In Italia ancora troppo spreco alimentare, ma siamo sulla strada giusta

Secondo il rapporto “caso Italia” realizzato con i dati raccolti dai Waste Watcher International Observatory con Distal Unibo su rilevazioni IPSOS, pubblicato in occasione dell’ottava Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare che si celebra oggi, «L’Italia s’è desta, e promette di risorgere dalle cucine: così l’effetto pandemia si trasforma nel nuovo patto degli italiani col cibo. L’Italia del Covid, infatti, sembra aver prosciugato parte dello spreco alimentare: nel 2020 sono finiti nella spazzatura “solo” 27 kg di cibo a testa (529 grammi a settimana), l’11,78% (3,6 kg) in meno all’anno rispetto al 2020. Oltre 222.000 tonnellate di cibo “salvato” in Italia, per un risparmio di 6 € pro capite. Vale 6 miliardi e 403 milioni lo spreco alimentare domestico nazionale e sfiora i 10 miliardi con le perdite in campo e lo spreco nell’industria e distribuzione».

Sperco Zero fa l’esempio del pane: «Ne gettiamo 20 grammi a settimana (1 kg all’anno), mentre la frutta resta in vetta alla hit del cibo più sprecato con 37 grammi settimanali (quasi 2 kg ogni anno, pro capite). Siamo più spreconi a sud (+15%, 600 grammi a settimana) e nei piccoli centri, più virtuose sono le città dei piccoli comuni, più virtuosi i single delle famiglie con figli».

Un un focus sul packaging realizzato in collaborazione con Conai rivela che ci affidiamo agli imballaggi per provare a sprecare meno: «In un anno di uscite contingentate, li abbiamo usati per cercare informazioni sulla scadenza (57,4%) e sulle modalità di conservazione (43%), ma anche sul conferimento in raccolta differenziata (28,6%). E il 70% degli italiani potrebbe pagare di più per un pack che conservi più a lungo un prodotto».

Il 69% degli italiani fa la spesa per lo più una o due volte alla settimana e il 33% dei consumatori è fortemente  consapevolezza dell’importanza di investire qualche euro in più per la qualità, mentre il 60% cerca il miglior rapporto costo/qualità. Solo meno del 5% è alla costante ricerca del ribasso.

Sperco Zero fa però notare che «Per prevenire lo spreco la tecnologia sembra impattare ancora poco, rispetto alle strategie di “buon senso”: il 41% privilegia l’acquisto periodico di prodotti a lunga scadenza e quello frequente di prodotti freschi, il 39% si concentra nell’organizzazione del frigorifero/dispensa, il 37% sceglie di acquistare prodotti in piccolo formato e più di 1 italiano su 3, il 36%, compila sistematicamente una lista della spesa basata sul menu settimanale. L’87% non si formalizza sulla scadenza, e – dietro assaggio – consuma il cibo anche 24 ore dopo il suo teorico deperimento».

Dal rapporto emerge che  «L’Italia è fra i Paesi più sensibili allo sviluppo sostenibile e al tema spreco, dietro Cina e Corea. Peggio la Francia e la Germania, Stati Uniti e Canada, in media, più disattenti».

Secondo l’agroeconomista Andrea Segrè, fondatore della campagna  Spreco Zero e della Giornata nazionale del 5 febbraio, «Dalle loro case e dalle cucine, reduci dai mesi di lockdown e distanziamento, gli italiani lanciano un’OPA sul loro futuro. La tendenza a una netta diminuzione dello spreco alimentare domestico, che a livello nazionale e globale gioca la parte del leone con un’incidenza del 60/70% sullo spreco di filiera, si conferma saldamente in questo primo scorcio del 2021. Colpisce l’attenzione degli italiani al tema: l’85%, quindi una percentuale quasi plebiscitaria, chiede di rendere obbligatorie per legge le donazioni di cibo ritirato dalla vendita da parte di supermercati e aziende ad associazioni che si occupano di persone bisognose, in seguito all’aumento della povertà generato dalla pandemia Covid-19».

Coldiretti fa notare però che «Riducendo di appena il 25% gli sprechi di cibo degli italiani sarebbe possibile imbandire adeguatamente la tavola dei circa 4 milioni di poveri che in Italia con l’emergenza Covid sono costretti a chiedere aiuto per il cibo con pacchi alimentari o pasti gratuiti in mensa o nelle proprie case».

Secondo gli ultimi dati del Fondo di aiuti europei agli indigenti  (Fead) «Tra le categorie più deboli dei nuovi indigenti il 21% è rappresentato da bambini di età inferiore ai 15 anni, quasi il 9% da anziani sopra i 65 anni e il 3% sono i senza fissa dimora» e Coldiretti aggiunge che «Nel 2020, sono 5,2 milioni le tonnellate di alimenti finiti nella spazzatura tra quello che si getta tra le mura domestiche e ciò che riguarda tutta la filiera, per un valore complessivo di circa 9,7 miliardi di euro. Agli sprechi domestici che secondo la Coldiretti rappresentano in valore ben il 54% del totale vanno aggiunti quelli nella ristorazione (21%), nella distribuzione commerciale (15%), nell’agricoltura (8%) e nella trasformazione (2%)».

E Coldiretti conferma che «L’anno del Covid fa registrare tuttavia una positiva svolta nei comportamenti degli italiani che hanno taglia gli sprechi e aumentato la solidarietà nei confronti dei più bisognosi, da parte delle industrie, degli agricoltori, della ristorazione, della distribuzione e di singoli cittadini. Proprio per sostenere la svolta green nel Belpaese».

Coldiretti ha predisposto un decalogo anti spreco:  1) Fai la lista della spesa; 2) Procedi con acquisti ridotti e ripetuti nel tempo; 3) Preferisci le produzioni locali e compra nei mercati a km 0; 4) Acquista seguendo la stagionalità dei prodotti; 5) Prendi la frutta con il giusto grado di maturazione; 6) Separa le diverse varietà di frutta e verdura, 7) Non tenere insieme i cibi che consumi in tempi diversi, 8) Controlla sempre l’etichetta, 9) Chiedi la doggy bag al ristorante per consumare a casa gli avanzi, 10) Cucina con gli avanzi ricette antispreco.

Differenti i dati presentati in occasione dell’ottava giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare dalla Fondazione Barilla: secondo il rapporto “L’Italia e il cibo”, «Ancora oggi, ogni italiano genera circa 65 kg di rifiuti alimentari l’anno». e dall’Index emerge che «Rispetto alla media europea di 58 kg all’anno, gli italiani generano ancora una quantità piuttosto alta di sprechi alimentari». Secondo il Food Sustainability Index, realizzato da Fondazione Barilla in collaborazione con The Economist Intelligence Unit, che utilizza una metodologia in grado di rendere comparabili i dati a livello mondiale, «Fare una lista dei cibi da comprare prima di andare a fare la spesa. Pianificare i pasti e capire quali ingredienti abbiamo e quali dovremmo acquistare. Disporre gli alimenti in ordine di scadenza in modo da utilizzare per primi quelli più “vecchi”. Consumare gli avanzi. Sono alcuni dei consigli “anti-spreco” che buona parte degli italiani ha messo in pratica durante il lockdown, un periodo che, se pure nella sua drammaticità, ha visto anche il diffondersi di buone pratiche nella gestione del cibo a livello domestico».

Però, Fondazione Barilla ritiene che «Le buone pratiche introdotte durante il lockdown abbiano avviato un miglioramento e stima che mantenerle nel tempo possa portare a ridurre significativamente lo spreco nel nostro Paese in modo sistemico». L’Osservatorio Waste Watcher dice che «Questo garantirebbe un beneficio in termini ambientali, ma anche economici, visto che, secondo ricerche recenti, lo spreco nel nostro Paese ha un costo rilevante: vale circa 10 miliardi di euro, ovvero quasi 5 euro a famiglia alla settimana (260 euro l’anno)».

Tra i dati analizzati da “L’Italia e il cibo” emerge anche un’altra nota positiva: «Le perdite alimentari lungo la filiera di produzione, dalla fase post-raccolta fino alla trasformazione industriale, corrispondono al 2% del totale di cibo prodotto.

Marta Antonelli, direttrice della ricerca di Fondazione Barilla ricorda che « Secondo un recente studio (“Estimates of European food waste levels”) il 53% dei rifiuti è attribuibile ai consumi domestici: sprechiamo principalmente verdura, frutta e cereali. I dati disponibili che abbiamo analizzato e messo a sistema, però, parlano di un’Italia che sta facendo passi incoraggianti nella lotta allo spreco. Ci mostrano che quanto fatto finora da tutti sta portando i suoi frutti e ci invogliano a continuare a migliorarci verso una direzione più sostenibile. La consapevolezza della connessione fra spreco alimentare, salute dell’ambiente e dell’uomo, sta crescendo sempre di più tra i nostri connazionali e sta influenzando il modo di approcciarci al cibo. Alcuni dei grandi appuntamenti internazionali del 2021, primo tra tutti il Food Systems Summit delle Nazioni Unite, rappresentano i momenti fondamentali per accendere l’attenzione di tutti verso sistemi alimentari più sostenibili, che includono la lotta allo spreco, fondamentale per raggiungere i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile promossi dall’Agenda 2030».

Confrontando i dati italiani con quelli europei del Food Sustainability Index si scopre che l’Italia, con i suoi 65kg a persona, si sta avvicinando alla media europea. Lo scenario attuale vede, infatti, il Belgio sprecare 87 kg di cibo pro capite e, in contrapposizione, Cipro 36 kg. Per quanto riguarda le perdite lungo la filiera, la Finlandia con meno dell’1% di cibo perso risulta il Paese più virtuoso a fronte di una media europea di circa il 3% e della media dei Paesi ad alto reddito di quasi il 5%6. Secondo lo studio “Estimates of European food waste levels” di FUSIONS per la Commissione europea: «Più in generale, di tutto il cibo prodotto ogni anno in Europa, più del 20% viene sprecato (l’equivalente di 88 milioni di tonnellate l’anno), con un costo sia economico – pari a 143 miliardi di euro (di cui i due terzi, circa 98 miliardi, sono attribuibili allo spreco domestico) – che ambientale, visto che lo spreco rappresenta il 6% delle emissioni totali di gas serra prodotte dall’Unione Europea».

Il peso ambientale degli sprechi alimentari è un tema molto sentito anche dagli italiani: secondo una recente indagine di Altroconsumo, «L’88% degli italiani sostiene che non sia etico buttare il cibo e l’83% riconosce l’impatto negativo sull’ambiente tanto che dichiara di essersi impegnato per ridurre lo spreco di cibo in casa.

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