effetto combinato di quanto sopra sarà una minimizzazione progressiva del rifiuto urbano residuo (RUR), il che comporta condizioni di rischio per gli investimenti in tecnologie che richiedono flussi costanti di RUR (tipicamente, l’incenerimento), e determina la necessità di tecnologie flessibili, ossia in grado di adattarsi a scenari con diminuzione progressiva del RUR e parallelo aumento delle frazioni da RD, sia quelle compostabili che quelle riciclabili.

In relazione all’ultimo punto, ha recentemente determinato ampia risonanza l’analisi critica della situazione nei Paesi del Nord Europa commissionata dai Ministeri dell’Ambiente di tali Paesi che ha dimostrato che in tale area il largo ricorso alla termovalorizzazione con recupero energetico (termine che nel resto d’Europa viene tradotto semplicemente con “incenerimento”) ha sostanzialmente “ingessato” il sistema frenando lo sviluppo dei tassi di riciclo e delle politiche di riduzione.

Il paradosso degli Stati membri del Nord Europa che hanno praticamente eliminato le discariche è infatti che la rigidità del sistema impiantistico a servizio dell’incenerimento e dei suoi contratti ventennali o trentennali, vincola le comunità e i territori serviti a conferire determinati quantitativi di rifiuti ogni anno. A causa di questi vincoli contrattuali gli interessi dei soggetti pubblici o privati detentori e gestori degli impianti di incenerimento risultano inevitabilmente in contrasto con le politiche di riduzione e prevenzione che tendono a limitare ulteriormente i quantitativi prodotti ed a aumentare oltre certi livelli i tassi di riciclo.

Lo scenario tendenziale nazionale deve dunque mostrare una forte propensione evolutiva, con innalzamento dei tassi di raccolta differenziata, riciclo e di recupero materia ben oltre i livelli medi attuali, ed allineati con le buone pratiche operative che abbondano in Italia e fanno spesso da modello a livello mondiale. Per applicare correttamente le suddette strategie europee anche dal punto di vista impiantistico, risulta quindi necessario: realizzare rapidamente l’impiantistica necessaria ad accompagnare l’aumento dei livelli di riciclo e recupero (ad es. gli impianti di compostaggio); garantire la capacità di pretrattamento del RUR, come previsto dalla Direttiva 1999/31 sulle discariche, e dai suoi recepimenti in ambito nazionale; questo va fatto privilegiando le tipologie impiantistiche connotate da intrinseca flessibilità operativa, per garantirne la compatibilità e l’adattamento, diretto o con modifiche organizzative ed operative di entità marginale, a scenari con riduzione progressiva del rifiuto urbano residuo (RUR) ed aumento delle frazioni derivanti da una raccolta differenziata sempre più incisiva ed efficiente.

Tali principi sono stati recepiti anche nel programma del Governo Conte Bis appena insediato che si è impegnato “a promuovere politiche volte a favorire la realizzazione di impianti di riciclaggio e, conseguentemente, a ridurre il fabbisogno degli impianti di incenerimento, rendendo non più necessarie nuove autorizzazioni per la loro costruzione”. Prima di questo importante impegno strategico in Italia si era invece cercato di imporre alle Regioni la realizzazione di 12 nuovi inceneritori con recupero energetico. L’art. 35 del Dl 133/14, noto come “Sblocca Italia” aveva individuato infatti l’incenerimento come unico sistema possibile per il pretrattamento dei rifiuti anche se, come da più parti rilevato, tale scelta risultava in contraddizione con il testo della stessa Direttiva 1999/31, che all’articolo 2 include il trattamento termico (incenerimento, trattamenti termici non convenzionali, co-incenerimento) tra i trattamenti possibili, ma non lo individua come unica opzione. In sede di Conferenza Stato-Regioni è stata inoltre evidenziata la mancanza di una procedura di una VAS (Valutazione Ambientale Strategica) che risultava invece necessaria a corredo del suddetto Decreto in quanto lo stesso si configurava come un vero e proprio atto programmatorio integrativo.

Non a caso, dopo le prese di posizione di diverse Regioni che hanno resa esplicita (con dichiarazioni di Governatori ed Assessori, o con l’adozione di disposizioni o Piani regionali) l’intenzione di non seguire le indicazioni dello “Sblocca-Italia”, è arrivato il rinvio, da parte della Giustizia Amministrativa, del Decreto alla Corte di Giustizia Europea, su iniziative di alcune ONG e proprio in relazione alla debole argomentazione sulle scelte operate e alla mancanza di valutazioni a supporto (oltre che alla potenziale contraddizione con gerarchie UE e previsioni del Pacchetto Economia Circolare). La Corte di Giustizia Europea ha in seguito sostanzialmente confermato la debolezza dell’impianto dello Sblocca-Italia, per l’assenza di una VAS con relativa analisi delle alternative.

Fonte: RiEnergia

http://esper.it/wp-content/uploads/2019/09/inceneritori3.png 169 300 ESPER http://esper.it/wp-content/uploads/2016/07/logo.png ESPER2019-09-11 14:46:232019-09-11 14:47:29Il Pacchetto UE sull’Economia Circolare e il paradosso dei termovalorizzatori

Il mercato dei rifiuti non esce dalla crisi

20 Marzo 2019/in Economia Circolare, EVIDENZA, Raccolta differenziata /da ESPER

“Dottò, la monnezza è oro” è la celebre frase del pentito di camorra Nunzio Perrella ai magistrati di Napoli che lo interrogavano nel 1992. Oggi questa frase rischia di tornare ancora d’attualità a causa di un contesto difficilissimo che sta vivendo il mercato dei rifiuti in Italia. Siamo infatti in una crisi senza precedenti dovuta alla mancanza di sbocchi, sia della frazione indifferenziata e residuale (purtroppo ancora consistente) sia dei materiali riciclabili. Questo sta facendo lievitare i prezzi di smaltimento (e deprezzare il valore dei materiali) in alcuni casi anche del 50-60% e in tali situazioni è più facile per la criminalità insinuarsi offrendo prezzi a buon mercato, come già accaduto in passato.

Si è arrivati a questo scenario per due ordini di motivi. Da un lato la saturazione degli spazi nelle discariche ma soprattutto negli inceneritori, cioè gli unici impianti di smaltimento finale che possono trattare i rifiuti non differenziati della raccolta urbana ma anche delle aziende e il residuale che rimane dopo le attività di selezione propedeutiche al riciclo.

Il problema viene da lontano e cioè dal DL 133/2014, cd.”Sblocca Italia” (poi convertito nella legge 11 novembre 2014, n.164) che all’art. 35 autorizza gli inceneritori non solo ad ampliare i volumi fino a saturazione del carico termico ma anche a trattare i rifiuti extraregionali. Una manna dal cielo per questi impianti che, causa l’aumento delle raccolte differenziate e il principio di prossimità, rischiavano di restare senza lavoro; ma anche per le regioni e comuni del Sud, da sempre meno virtuosi. Ciò ha comportato lo spostamento di centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti verso il settentrione, con il risultato di una saturazione degli impianti.

Secondo il rapporto Ispra 2018, i rifiuti inceneriti al Nord sono passati dalle 4.082.786 tonnellate del 2013 alle 4.469.251 del 2017. Nello stesso anno – sempre secondo il rapporto – solo la Lombardia ha ricevuto 300 mila tonnellate dalle regioni meridionali, Lazio (101 mila), Campania (52 mila), Abruzzo (33 mila). Il paradosso è che ora i rifiuti lombardi, nonostante i 13 inceneritori, devono trovare sbocchi in altre regioni oppure oltre confine. La saturazione operata dai rifiuti dei Comuni, ai quali viene data priorità, blocca poi anche il settore degli speciali prodotti dalle aziende, aspetto non secondario se consideriamo che in realtà i rifiuti speciali sono il triplo di quelli urbani.

La conseguenza di tutto questo è una regola base del mercato: quando aumenta la domanda e si riducono i posti, i prezzi crescono. Si stima un aumento medio del 30%, con picchi del 50-60% e oltre. Se fino all’estate scorsa un’attività commerciale pagava per smaltire il suo rifiuto non differenziato assimilabile all’urbano tra i 130 e 150 euro a tonnellata, oggi per lo stesso rifiuto si va dai 180 ai 250 euro. Di riflesso, c’è un problema discariche al Sud. Nonostante l’opportunità degli inceneritori del Nord Italia ed le esportazioni (parte dei rifiuti della Campania vanno ad esempio in Portogallo), le discariche rappresentano nel meridione ancora la principale soluzione per gestire l’enorme mole di rifiuti indifferenziati causa del ritardo sulla raccolta differenziata. E anche qui i costi di conferimento stanno lievitando.

Parallelamente, si è abbattuta sul settore un’altra enorme congiuntura negativa: il crollo delle vendite dei materiali oggetto di selezione e destinati all’industria estera del riciclo (es. carta e plastica). L’ultima volta era accaduto dieci anni fa con il valore della carta arrivato a zero. Ma se nel 2008/2009 si era trattato di una fase passeggera dovuta alla crisi mondiale, questa volta il problema è più strutturale perché legato alla drastica riduzione della domanda da parte della Cina, il paese che teneva in piedi il mercato mondiale dell’esportazione. Pechino ha annunciato la svolta green, non vuole più essere la discarica del mondo perchè solo una minima parte dei materiali importati veniva effettivamente riciclata.

Un bel guaio perché il nostro mercato interno non si è strutturato per un’evenienza del genere. Fino al 2017 l’Italia esportava lì oltre il 50% della carta e anche di più per la plastica. Oggi la carta si è ridotta moltissimo e la plastica quasi a zero. Si sono aperti canali alternativi in altri paesi come Thailandia, India, Indonesia ma la richiesta è molto inferiore. Un’altra via è quella della Germania, ma solo di carta per la stampa. La Cina in realtà non ha chiuso i rubinetti, solo non accetta più tutto come prima, ora avviene una rigida selezione della qualità prima della partenza. I controlli sono affidati ad un unico ente, il CCIC di Marsiglia, che ispeziona tutti i carichi e la percentuale di tolleranza delle impurità è bassissima (tra 0,1 e 0,5%); molti imprenditori per non rischiare non fanno più spedizioni. Questo fa sì che i materiali si accumulano negli impianti e aumenta il rischio roghi. Gli incendi dell’ultimo anno hanno infatti interessato sia gli impianti abusivi che quelli regolari che avevano i piazzali pieni di carta e plastica in attesa di piazzarli sul mercato.

Come se ne esce? Per prima cosa abbiamo bisogno degli impianti. Fino a che non avremo raggiunto livelli altissimi di sostenibilità ambientale, a cominciare dalla raccolta differenziata, l’Italia ha bisogno di impianti di trattamento dei rifiuti, un “male necessario”, solo grazie al quale si può uscire dalla continua emergenza, avere una gestione controllata dei rifiuti e superare l’anacronismo inaccettabile della discarica. Per impianti non si intendono solo quelli di smaltimento ma soprattutto di recupero, dove i rifiuti vengono selezionati e avviati a recupero cioè a riciclaggio di materia. Occorre dunque semplificare la burocrazia che oggi rallenta il rilascio delle autorizzazioni, superando anche pregiudizi ideologici. Certo, le autorizzazioni si devono accompagnare anche a prescrizioni tecniche precise e inderogabili a tutela della salute (ad esempio l’indicazione di delle migliori tecnologie per l’abbattimento dei fumi o degli odori) e a controlli e punizione certa per i trasgressori. Solo così si potrà riconquistare la fiducia dei cittadini. Contemporaneamente urge incentivare in tempi rapidissimi la raccolta differenziata ben oltre il 65% (bisognerebbe arrivare all’80%) nonchè la riduzione a monte dei rifiuti, attraverso riparazione e riutilizzo, end of waste, riduzione degli imballaggi, progressiva sostituzione della plastica con materiali più ecocompatibili, in due parole quella che si chiama economia circolare. Questo è il futuro ma solo quando lo avremo realizzato potremo dire di non aver più bisogno di inceneritori ed altro. Con la consapevolezza di una corsa contro il tempo perchè ogni giorno che passa con costi di smaltimento alle stelle è un’opportunità per i criminali dell’ambiente.

Angelo Brancaccio
Fonte: GreenReport

http://esper.it/wp-content/uploads/2019/03/riciclo.png 169 300 ESPER http://esper.it/wp-content/uploads/2016/07/logo.png ESPER2019-03-20 12:06:372019-03-20 12:06:37Il mercato dei rifiuti non esce dalla crisi

Studio Cnr: Gli inceneritori uccidono. Ministro Costa: stop ai nuovi di Renzi

7 Settembre 2018/in EVIDENZA, Politiche, Raccolta differenziata, Riciclo /da ESPER

Sblocca Italia di Renzi ha previsto la costruzione di 12 nuovi inceneritori. Ministro Costa li blocca. Studio del Cnr prova la generale nocività degli impianti

Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha proposto la modifica dell’art.35 dello Sblocca Italia, voluto dall’ex premier Matteo Renzi e diventato legge tra il 2014 e il 2015. L’articolo delineava le regole per l’autorizzazione alla realizzazione di 12 nuovi inceneritori da costruire in dieci regioni: due in Toscana e Sicilia, uno a testa in Piemonte, Liguria, Veneto, Umbria, Marche, Campania, Abruzzo e Puglia (guarda nella cartina in basso, anche se parziale, se anche tu vivi vicino ad un inceneritore)

Impianti che dovevano aggiungersi ai 42 già funzionanti in Italia e ad altri 6 autorizzati ma ancora in via di costruzione. Con questo profilo dello Sblocca Italia era diventato importante bruciare e non fare una differenziata radicale alla fonte, cioè finalizzata principalmente a riconvertire i rifiuti in altri prodotti.

E da ricordare che in molte città italiane anche i rifiuti differenziati dai cittadini finiscono negli inceneritori (chiamati anche termovalorizzatori, la sostanza non cambia). La raccolta differenziata serve in questi casi a ridurre i costi di incenerimento e a bruciare i rifiuti a temperature differenti, a seconda della consistenza e natura (più si spende energia per bruciare più costa l’incenerimento). E va rammentato che una parte della bolletta elettrica pagata dagli italiani sostiene economicamente proprio gli inceneritori, con contributi statali pari a 224 milioni di euro, secondo gli ultimi dati del Gse del 2015, anche se negli anni precedenti raggiungevano cifre più consistenti.

Nell’ottobre scorso (2017) un studio molto accurato del CNR (gruppo di Epidemiologia Ambientale e Registri di Patologia dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa) sugli inquinanti del territorio di Pisa e commissionato dal Comune ha dato nuove evidenze sulla nocività degli impianti. “Lo studio ha valutato l’effetto delle esposizioni agli inquinanti emessi da inceneritore, impianti industriali e traffico veicolare sulla mortalità ed ospedalizzazione per causa della popolazione residente a Pisa”, si scrive nel testo che si può leggere integralmente qui.

“La coorte (l’unità in oggetto, ndr) in studio è costituita da tutte le 132.293 persone residenti per almeno un anno tra il 1 gennaio 2001 ed il 31 dicembre 2014 nel comune di Pisa con gli indirizzi di residenza georeferenziati. Per le analisi degli esiti riproduttivi sono stati considerati 4.276 nati, da 3.626 parti, tra il 2008 e il 2014”.

Nello specifico: “Tra le tre fonti di emissione considerate (inceneritore, insieme delle industrie, traffico veicolare), i segnali più numerosi sono emersi a carico dell’inceneritore, talvolta confermati anche per le industrie, mentre sporadici sono quelli emersi considerando il traffico veicolare, che tuttavia va ricordato che è stato stimato mediante un modello non testato allo scopo”. Spiegando nel particolare che “dall’analisi della mortalità per esposizione ad inceneritore si osservano, tra gli uomini della classe a più alta esposizione, un eccesso del 9% della mortalità generale, in particolare per le cause naturali +10%, un eccesso di mortalità del 79% per tumore del sistema linfoemopoieticoed un eccesso del 21% della mortalità per le malattie del sistema circolatorio. Tra le donne si osserva un aumento del 152% della mortalità per le malattie respiratorie acute”

Lo studio non ha avuto risalto sui media nazionali.

Ma su quanto siano nocivi gli impianti vi sono anche altri studi scientifici recenti. Le associazioni di oncologi italiani che si sono interessati alla problematica, al fine di ridurre gli effetti nefasti sulla salute (aumento mortalità, ospedalizzazione, esiti avversi alla nascita e malformazioni, problemi cardiovascolari e respiratori e sul lungo termine tumori), consigliano sempre di avere i centri abitati ad una distanza dagli impianti almeno superiore ai 7 km e di valutare le caratteristiche dei venti in zona che spostano i fumi.

inceneritori

La proposta del ministro Sergio Costa di modifica dell’art.35 dello Sblocca Italia arriva dopo l’impugnazione da parte dello stesso ministro della legge della Regione Marche n. 22 del giugno 2018. “Proprio perché la competenza è statale”, ha detto Costa, “ho dato disposizione agli uffici legislativi affinché sia modificato l’art.35 dello Sblocca Italia contro cui tantissimi cittadini e comitati si sono sempre battuti. È arrivato il momento di non puntare più sull’incenerimento ma sulla differenziata di qualità e sull’economia circolare”. Costa è stato in passato comandante regionale del Corpo di polizia forestale della Campania, guidando l’indagine sui rifiuti tossici interrati dal clan dei Casalesi nella Terra dei Fuochi ed ha un Master in diritto dell’Ambiente.

Fonte: Affari Italiani

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Francia: bonus-malus sulle plastiche e lotta fiscale all’incenerimento

19 Agosto 2018/in EVIDENZA, Politiche, Riciclo /da ESPER

Macron lo aveva inserito in campagna elettorale, e il tema del riciclo integrale degli imballaggi in plastica entro il 2025, entra puntuale nell’agenda politica francese. Con una terminologia che non lascia spazio a molti dubbi: si parla di “guerra” alla plastica non riciclata, “elettroshock” per il sistema produttivo.

Dal 2019 sarà attivo in Francia un sistema di bonus-malus che privilegerà in maniera molto evidente i prodotti costruiti a partire da materiale riciclato. “Fino al 10%” garantisce Brune Poirson, segretaria di Stato alla transizione ecologica e alla solidarietà.
Il meccanismo è di per sé molto semplice: “Quando un consumatore potrà scegliere tra una bottiglia prodotta con plastica riutilizzata e una no, la prima sarà più conveniente” continua la Poirson. L’obiettivo dichiarato è quello di incentivare un mercato per i materiali riciclati, senza imporre divieti , almeno in un primo momento, così da poter raggiungere quota 100% di riciclo della plastica.

Una misura richiesta a gran voce anche dal mondo del riciclo italiano. Nel novembre 2017 Diego Barsotti, responsabile della Comunicazione per Revet e Revet Recycling nell’ambito del volume 20 anni di gestione degli imballaggi – cosa è stato fatto, cosa resta da fare a proposito della incentivazione del mondo del riciclo dichiarava: “Ci sono tre proposte di legge attualmente in discussione fra Senato e Camera con la possibilità di essere inserite come emendamento sulla legge di bilancio, che andranno probabilmente ad essere cancellate. Probabilmente perché gli incentivi al mondo del riciclo danno noia ad altre filiere industriali, che vedrebbero diminuire i propri.
Eppure il ragionamento sugli incentivi al riciclo è paragonabile a quello che si fece sulle energie rinnovabili. L’Italia partì sulle rinnovabili in forte ritardo rispetto agli altri Paesi Europei. Bisognava dunque attivare un mercato velocemente e si decise di ricorrere agli incentivi. E il risultato è che oggi abbiamo costruito un settore che può camminare autonomamente. Se è stato giusto incentivare la rinnovabilità dell’energia, perché adesso non si pensare a incentivare la rinnovabilità della materia?”

Ma gli incentivi ai prodotti riciclati non saranno l’unico strumento che la Francia vorrà utilizzare per raggiungere l’obiettivo 100% di riciclo: “Sarà però una strategia a 360 gradi – ha spiegato Poirson – Ad esempio oggi nel nostro paese costa molto meno mandare un rifiuto in inceneritore che riciclarlo. Non va bene. E il piano infatti prevederà uno strumento fiscale per invertire la tendenza“. – S.C.

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Il Tar rinvia alla Corte europea il decreto inceneritori

3 Maggio 2018/in EVIDENZA, Politiche, Prevenzione e riduzione, Raccolta differenziata, Riciclo /da ESPER

Dubbi sull’articolo 35 dello Sblocca Italia per la valutazione ambientale strategica e sul ruolo dato all’incenerimento rispetto a riuso e riciclo

Il decreto Sblocca Italia del 2014 e il conseguente decreto attuativo del 2017 che propone impianti di ricupero energetico nel Centro e nel Mezzogiorno è stato esaminato dal Tar Lazio, il quale si è rivolto con un’ordinanza alla Corte europea di giustizia per chiedere se la normativa viola le normative comunitarie sulla gerarchia nella gestione dei rifiuti e sulla Valutazione ambientale strategica.
I giudici romani hanno infatti depositato una dettagliata ordinanza in relazione al ricorso depositato da due associazioni antimpianti, Vas (Verdi Ambiente Società) e Movimento Legge Rifiuti Zero per l’Economia Circolare, le quali chiedevano l’annullamento del decreto attuativo Dpcm del 10 agosto 2017 che attua l’articolo 35 della Legge 133/2014 (decreto Sblocca Italia).
Il decreto del 2014 e la sua conversione in legge, e poi il decreto attuativo del 2017, avevano osservato che in Nord Italia il ciclo dei rifiuti è ben gestito dalla raccolta differenziata al riciclo fino all’incenerimento con ricupero di energia per la frazione non ricuperabile diversamente, ma nel Centro Italia e nel Sud c’è una gravissima mancanza di impianti, come nel caso di Roma, della Sicilia e di altre parti del Paese.
Per questo motivo, individuata la carenza di impianti, i decreti ne proponevano la realizzazione.
Il ricorso delle due associazioni anti-impianti è stato esaminato dai giudici amministrativi, i quali hanno valutato come fondate due osservazioni iniziali e si sono domandati: i decreti sono coerenti con la normativa europea sulla gerarchia di gestione dei rifiuti e sulla procedura di valutazione ambientale strategica?
In sintesi, la direttiva comunitaria mette al primo posto la riduzione, al secondo il riuso, al terzo il riciclo e solo al quarto l’incenerimento; perché il governo fa diventare strategici solo gli inceneritori e non gli altri impianti utili per riuso e riciclo?
Il Tar scrive che l’articolo 35 della Legge 133/2014 gli inceneritori sono definiti “infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, che attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati e che garantiscono la sicurezza nazionale nell’autosufficienza”, ma aggiungono che “una simile qualificazione non è stata parimenti riconosciuta dal legislatore interno agli impianti volti al trattamento dei rifiuti a fini di riciclo e riuso, pur essendo tali due modalità preminenti nella gerarchia dei rifiuti di cui alla richiamata direttiva”.
Secondo i parlamentari del Movimento 5 Stelle di Camera e Senato Salvatore Micillo, Alberto Zolezzi, Paola Nugnes e Vilma Moronese le regole dello Sblocca Italia sono “norme che contrastano con la gerarchia d’intervento comunitario in materia di rifiuti che vede riduzione, recupero di materia e riciclo come interventi prioritari rispetto all’incenerimento di rifiuti”

Fonte: E-Gazette

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Dall’Europa segnali chiari sulla necessità di minimizzare il ricorso all’incenerimento: la Comunicazione della CE sul ‘Waste to Energy’

27 Gennaio 2017/in ESPER, EVIDENZA, Riciclo /da ESPER

La Commissione Europea ha invitato gli Stati membri a considerare più attentamente la gerarchia di gestione dei rifiuti, suggerendo di rivedere il ruolo e le potenzialità dell’incenerimento e soprattutto i fondi che lo sostengono. Le indicazioni sono raccolte nella Comunicazione sul Waste to Energy pubblicata giovedì 26 gennaio, in cui è contenuta una guida per gli Stati dell’Unione su come assicurare un’equilibrata capacità di energia da rifiuti (EFW) che eviti di danneggiare lo sviluppo di un’economia circolare. “Il documento non include prese di posizione nette contro l’incenerimento – ci spiega Enzo Favoino, coordinatore scientifico di Zero Waste Europe – né d’altronde questo poteva essere tra le finalità della Comunicazione; ma è chiaro che il ruolo futuro dell’incenerimento viene fortemente ridimensionato rispetto alla situazione attuale, con un invito a considerare con attenzione i piani futuri di nuovi inceneritori e le relative politiche di finanziamento”.

I punti fondamentali del documento della Commissione sono:
la necessità di reindirizzare gli investimenti,a partire da quelli della Banca Europea degli Investimenti – BEI, verso i più alti livelli della gerarchia di gestione dei rifiuti quali la riduzione, il riutilizzo e il riciclaggio. “Questo è un punto importantissimo” sottolinea Favoino “Sinora i programmi di finanziamento ed i fondi strutturali e di coesione sono andati soprattutto ad inceneritori e discariche, e questo distorce le economie della gestione dei rifiuti a favore dei sistemi peggiori e più in basso nella gerarchia delle opzioni. È un problema che abbiamo a più riprese sollevato insieme ai colleghi di Bankwatch” (il network ambientalista che monitora le attività di banche e fondazioni per evitare investimenti dannosi per il pianeta, ndr).

La CE sottolinea inoltre la presenza di un eccesso di capacità di incenerimento che già oggi riguarda molti Paesi e zone d’Europa. Per queste situazioni la Comunicazione suggerisce l’adozione di una serie di strumenti quali la tassazione dell’incenerimento, la terminazione dei sussidi, la moratoria sulla costruzione di nuovi inceneritori e lo spegnimento progressivo di quelli esistenti.
Incidentalmente, l’Italia è elencata (con Svezia, Olanda, Germania, Francia ed altri) tra i Paesi che hanno molti inceneritori, non tra quelli in cui mancano e questo oggettivamente porta a riconsiderare le affermazioni secondo le quali “dobbiamo portarci al passo di altri Paesi”. Per le aree sprovviste di capacità di incenerimento, la Comunicazione raccomanda di esplorare prima tutte le opzioni prioritarie, inclusive della realizzazione di capacità di riciclo e compostaggio come strumento prioritario di riduzione dello smaltimento a discarica, e della valutazione degli effetti a 20-30 anni della crescita della raccolta differenziata, onde evitare realizzazione di capacità di incenerimento in eccesso. Allo scopo di evitare tali sovracapacità, preoccupazione che ricorre in tutto il documento, la Comunicazione fa addirittura un accenno all’utilizzo eventuale delle capacità in eccesso dei Paesi contermini, anziché la realizzazione di nuovi inceneritori in aree sprovviste.
Ulteriore punto del documento: si ribadisce la necessità che gli Stati Membri e le Autorità che si occupano di pianificazione prendano in considerazione, quando programmano la costruzione di nuovi inceneritori, l’evoluzione a lungo termine di raccolta differenziata e riciclaggio. Dunque si dovrebbe prendere in considerazione, come obiettivo minimo, il 65 o più probabilmente il 70% (secondo la proposta recentemente approvata in Commissione ENVI dell’Europarlamento) al 2030, come previsto dalla discussione in corso sul Pacchetto Economia Circolare, e non la situazione attuale. Senza dimenticare che tali obiettivi sono quelli minimi ed è nello spirito stesso della Economia Circolare puntare progressivamente a massimizzare il recupero di materia, ben al di là di questi. “Si tratta di un punto fondamentale – dice Favoino – che riprende gli argomenti che da tempo mettiamo in evidenza, ossia la necessità di prevedere le potenzialità a medio e lungo termine del sistema delle raccolte differenziate; e come sappiamo l’Italia ospita tantissimi esempi, anche a livello di area vasta, che mostrano che si può puntare a scenari decisamente più ambiziosi, rispetto agli obiettivi minimi di raccolta differenziata”.

Infine, vi è un forte mandato alla BEI ed ai Paesi Membri per rivedere le proprie politiche di finanziamento per la realizzazione delle infrastrutture di settore, comprimendone fortemente la quota destinata all’incenerimento ed allineandoli invece con l’evoluzione prevista della politica di rifiuti ispirata all’economia circolare.

“La Comunicazione con ogni probabilità determinerà effetti immediati in quelle situazioni dove gli attuali piani per l’incenerimento eccedono la crescita prevista della raccolta differenziata nel medio termine – segnala Favoino – Ad esempio in Polonia, ove da tempo abbiamo segnalato le distorsioni di una programmazione massicciamente impostata sull’incenerimento. Ma non sfuggirà che la Comunicazione fornisce molti elementi che mettono ancora una volta in discussione l’impianto complessivo dello Sblocca-Italia, fornendo argomenti sia alle Regioni che intendono opporsi alle previsioni di nuovi inceneritori in esso contenute, che a quelle , come la Lombardia, che avevano già tabellato il decommissioning, ossia lo spegnimento progressivo di quelli in eccesso; il che è in linea con quanto la Comunicazione stessa esplicita per le aree con sovracapacità”.

 

Fonte: Eco dalle Città

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Inceneritori: anche le Marche ricorrono contro lo SbloccaItalia

16 Dicembre 2016/in EVIDENZA, Non categorizzato, Politiche, Raccolta differenziata /da ESPER

La Giunta ricorre al Tar contro l’articolo 35 sugli inceneritori, il quale prevede fra l’altro la realizzazione di un impianto di incenerimento dei rifiuti nel territorio marchigiano

Dopo Veneto e Lombardia, i cui ricorsi sono stati variamente bocciati e più volte riproposti, anche la Giunta regionale delle Marche ha deciso che presenterà ricorso davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio contro il decreto del Governo di applicazione della legge Sblocca Italia. L’articolo 35, in particolare, prevede la realizzazione di un impianto di incenerimento dei rifiuti nel territorio marchigiano.

Ne dà notizia l’assessore all’Ambiente Angelo Sciapichetti.

“Il Dpcm 10/8/2016  prevede la realizzazione nelle Marche di un inceneritore da 190mila tonnellate annue, sulla base di presupposti non condivisibili e non tenendo conto della programmazione regionale, peraltro già approvata dal Ministero dell’Ambiente, che esclude il ricorso a nuovi impianti di trattamento termico dei rifiuti nelle Marche“. Tra le ipotesi previste nelle scorse settimane sulla localizzazione dell’impianto, si era parlato anche dell’ex cementificio Sacci di Castelraimondo. L’assessore precisa: “In particolare  non sono state tenute in considerazione le previsioni virtuose del nostro Piano rifiuti: riduzione del 10,3 per cento di produzione pro capite di rifiuti urbani, riduzione del 6,2 per cento di produzione complessiva di rifiuti e raggiungimento della media regionale di raccolta differenziata al 73,2 per cento, entro il 2020. Anche a voler prescindere da considerazioni ambientali, un termovalorizzatore non è tecnicamente ed economicamente sostenibile nella nostra regione. Inoltre la procedura dovrebbe essere sottoposta a valutazione ambientale strategica, mentre il decreto non la prevede, non permettendo quindi di percorrere strade alternativa all’incenerimento, che siano meno impattanti sull’ambiente e sul paesaggio».
Non solo Marche. Le Marche vanno solo ad allungare la lista di regioni, tra cui Veneto e Lombardia, i cui ricorsi sono  stati bocciati a vario titolo e più volte riproposti, che si oppongono al decreto del Governo di applicazione della legge Sblocca Italia. In questo caso, ad essere contestato è l’articolo 35 che prevede la realizzazione di un impianto di incenerimento dei rifiuti nel territorio marchigiano. Ma la giunta regionale non ci sta: “Abbiamo deciso di ricorrere al TAR Lazio per annullare il decreto e la previsione di un inutile inceneritore nel nostro territorio. Abbiamo sempre sostenuto che faremo tutto il possibile per impedire la realizzazione dell’inceneritore nelle Marche. Utilizzeremo tutte le possibilità che ci vengono concesse dalle norme. Non lasceremo nulla di intentato. Il ricorso va in questa direzione». La procedura non tiene inoltre conto anche della possibile interferenza con le aree protette secondo la normative Ue, come i Siti Natura 2000. Il decreto quantifica in circa 524mila tonnellate il fabbisogno complessivo di incenerimento rifiuti urbani per tutta la macro area del Centro Italia, il 36 per cento del quale dovrebbe essere soddisfatto dalle Marche.
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La sorpresa di Ferragosto: 12 nuovi inceneritori? La petizione per dire di no!

14 Agosto 2016/in ESPER, Politiche /da ESPER

Un decreto all’interno della legge “Sblocca Italia”, imporrebbe la costruzione di 12 nuovi impianti di incenerimento rifiuti in Italia. La via del Governo Renzi per la gestione “virtuosa” dei rifiuti passa dunque dall’incenerimento. E solo da quello. In barba alle normative europee (direttiva 2008/98/CE) che impongono un ordine di priorità nella gestione dei rifiuti (e l’incenerimento viene solo dopo la riduzione, il riutilizzo e il riciclo di materia), in barba alle normative Italiane che impongono il 65% di RD entro il 2020 (obietivo che era già stato fissato e mai raggiunto per il 2012) ed il 50% di recupero di materia.

Le reazioni sono già molte, e tutte negative. A partire dai commenti dei presidenti delle regioni interessate dal provvedimento.

Il presidente della Puglia, Michele Emiliano, fa sapere di “non aver ricevuto alcuna comunicazione al riguardo”, ma garantisce che sul suo territorio non sarà costruito nessun inceneritore: “È uno degli impegni che abbiamo preso in campagna elettorale: abbiamo costruito il nostro programma dal basso e gli elettori si sono espressi chiaramente contro la costruzione di impianti di incenerimento”. Sergio Chiamparino, presidente della Regione Piemonte, è altrettanto risoluto: “Di inceneritori ne abbiamo uno e ci basta: il termovalorizzatore del Gerbido, alle porte di Torino, brucia quasi 416 mila tonnellate di rifiuti l’anno. Non ne sono previsti altri”.

Rosario Crocetta, governatore siciliano: “Io i termovalorizzatori non li farò mai. Li vuole Renzi? Il piano sui rifiuti ce lo facciamo da soli”. Per Luca Ceriscioli, eletto a fine maggio nelle Marche, un nuovo impianto sarebbe inconcepibile: “Quello di Macerata – spiegano i suoi collaboratori – è stato spento un anno fa proprio perché non ce n’è alcun bisogno. La raccolta differenziata è già al 63 per cento e si avvicina a rapidi passi al 70. Mancherebbero proprio i rifiuti con cui alimentare il termovalorizzatore: non abbiamo spazzatura da bruciare”. Anche Enrico Rossi, come i governatori precedenti, è stato eletto nel Pd. E nemmeno lui conosce il frutto avvelenato dello Sblocca Italia: “Non sapevo che il decreto prevedesse inceneritori in Toscana, né che da noi debbano essere addirittura due. Non è prevista la costruzione di alcun impianto”.

Catiuscia Marini (sempre Pd), governatrice dell’Umbria, conosce i piani del governo per la sua Regione, ma non ha nessuna intenzione di autorizzarli: “Non avrebbe senso. Abbiamo una differenziata, in crescita, al 50 per cento, con picchi del 70 a Perugia. Restano solo 100 mila tonnellate da smaltire: troppo poche per giustificare un termovalorizzatore. Il governo lo sa. Magari un impianto in Umbria può servire a smaltire i rifiuti di altre Regioni, ma noi non ci stiamo”. L’area individuata, quella di Terni, “ha già seri problemi di inquinamento”, aggiunge il direttore dell’Arpa umbra, Walter Ganapini.

Pure la Campania di Vincenzo De Luca dice no. Dal suo staff arriva una risposta netta: per costruire un termovalorizzatore a trazione secca servono almeno quattro anni. Tra quattro anni, secondo le stime, ci saranno 700 mila tonnellate di rifiuti da smaltire. Per questa cifra basta l’impianto di Acerra: non ce ne vuole un altro. La previsione del governo è basata su dati superati, numeri vecchi. Nel Veneto del leghista Luca Zaia di inceneritori ce ne sono già tre. Anche qui, degli inceneritori di Renzi nessuno sa nulla: “Il 25 maggio c’è stata inviata una comunicazione sul monitoraggio degli impianti esistenti. Di eventuali nuovi impianti nessuno ci ha detto nulla. Abbiamo tre inceneritori e non ne costruiremo altri: siamo una Regione ‘riciclona’ e puntiamo dritti sul compostaggio”.*

Ma non solo i Presidenti di Regioni: anche i movimenti ecologisti si muovono per dire No a nuovi impianti. Zero Waste Lazio ha indetto una raccolta firme che nei giorni a cavallo di ferragosto ha avuto un successo insperato: oltre 1200 firme.
Chi fosse interessato ad aggiungere la propria può farlo a questo indirizzo:

https://www.change.org/p/al-presidente-della-giunta-regionale-nicola-zingaretti-a-tutti-i-presidenti-delle-giunte-regionali-s%C3%AC-chiede-di-non-approvare-lo-schema-di-decreto-attuativo-ai-sensi-dell-art-35-comma-1-del-d-l-n-133-2014-detto-sblocca-italia
*fonte: Il Fatto Quotidiano 

 

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