Dalle mascherine usate un nuovo componente del corpo stradale

Con l’inizio della pandemia e delle prime misure di contenimento, i rifiuti si sono riempiti di dispositivi di protezione individuale (DPI) usa e getta. Secondo il rapporto della Commissione Ecomafie, nella sola Italia da maggio a dicembre 2020 sono finiti nella spazzatura trecentomila tonnellate di guanti e mascherine usate. Un quantitativo stupefacente, che ha dato il via ad una serie di idee sul riciclo. L’ultima arriva dalla RMIT University, in Australia. Qui un gruppo di scienziati sta testando l’utilizzo del materiale ottenuto dalle mascherine chirurgiche nella pavimentazione stradale.

“La ricerca ha esaminato la fattibilità del riciclo di maschere facciali monouso nelle strade. Siamo stati entusiasti di scoprire che non solo funziona, ma offre anche vantaggi ingegneristici reali”, ha affermato dottor Mohammad Saberian, primo autore dello studio. “Ci auguriamo che ciò apra la porta ad ulteriori ricerche, elaborando modi per gestire i rischi sanitari […] su larga scala e indagando se altri tipi di DPI siano adatti al riciclaggio”.

Strade riciclate

Il corpo stradale è normalmente costituito da quattro strati: fondo, base, legante e asfalto. Ognuno di questi deve essere sia resistente che flessibile per sopportare le pressioni dei veicoli pesanti e prevenire fessurazioni. In questa struttura hanno fatto da tempo capolino i rifiuti edilizi, sotto forma di aggregati di calcestruzzo riciclato (ACR). L’idea del gruppo australiano è stato quella di aggiungere maschere usate sminuzzate all’agglomerato riciclato, testando diverse percentuali. Hanno così scoperto che la miscela ideale prevede l’1% di rifiuti di mascherine con il 99% di ACR. Il risultato è solo un prodotto perfettamente conforme agli standard d’ingegneria civile richiesti per le pavimentazioni. Inoltre la loro aggiunta migliora duttilità e flessibilità della miscela.

“Sappiamo che anche se smaltite correttamente, le maschere usate finiranno in discarica o incenerite”, spiega professor Jie Li. “La pandemia del COVID-19 non solo ha creato una crisi sanitaria ed economica globale, ma ha anche avuto effetti drammatici sull’ambiente. Se riuscissimo a portare le idee dell’economia circolare in questo problema, potremmo sviluppare le soluzioni intelligenti e sostenibili di cui abbiamo bisogno”. lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment.

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