Trento vieta la plastica nel pubblico, Sanpellegrino e Mineracqua ricorrono al Tar

A Trento è scoppiata la guerra della plastica. A scatenarla la decisione della Provincia autonoma di bandire, a partire dal prossimo luglio, la plastica monouso per tutti gli eventi organizzati, finanziati o patrocinati dalla Provincia e dagli enti collegati per ottenere il marchio “Ecoristorazione Trentino” e dal gennaio 2023, da tutti i servizi di somministrazione e vendita – automatica e non – di cibo e bevande all’interno di tutti gli enti pubblici trentini.  Una mossa avanzatissima che però ha fatto imbufalire il business delle acque minerali e non solo.

Il ricorso di Sanpellegrino e Mineracqua

A presentare un ricorso davanti al Tar di Trento, sono state: Unionfood, Mineracqua, Assobibe, Sanpellegrino, Federazione Gomma Plastica, Flo Spa (produttore di stoviglie in plastica monouso), Isap Packaging Spa, Confida (distribuzione automatica) e Aesse Service. Anche la Confindustria locale si è detta contraria alla delibera della Provincia. Secondo i ricorrenti, la decisione è stata troppo frettolosa, senza prima presentare uno studio preliminare, e soprattutto dando poco tempo all’industria di adeguarsi.

Greenpeace: “L’industria sbaglia a fare ostruzione”

Secondo Giuseppe Ungherese, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace, “Siamo davanti a un film già visto. Il polo produttivo industriale si schiera in maniera compatta a difesa di qualcosa che rappresenta il passato, una filiera inquinante come quella della plastica monouso, invece di cogliere la decisione della provincia di Trento come uno stimolo, come l’occasione per ripensare il loro modo di stare sul mercato in maniera più competitiva e lungimirante. Anche perché in futuro potrebbero essere sempre di più gli enti locali che adottano misure simili. Per esempio i produttori di acqua potrebbero dedicarsi a un sistema efficiente di vuoto a rendere”.

Le novità sui distributori automatici di cibo e bevande

Tra le misure che verranno adottate nel territorio trentino, anche un cambio di filosofia attorno ai distributori automatici presenti in scuole e uffici pubblici. Per le bevande, posto che i bicchieri dovranno essere compostabili, non saranno erogati in automatico, in modo da favorire l’utilizzo della propria tazza, e in caso di erogazione avranno un costo di 50 centesimi. I distributori di bevande calde devono essere allacciati alla rete idrica e avere un macina-chicchi per il caffè, in modo da non dover utilizzare capsule. Per quanto riguarda il cibo, le insalate sono messe a disposizione imballate con materiale compostabile e biodegradabile, così come la frutta sbucciata, mentre la frutta come mele o arance, deve essere distribuita senza imballaggi.

“Vincerà la Provincia, i dati sono chiari”

Misure che spaventano i produttori di acqua minerale e di imballaggi, tanto da averli portati a fare un ricorso al Tar. “Io penso che vincerà la provincia di Trento, perché dal punto di vista scientifico c’è una letteratura consistente che dice come il monouso sia l’opzione peggiore dal punto di vista ambientale, e anche la direttiva europea a riguardo è chiara” conclude Ungherese.

Il business delle minerali

Soprattutto per quanto riguarda l’imbottigliamento di acqua minerale, parliamo di un business ricchissimo, come già nel 2018 ha raccontato il Salvagente. “Per ogni euro speso in canoni di concessione” le società proprietarie delle acque minerali realizzano “191,35 euro in ricavi dalle vendite”. Insomma un grande affare ma non per le casse pubbliche bensì per quelle private. Ad accertare l’evidente sproporzione non è stato una Ong né un’associazione ambientalista ma il Mef, il ministero dell’Economia e Finanze che per la prima volta pubblica un report (dati 2015) “dedicato allo sfruttamento delle acque minerali e termali”. In soldoni l’incasso totale per le amministrazioni locali (18,4 milioni) corrisponde allo 0,68% del fatturato del settore dell’imbottigliamento delle acque minerali, pari a 2,7 miliardi nel 2015.Ma quanto si paga in media di concessione? Il Salvagente se ne era occupato nel numero di agosto 2017 scoprendo che in media (dati riferiti al 2013) le aziende imbottigliatrici pagano 1 euro ogni 1.000 litri emunti, ovvero appena un millesimo di euro per ogni litro imbottigliato. Un vero e proprio regalo fatto dalle amministrazioni pubbliche alle aziende private.

L’acqua da bene comune si è ormai trasformata in business privato.

Fonte: Il Salvagente

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